Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
mercoledì 31 dicembre 2014
Benedetto XVI: La Chiesa vuol essere accogliente sempre, nella verità e nella carità (YouTube)
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In occasione della celebrazioni dei Vespri del 31 dicembre 2005 Benedetto XVI tenne un'omelia molto toccante il cui testo è consultabile qui.
In particolare:
"Al termine di un anno, che per la Chiesa e per il mondo è stato quanto mai ricco di eventi, memori del comando dell’Apostolo: "camminate… saldi nella fede... abbondando nell'azione di grazie" (Col 2,6-7), ci ritroviamo questa sera insieme per elevare un inno di ringraziamento a Dio, Signore del tempo e della storia. Il mio pensiero va, con profondo e spirituale sentimento, a dodici mesi fa, quando, come questa sera, l’amato Papa Giovanni Paolo II, per l’ultima volta, si è fatto voce del Popolo di Dio per rendere grazie al Signore dei numerosi benefici accordati alla Chiesa e all’umanità. Nella medesima suggestiva cornice della Basilica Vaticana tocca ora a me raccogliere idealmente da ogni angolo della terra il cantico di lode e di ringraziamento che si eleva a Dio, al compiersi del 2005 e alla vigilia del 2006. Sì, è un nostro dovere, oltre che un bisogno del cuore, lodare e ringraziare Colui che, eterno, ci accompagna nel tempo senza mai abbandonarci e sempre veglia sull’umanità con la fedeltà del suo amore misericordioso.
Potremmo ben dire che la Chiesa vive per lodare e ringraziare Dio. E’ essa stessa "azione di grazie", lungo i secoli, testimone fedele di un amore che non muore, di un amore che abbraccia gli uomini di ogni razza e cultura, disseminando in modo fecondo principi di vera vita. Come ricorda il Concilio Vaticano II, "la Chiesa prega e insieme lavora, affinché la totalità del mondo sia trasformata in Popolo di Dio, Corpo del Signore e tempio dello Spirito Santo, e in Cristo capo di tutti sia reso ogni onore e gloria al Creatore e Padre dell’universo".
"La Chiesa vive di Cristo e con Cristo. Egli le offre il suo amore sponsale guidandola lungo i secoli; ed essa, con l’abbondanza dei suoi doni, accompagna il cammino dell’uomo, affinché coloro che accolgono Cristo abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Questa sera mi faccio voce anzitutto della Chiesa di Roma, per innalzare verso il Cielo il comune cantico di lode e di azione di grazie. Essa, la nostra Chiesa di Roma, nei trascorsi dodici mesi è stata visitata da molte altre Chiese e Comunità ecclesiali, per approfondire il dialogo della verità nella carità, che unisce tutti i battezzati, e sperimentare insieme più vivo il desiderio della piena comunione. Ma anche molti credenti di altre religioni hanno voluto testimoniare la propria stima cordiale e fraterna a questa Chiesa e al suo Vescovo, coscienti che nell'incontro sereno e rispettoso si cela l'anima di un'azione concorde a favore dell'umanità intera. E che dire delle tante persone di buona volontà, che hanno rivolto il proprio sguardo a questa Sede per intessere un dialogo proficuo sui grandi valori concernenti la verità dell'uomo e della vita, da difendere e promuovere? La Chiesa vuol essere accogliente sempre, nella verità e nella carità".
"All'inizio di questa celebrazione, illuminati dalla Parola di Dio, abbiamo cantato insieme con fede il "Te Deum". Tanti sono i motivi che rendono la nostra azione di grazie intensa, facendone una corale preghiera. Mentre consideriamo i molteplici eventi che hanno segnato il corso dei mesi in quest’anno che si avvia alla sua conclusione, voglio ricordare in modo speciale coloro che sono in difficoltà: le persone più povere e abbandonate, quanti hanno perso la speranza in un fondato senso della propria esistenza, o sono involontarie vittime di interessi egoistici, senza che a loro sia chiesta adesione o opinione. Facendo nostre le loro sofferenze, li affidiamo tutti a Dio, che sa volgere ogni cosa al bene; a Lui consegniamo la nostra aspirazione a che ogni persona veda accolta la propria dignità di figlio di Dio. Al Signore della vita chiediamo di lenire con la sua grazia le pene provocate dal male, e di continuare a dare vigore alla nostra esistenza terrena, donandoci il Pane e il Vino della salvezza, per sostentare il nostro cammino verso la patria del Cielo".
Grazie ancora a Gemma per il grandissimo lavoro!!! :-)
Buona fine anno a tutti!!!
R.
Celebrazione dei Vespri e Te Deum presieduti da Benedetto XVI (31.12.2005)
La registrazione dei Vespri ed il Te Deum di ringraziamento di fine anno presieduti da Benedetto XVI il 31 dicembre 2005. Grazie come sempre a Gemma :-)
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venerdì 26 dicembre 2014
Benedetto XVI: Un particolare legame unisce il Natale alla nascita al Cielo di Santo Stefano (YouTube)
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Il 26 dicembre 2005, primo Anno del suo Pontificato, Benedetto XVI celebrò, all'Angelus, la Memoria della nascita al Cielo di Santo Stefano, il primo martire cristiano. Qui il testo integrale.
In particolare:
"Dopo aver celebrato ieri con solennità il Natale di Cristo, facciamo oggi memoria della nascita al cielo di Santo Stefano, il primo martire. Un particolare legame unisce queste due feste ed è ben sintetizzato nella liturgia ambrosiana da questa affermazione: "Ieri il Signore è nato sulla terra perché Stefano nascesse al cielo" (Allo spezzare del pane). Come Gesù sulla croce si è affidato completamente al Padre e ha perdonato i suoi uccisori, così Stefano al momento della sua morte prega dicendo: "Signore Gesù, accogli il mio spirito"; e ancora: "Signore, non imputare loro questo peccato" (cfr At 7, 59-60). Stefano è un autentico discepolo di Gesù e un perfetto suo imitatore. Inizia con lui quella lunga serie di martiri che hanno suggellato la propria fede con l'offerta della vita, proclamando con la loro eroica testimonianza che Dio si è fatto uomo per aprire all'uomo il Regno dei Cieli.
Nell'atmosfera di gioia del Natale non sembri fuori luogo il riferimento al martirio di Santo Stefano. In effetti, sulla mangiatoia di Betlemme già s'allunga l'ombra della Croce".
"Non deve stupire che un giorno questo Bambino, diventato adulto, chieda ai suoi discepoli di seguirlo sul cammino della Croce con totale fiducia e fedeltà. Attratti dal suo esempio e sorretti dal suo amore molti cristiani, già alle origini della Chiesa, testimonieranno la loro fede con l'effusione del sangue. Ai primi martiri ne seguiranno altri nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Come non riconoscere che anche in questo nostro tempo, in varie parti del mondo, professare la fede cristiana richiede l'eroismo dei martiri? Come non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare?
Contemplando il divino Bambino fra le braccia di Maria e guardando all'esempio di Santo Stefano, chiediamo a Dio la grazia di vivere con coerenza la nostra fede, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15)".
Buona Festa a tutti e grazie a Gemma per tutto il lavoro :-)
R.
mercoledì 24 dicembre 2014
Notte di Natale 2005: Benedetto XVI accompagna in processione il "Bambinello" (YouTube)
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Al termine della Santa Messa della Notte di Natale (24 dicembre 2005) Benedetto XVI accompagna solennemente la bellissima statua del "Bambino Gesù" al Presepe della Basilica di San Pietro.
Grazie a Gemma per il bellissimo regalo e ancora Buona Vigilia di Natale a tutti :-)R.
Benedetto XVI: Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo e riascoltiamo una vera "chicca".
Nella Santa Messa della Notte di Natale del 2006 Benedetto XVI pronunciò un'omelia particolarmente bella ed attuale il cui testo è consultabile qui.
In particolare:
"Il segno di Dio è la semplicità. Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. È questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come bambino – inerme e bisognoso del nostro aiuto. Non vuole sopraffarci con la forza. Ci toglie la paura della sua grandezza. Egli chiede il nostro amore: perciò si fa bambino. Nient'altro vuole da noi se non il nostro amore, mediante il quale impariamo spontaneamente ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà – impariamo a vivere con Lui e a praticare con Lui anche l'umiltà della rinuncia che fa parte dell'essenza dell'amore. Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo".
"Il bambino di Betlemme dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini sofferenti ed abusati nel mondo, i nati come i non nati. Verso i bambini che, come soldati, vengono introdotti in un mondo di violenza; verso i bambini che devono mendicare; verso i bambini che soffrono la miseria e la fame; verso i bambini che non sperimentano nessun amore. In tutti loro è il bambino di Betlemme che ci chiama in causa; ci chiama in causa il Dio che si è fatto piccolo. Preghiamo in questa notte, affinché il fulgore dell’amore di Dio accarezzi tutti questi bambini, e chiediamo a Dio di aiutarci a fare la nostra parte perché sia rispettata la dignità dei bambini; che per tutti sorga la luce dell’amore, di cui l’uomo ha più bisogno che non delle cose materiali necessarie per vivere".
"Come possiamo amare Dio con tutta la nostra mente, se stentiamo a trovarlo con la nostra capacità mentale? Come amarLo con tutto il nostro cuore e la nostra anima, se questo cuore arriva ad intravederLo solo da lontano e percepisce tante cose contraddittorie nel mondo che velano il suo volto davanti a noi? A questo punto i due modi in cui Dio ha "fatto breve" la sua Parola s’incontrano. Egli non è più lontano. Non è più sconosciuto. Non è più irraggiungibile per il nostro cuore. Si è fatto bambino per noi e ha dileguato con ciò ogni ambiguità. Si è fatto nostro prossimo, ristabilendo in tal modo anche l’immagine dell’uomo che, spesso, ci appare così poco amabile. Dio, per noi, si è fatto dono. Ha donato se stesso. Si prende tempo per noi. Egli, l’Eterno che è al di sopra del tempo, ha assunto il tempo, ha tratto in alto il nostro tempo presso di sé. Natale è diventato la festa dei doni per imitare Dio che ha donato se stesso a noi. Lasciamo che il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente siano toccati da questo fatto!".
"L’uomo, per vivere, ha bisogno del pane, del frutto della terra e del suo lavoro. Ma non vive di solo pane. Ha bisogno di nutrimento per la sua anima: ha bisogno di un senso che riempia la sua vita. Così, per i Padri, la mangiatoia degli animali è diventata il simbolo dell’altare, sul quale giace il Pane che è Cristo stesso: il vero cibo per i nostri cuori. E vediamo ancora una volta, come Egli si sia fatto piccolo: nell’umile apparenza dell’ostia, di un pezzettino di pane, Egli ci dona se stesso".
martedì 23 dicembre 2014
Benedetto XVI cita San Gregorio: i deboli nella fede e nella vita cristiana fanno parte della Chiesa (YouTube)
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Carissimi amici, grazie al lavoro della nostra Gemma continuiamo nel "percorso di avvicinamento" al Santo Natale.
Nella catechesi dell'udienza generale del 28 dicembre 2005 Benedetto XVI (che indossa il copricapo di Giovanni XXIII durante il giro della Piazza per ripararsi dal freddo) cita San Gregorio Magno sul Mistero del Natale. Il testo della catechesi si trova qui.
In particolare:
"Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro. Ma appare anche la grandezza di questa piccola creatura umana non nata, formata dalle mani di Dio e circondata dal suo amore: un elogio biblico dell'essere umano dal primo momento della sua esistenza.
Noi ora vorremmo affidarci alla riflessione che san Gregorio Magno, nelle sue Omelie su Ezechiele, ha intessuto sulla frase del Salmo da noi prima commentata: «Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro» (v. 16). Su quelle parole il Pontefice e Padre della Chiesa ha costruito un’originale e delicata meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana sono più deboli nel loro cammino spirituale.
E dice che anche i deboli nella fede e nella vita cristiana fanno parte dell'architettura della Chiesa, vi "vengono tuttavia annoverati... in virtù del buon desiderio. È vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere il bene che possono. Anche se non arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire l'anima all'azione perfetta e all'ardente contemplazione, tuttavia non si tirano indietro dall'amore di Dio e del prossimo, nella misura in cui sono in grado di capirlo. Per cui avviene che anch'essi contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all'edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell'amore, nel quale trovano la loro solidità" (2, 3, 12-13, Opere di Gregorio Magno, III/2, Roma 1993, pp. 79.81).
Il messaggio di san Gregorio diventa una grande consolazione per tutti noi che procediamo spesso con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale. Il Signore ci conosce e ci circonda tutti con il suo amore".
sabato 20 dicembre 2014
Benedetto XVI: Dio si fa Bambino inerme per vincere superbia, violenza, brama di possesso dell’uomo (YouTube)
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Buon sabato a tutti!!!
Grazie al lavoro della nostra Gemma iniziamo il cammino verso il Santo Natale :-)
Nella catechesi dell'udienza generale del 23 dicembre 2009 Benedetto XVI si sofferma sul Mistero del Natale, sulla sua origine, sulla sua importanza nel Calendario Liturgico e sulla celebrazione della Festività a Greggio. Il testo dell'udienza è consultabile qui.
In particolare:
"Per comprendere meglio il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica di questa solennità. Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato per vivere con Dio (cfr Rm 6,4)".
"Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del “Sol invictus”, il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi, che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492)".
"Nella prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare".
"In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità. Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù Cristo è proprio quello di “Figlio”, Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità del “Figlio”.
martedì 16 dicembre 2014
Benedetto XVI a Efeso parla della saldatura indissolubile fra maternità divina e maternità ecclesiale (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo e riascoltiamo un bellissimo testo.
In occasione del suo Viaggio Apostolico in Turchia, Benedetto XVI si recò ad Efeso dove tenne un'omelia straordinaria su Maria, Madre della Chiesa, e sulla Chiesa stessa.
Il testo è consultabile qui.
In particolare:
"In questa celebrazione eucaristica vogliamo rendere lode al Signore per la divina maternità di Maria, mistero che qui a Efeso, nel Concilio ecumenico del 431, venne solennemente confessato e proclamato".
"La maternità di Maria, iniziata col fiat di Nazaret, si compie sotto la Croce. Se è vero – come osserva sant’Anselmo – che “dal momento del fiat Maria cominciò a portarci tutti nel suo seno”, la vocazione e missione materna della Vergine nei confronti dei credenti in Cristo iniziò effettivamente quando Gesù le disse: “Donna, ecco il tuo figlio!” (Gv 19,26). Vedendo dall’alto della croce la Madre e lì accanto il discepolo amato, il Cristo morente riconobbe la primizia della nuova Famiglia che era venuto a formare nel mondo, il germe della Chiesa e della nuova umanità. Per questo si rivolse a Maria chiamandola “donna” e non “madre”; termine che invece utilizzò affidandola al discepolo: “Ecco la tua madre!” (Gv 19,27). Il Figlio di Dio compì così la sua missione: nato dalla Vergine per condividere in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana, al momento del ritorno al Padre lasciò nel mondo il sacramento dell’unità del genere umano (cfr Cost. Lumen gentium, 1): la Famiglia “adunata dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano, De Orat. Dom. 23: PL 4, 536), il cui nucleo primordiale è proprio questo vincolo nuovo tra la Madre e il discepolo. In tal modo rimangono saldate in maniera indissolubile la maternità divina e la maternità ecclesiale".
"Cristo è la grazia; Cristo è la pace. Ora, Paolo si sa inviato ad annunciare un “mistero”, cioè un disegno divino che solo nella pienezza dei tempi, in Cristo, si è realizzato e rivelato: che cioè “i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3,6). Questo “mistero” si realizza, sul piano storico-salvifico, nella Chiesa, quel Popolo nuovo in cui, abbattuto il vecchio muro di separazione, si ritrovano in unità giudei e pagani. Come Cristo, la Chiesa non è solo strumento dell’unità, ma ne è anche segno efficace. E la Vergine Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, è la Madre di quel mistero di unità che Cristo e la Chiesa inseparabilmente rappresentano e costruiscono nel mondo e lungo la storia".
lunedì 8 dicembre 2014
Benedetto XVI: La Madonna sorretta da fede intrepida, speranza incrollabile e amore sconfinato (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma vediamo un'altra "perla".
L'8 dicembre 2007, come da tradizione, Benedetto XVI si recò in Piazza di Spagna per l'omaggio alla Statua della Vergine Immacolata. Tenne un discorso memorabile sulla figura ed il ruolo di Maria nella storia dell'umanità. Il testo integrale è consultabile qui:
In particolare:
"Questa manifestazione religiosa è al tempo stesso un’occasione per offrire a quanti a Roma vivono o vi trascorrono alcuni giorni come pellegrini e turisti, l’opportunità di sentirsi, pur nella diversità delle culture, un’unica famiglia che si raccoglie attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma di famiglia. Una madre però del tutto singolare, prescelta da Dio per una missione unica e misteriosa, quella di generare alla vita terrena il Verbo eterno del Padre, venuto nel mondo per la salvezza di tutti gli uomini".
"Sì, cari amici! Ancora una volta, in questo giorno solenne, la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male. Colei che invochiamo "piena di grazia" ci ricorda che siamo tutti fratelli e che Dio è il nostro Creatore e il nostro Padre. Senza di Lui, o ancor peggio contro di Lui, noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all’amore, non potremo mai sconfiggere il potere dell’odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace.
Accolgano gli uomini di ogni nazione e cultura questo messaggio di luce e di speranza: lo accolgano come dono dalle mani di Maria, Madre dell’intera umanità. Se la vita è un cammino, e questo cammino si fa spesso buio, duro e faticoso, quale stella potrà illuminarlo? Nella mia Enciclica Spe salvi, resa pubblica all’inizio dell’Avvento, ho scritto che la Chiesa guarda a Maria e la invoca come "stella della speranza" (n. 49). Nel nostro comune viaggio sul mare della storia abbiamo bisogno di "luci di speranza", di persone cioè che traggono luce da Cristo "ed offrono così orientamento per la nostra traversata" (ibid.). E chi meglio di Maria può essere per noi "Stella di speranza"? Lei, con il suo "sì", con l’offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, ha consentito alla speranza dei millenni di diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo suo Dio si è fatto carne, è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi".
Benedetto XVI: La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà (YouTube)
Buona Festa dell'Immacolata a tutti!!!
Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo le immagini dell'atto di venerazione di Benedetto XVI alla Vergine Immacolata di Piazza di Spagna. Era l'8 dicembre 2009.
Il discorso diventò celebre per la profondità con cui il Papa trattò il rapporto fra gli "invisibili" ed i mass media. Il testo integrale dell'intervento è consultabile qui.
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo le immagini dell'atto di venerazione di Benedetto XVI alla Vergine Immacolata di Piazza di Spagna. Era l'8 dicembre 2009.
Il discorso diventò celebre per la profondità con cui il Papa trattò il rapporto fra gli "invisibili" ed i mass media. Il testo integrale dell'intervento è consultabile qui.
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domenica 7 dicembre 2014
Angelus del 2 dicembre 2007: Benedetto XVI offre alla Chiesa e al mondo la Spe Salvi (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo un'altra chicca :-)
In occasione dell'Angelus del 2 dicembre 2007 Benedetto XVI presenta e "offre" alla Chiesa ed al mondo la sua seconda enciclica, "Spe Salvi", dedicata alla speranza cristiana.
Il testo dell'Angelus è consultabile qui:
In particolare:
"Con questa prima domenica di Avvento inizia un nuovo anno liturgico: il Popolo di Dio si rimette in cammino, per vivere il mistero di Cristo nella storia. Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr Eb 13,8); la storia invece muta e chiede di essere costantemente evangelizzata; ha bisogno di essere rinnovata dall’interno e l’unica vera novità è Cristo: è Lui il pieno suo compimento, il futuro luminoso dell’uomo e del mondo".
"Questa domenica è, dunque, un giorno quanto mai indicato per offrire alla Chiesa intera e a tutti gli uomini di buona volontà la mia seconda Enciclica, che ho voluto dedicare proprio al tema della speranza cristiana. Si intitola Spe salvi, perché si apre con l’espressione di san Paolo: "Spe salvi facti sumus - Nella speranza siamo stati salvati" (Rm 8,24). In questo, come in altri passi del Nuovo Testamento, la parola "speranza" è strettamente connessa con la parola "fede". E’ un dono che cambia la vita di chi lo riceve, come dimostra l’esperienza di tanti santi e sante. In che cosa consiste questa speranza, così grande e così "affidabile" da farci dire che in essa noi abbiamo la "salvezza"? Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine.
Lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza. La scienza contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo! Con Maria, sua Madre, la Chiesa va incontro allo Sposo: lo fa con le opere della carità, perché la speranza, come la fede, si dimostra nell’amore".
giovedì 4 dicembre 2014
Benedetto XVI presenta la Spe Salvi: Dio la nostra salda speranza (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma proseguiamo il nostro percorso nella "riscoperta" e rilettura dell'enciclica Spe Salvi di Joseph Ratzinger.
Il 2 dicembre 2007, in occasione della Visita pastorale all’Ospedale romano "San Giovanni Battista" del Sovrano Militare Ordine di Malta, Benedetto XVI tenne una bellissima omelia nella quale presentò anche la sua seconda enciclica, Spe Salvi.
Il testo dell'omelia è consultabile qui.
In particolare:
"Proprio perché tempo di attesa, l’Avvento è tempo di speranza ed alla speranza cristiana ho voluto dedicare la mia seconda Enciclica presentata l’altro ieri ufficialmente: essa inizia con le parole rivolte da san Paolo ai cristiani di Roma: "Spe salvi facti sumus - nella speranza siamo stati salvati" (8,24). Nell’Enciclica scrivo tra l’altro che "noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere" (n. 31). La certezza che solo Dio può essere la nostra salda speranza animi tutti noi, raccolti stamane in questa casa nella quale si lotta contro la malattia, sorretti dalla solidarietà. E vorrei profittare della mia visita al vostro ospedale, gestito dall’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta, per consegnare idealmente l’Enciclica alla comunità cristiana di Roma e, in particolare, a coloro che, come voi, sono a diretto contatto con la sofferenza e la malattia. È un testo che vi invito ad approfondire, per trovarvi le ragioni di quella "speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: … anche un presente faticoso" (n. 1)".
"Ma il saluto più affettuoso è per voi, cari malati e per i vostri familiari, che con voi condividono ansie e speranze. Il Papa vi è spiritualmente vicino e vi assicura la sua quotidiana preghiera; vi invita a trovare in Gesù sostegno e conforto e a non perdere mai la fiducia. La liturgia dell’Avvento ci ripeterà lungo le prossime settimane di non stancarci d’invocarlo; ci esorterà ad andargli incontro, sapendo che Egli stesso costantemente viene a visitarci. Nella prova e nella malattia Dio ci visita misteriosamente e, se ci abbandoniamo alla sua volontà, possiamo sperimentare la potenza del suo amore. Gli ospedali e le case di cura, proprio perché abitati da persone provate dal dolore, possono diventare luoghi privilegiati dove testimoniare l’amore cristiano che alimenta la speranza e suscita propositi di fraterna solidarietà. Nella Colletta abbiamo così pregato: "O Dio, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene". Sì! Apriamo il cuore ad ogni persona, specialmente se in difficoltà, perché facendo del bene a quanti sono nel bisogno ci disponiamo ad accogliere Gesù che in essi viene a visitarci".
martedì 2 dicembre 2014
La celebrazione dei Primi Vespri di Avvento presieduta da Benedetto XVI, 1° dicembre 2007 (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma rivediamo la registrazione integrale La Celebrazione dei Primi Vespri della Domenica I di Avvento presieduta da Benedetto XVI il 1° dicembre 2007.
Ieri abbiamo rivisto e riascoltato la splendida omelia. Di seguito trovate i riferimenti :-)
R.
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lunedì 1 dicembre 2014
Benedetto XVI apre l'Avvento nel 2007 e presenta la Spe Salvi: L’uomo è l’unica creatura libera di dire di sì o di no all’eternità, cioè a Dio (YouTube)
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Grazie al lavoro della nostra Gemma riascoltiamo un testo pronunciato da Papa Ratzinger esattamente sette anni fa.
Il 1° dicembre 2007 Benedetto XVI tenne una splendida omelia nel corso della celebrazione dei Primi Vespri di Avvento. Il testo integrale è consultabile qui.
Colse anche l'occasione per presentare la sua seconda enciclica, "Spe Salvi", tutta incentrata sulla speranza cristiana.
In particolare:
"Al tema della speranza ho voluto dedicare la mia seconda Enciclica, che è stata pubblicata ieri. Sono lieto di offrirla idealmente a tutta la Chiesa in questa prima Domenica di Avvento, affinché, durante la preparazione al Santo Natale, le comunità e i singoli fedeli possano leggerla e meditarla, per riscoprire la bellezza e la profondità della speranza cristiana. Questa, in effetti, è inseparabilmente legata alla conoscenza del volto di Dio, quel volto che Gesù, il Figlio Unigenito, ci ha rivelato con la sua incarnazione, con la sua vita terrena e la sua predicazione, e soprattutto con la sua morte e risurrezione. La vera e sicura speranza è fondata sulla fede in Dio Amore, Padre misericordioso, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16), affinché gli uomini e con loro tutte le creature possano avere la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). L’Avvento, pertanto, è tempo favorevole alla riscoperta di una speranza non vaga e illusoria, ma certa e affidabile, perché "ancorata" in Cristo, Dio fatto uomo, roccia della nostra salvezza".
"In realtà, se manca Dio, viene meno la speranza. Tutto perde di "spessore". E’ come se venisse a mancare la dimensione della profondità ed ogni cosa si appiattisse, privata del suo rilievo simbolico, della sua "sporgenza" rispetto alla mera materialità. E’ in gioco il rapporto tra l’esistenza qui ed ora e ciò che chiamiamo "aldilà": esso non è un luogo dove finiremo dopo la morte, è invece la realtà di Dio, la pienezza della vita a cui ogni essere umano è, per così dire, proteso. A questa attesa dell’uomo Dio ha risposto in Cristo con il dono della speranza.
L’uomo è l’unica creatura libera di dire di sì o di no all’eternità, cioè a Dio. L’essere umano può spegnere in se stesso la speranza eliminando Dio dalla propria vita. Come può avvenire questo? Come può succedere che la creatura "fatta per Dio", intimamente orientata a Lui, la più vicina all’Eterno, possa privarsi di questa ricchezza? Dio conosce il cuore dell’uomo. Sa che chi lo rifiuta non ha conosciuto il suo vero volto, e per questo non cessa di bussare alla nostra porta, come umile pellegrino in cerca di accoglienza. Ecco perché il Signore concede nuovo tempo all’umanità: affinché tutti possano arrivare a conoscerlo!".
"Ecco allora la sorprendente scoperta: la mia, la nostra speranza è preceduta dall’attesa che Dio coltiva nei nostri confronti! Sì, Dio ci ama e proprio per questo attende che noi torniamo a Lui, che apriamo il cuore al suo amore, che mettiamo la nostra mano nella sua e ci ricordiamo di essere suoi figli. Questa attesa di Dio precede sempre la nostra speranza, esattamente come il suo amore ci raggiunge sempre per primo (cfr 1 Gv 4,10). In questo senso la speranza cristiana è detta "teologale": Dio ne è la fonte, il sostegno e il termine. Che grande consolazione in questo mistero! Il mio Creatore ha posto nel mio spirito un riflesso del suo desiderio di vita per tutti. Ogni uomo è chiamato a sperare corrispondendo all’attesa che Dio ha su di lui. Del resto, l’esperienza ci dimostra che è proprio così. Che cosa manda avanti il mondo, se non la fiducia che Dio ha nell’uomo? E’ una fiducia che ha il suo riflesso nei cuori dei piccoli, degli umili, quando attraverso le difficoltà e le fatiche si impegnano ogni giorno a fare del loro meglio, a compiere quel poco di bene che però agli occhi di Dio è tanto: in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società. Nel cuore dell’uomo è indelebilmente scritta la speranza, perché Dio nostro Padre è vita, e per la vita eterna e beata siamo fatti".
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