Papa: Le famiglie di tutto il mondo come la Santa Famiglia di Nazaret
I genitori sono pieni di amore, fedeltà, dedizione e non sono "i padroni dei loro figli", ma i custodi. L'esempio personale per comunicare la fede. "La preoccupazione di Maria e Giuseppe per Gesù è la stessa di ogni genitore che educa un figlio, lo introduce alla vita e alla comprensione della realtà".
Città del Vaticano (AsiaNews)
Un invito alla preghiera "per tutte le famiglie del mondo" perché imitino "la Santa Famiglia di Nazaret": è il pensiero centrale della riflessione che Benedetto XVI ha offerto ai fedeli radunati in piazza san Pietro prima dell'Angelus.
Proprio oggi la Chiesa festeggia la Santa Famiglia. "Imitando la santa Famiglia di Nazaret, - ha detto il papa - i genitori si preoccupino seriamente della crescita e dell'educazione dei propri figli, perché maturino come uomini responsabili e onesti cittadini, senza dimenticare mai che la fede è un dono prezioso da alimentare nei propri figli anche con l'esempio personale. Nello stesso tempo preghiamo perché ogni bambino venga accolto come dono di Dio, sia sostenuto dall'amore del padre e della madre, per poter crescere come il Signore Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). L'amore, la fedeltà e la dedizione di Maria e Giuseppe siano di esempio per tutti gli sposi cristiani, che non sono gli amici o i padroni della vita dei loro figli, ma i custodi di questo dono incomparabile di Dio".
"Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), - ha aggiunto - e l'esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci facciano entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia.
In precedenza il pontefice si era riferito in modo più stretto al brano del vangelo di oggi (Luca 2, 41-52). "Nella liturgia il brano del Vangelo di Luca ci presenta la Vergine Maria e san Giuseppe che, fedeli alla tradizione, salgono a Gerusalemme per la Pasqua insieme con Gesù dodicenne. La prima volta in cui Gesù era entrato nel Tempio del Signore era stata quaranta giorni dopo la sua nascita, quando i suoi genitori avevano offerto per lui «una coppia di tortore o di giovani colombi» (Lc 2,24), cioè il sacrificio dei poveri. «Luca, il cui intero Vangelo è pervaso da una teologia dei poveri e della povertà, fa capire ... che la famiglia di Gesù era annoverata tra i poveri di Israele; ci fa capire che proprio tra loro poteva maturare l'adempimento della promessa» (L'infanzia di Gesù, 96). Gesù oggi è di nuovo nel Tempio, ma questa volta ha un ruolo differente, che lo coinvolge in prima persona. Egli compie, con Maria e Giuseppe, il pellegrinaggio a Gerusalemme secondo quanto prescrive la Legge (cfr Es 23,17; 34,23ss), anche se non aveva ancora compiuto il tredicesimo anno di età: un segno della profonda religiosità della Santa Famiglia. Quando, però, i suoi genitori ripartono per Nazaret, avviene qualcosa di inaspettato: Egli, senza dire nulla, rimane nella Città. Per tre giorni Maria e Giuseppe lo cercano e lo ritrovano nel Tempio, a colloquio con i maestri della Legge (cfr Lc 2,46-47); e quando gli chiedono spiegazioni, Gesù risponde che non devono meravigliarsi, perché quello è il suo posto, quella è la sua casa, presso il Padre, che è Dio (cfr L'infanzia di Gesù, 143). «Egli - scrive Origene - professa di essere nel tempio di suo Padre, quel Padre che ha rivelato a noi e del quale ha detto di essere Figlio» (Omelie sul Vangelo di Luca, 18, 5)".
"La preoccupazione di Maria e Giuseppe per Gesù - ha aggiunto - è la stessa di ogni genitore che educa un figlio, lo introduce alla vita e alla comprensione della realtà".
"Auguro a tutte le famiglie cristiane - ha concluso - di vivere alla presenza di Dio con lo stesso amore e con la stessa gioia della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe".
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