PICCOLO E GIÀ GESÙ
IL LIBRO. I primi anni del Cristo nell'ultimo studio di Joseph Ratzinger
L'infanzia del Salvatore nel racconto dei testi canonici «Narrano una storia reale, non storie» dice il Papa Leggende e sbagli (bue e asinello)? Non sono Vangelo
Vittorio Zambaldo
Gesù nacque in casa dei genitori, in una stalla o in una grotta? Bue e asinello c'erano? E i magi, se mai sono esistiti, erano davvero tre, e soprattutto erano re e uno di loro di pelle scura? La strage degli innocenti ordinata da Erode c'è stata davvero? Di tutto questo due su quattro evangelisti (Matteo e Luca) dicono cose diverse e altri due (Marco e Giovanni) non parlano affatto, mentre sulle verità di fede entrate nel Credo, come la morte e la risurrezione di Cristo, invece tutti i racconti evangelici concordano per giorno e luogo.
La genealogia di Gesù, l'annunciazione, il Natale, i magi, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto, i tre giorni nel Tempio di Gesù dodicenne: i (pochi) episodi narrati dai Vangeli sull'infanzia di Gesù «raccontano una storia reale, non delle storie».
Lo dice Benedetto XVI nel suo ultimo libro appena uscito (L'infanzia di Gesù, Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana, 174 pagine, 17 euro) che il Papa firma però come Joseph Ratzinger, perché già nel primo volume dedicato a Gesù di Nazareth aveva precisato che la trilogia ora conclusa non è un trattato dottrinale, ma uno studio.
L'obiettivo del papa — che i Vangeli dell'infanzia possano tornare a essere letti come storicamente fondati — lascia perplesso Vito Mancuso, che sulla Repubblica, non risparmia critiche: «Il Gesù dei Vangeli non coincide con il Gesù della storia, cioè l'esatto contrario dell'intento programmatico di Ratzinger dichiarato nel primo volume: “Presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”». Ma per Marco Damonte, studioso di filosofia della religione, «il lavoro del Papa va letto alla luce di quanto è successo negli ultimi anni con i libri di Dan Brown e i vari annunci di “nuove e segrete verità”, come il Vangelo di Giuda, che in realtà si collocano nei ben conosciuti, almeno nell'antichità, filoni dell'eresia gnostica. Ratzinger rifiuta il dualismo inconciliabile di storicità e teologia e propone una doppia lettura dei Vangeli dell'infanzia che tenga conto del piano storico e di quello simbolico».
PARTICOLARI che potrebbero sembrare insignificanti, come i magi, «hanno in realtà profondi riferimenti teologici e cristologici. Come vanno letti?» si chiede lo studioso. La risposta non può che venire dalla comunità cristiana dove quei Vangeli sono nati: «Sono la loro carta d'identità, per assurdo, più che quella di Gesù; lo specchio di come una comunità ha vissuto e si è interrogata sulla figura storica in riferimento alla parola dell'Antico Testamento che conosceva a fondo, com'erano i fedeli provenienti dal mondo ebraico a cui era diretto il Vangelo di Matteo. Per questo abbiamo quattro diversi Vangeli, con dettagli ricordati o aggiunti da comunità diverse: è il loro modo di fare storia, differente e a volte incomprensibile per il nostro mondo razionalista occidentale». La storia e le storie. A voler indagare, si scoprono anche aspetti comici: bue e asino sono entrati nel presepio per un errore di traduzione. I Vangeli non ne parlano, ma la tradizione li ha sempre voluti. Papa Benedetto XVI nel suo libro ribadisce che alla Natività non ha assistito nessun animale, ma pur tuttavia incoraggia a non togliere queste figure dal presepio. Il Vangelo apocrifo (cioè non riconosciuto dalla Chiesa come ispirato da Dio) dello Pseudo Matteo, narra che Maria partorì «e mise il bambino nella mangiatoria e il bue e l'asino lo adorarono. Così si adempì ciò che era stato preannunziato dal profeta Isaia, che aveva detto: “Il bue riconosce il suo proprietario e l'asino la greppia del padrone”. Infatti questi animali, avendolo in mezzo a loro, lo adoravano senza posa. E così si adempì ciò che era stato preannunziato dal profeta Abacuc, che aveva detto: “Ti farai conoscere in mezzo a due animali”». La traduzione greca della Bibbia ebraica (Abacuc 3,2), a proposito del Messia lo annuncia «en méso duo zoòn» (tra le due età, quella di Mosè e quella del Nuovo Israele), ma per la somiglianza del genitivo plurale di zoè (età) con quello di zòon (animale) la traduzione latina del testo è diventata: «in medio duorum animalium»... I due animali nella tradizione derivata dai vangeli apocrifi sono stati identificati nel bue e nell'asino citati da Isaia, ma è una bestialità grammaticale, prima che teologica. Il resto lo ha fatto Francesco d'Assisi, al quale è attribuita l'invenzione del presepio, che prima del Natale del 1223 a Greccio, chiedeva al nobile Giovanni, che lo ospitava, di preparare la celebrazione con «una greppia, del fieno, un bue e un asinello».
© Copyright Brescia Oggi, 25 novembre 2012
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