mercoledì 26 giugno 2013

Le radici dell'astio nei confronti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Già nel 1985 i teologi si scagliavano contro il Prefetto della Cdf. Le argomentazioni? Le medesime di oggi!


LE RADICI DELL'ASTIO NEI CONFRONTI DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI. LO SPECIALE DEL BLOG

Siamo al terzo tassello del nostro studio. Nel gennaio 1985 Repubblica manda alle stampe la seguente "inchiesta", che potremmo chiamare lo "sfogatoio" di tutti coloro che si sentivano (e si sentono) punzecchiati dalle parole di verita' pronunciate dall'allora cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ecco l'equazione preferita di Kung: Ratzinger e' un profeta di sventura?
Davvero? Io direi che era ed e' semplicemente un profeta senza bisogno di aggettivi. Non c'e' una parola o una frase che non si siano puntualmente verificate nel corso degli anni.
Curioso il richiamo alla "Gaudium et spes". Chi potrebbe dire oggi che Ratzinger aveva torto? 
Da morire dal ridere la frase di Kung sul fatto che il suo ex collega abbia fatto carriera. Eh si'...il futuro Benedetto XVI era cosi' attaccato al potere che ha rinunciato a tutto caricandosi della croce di tutti e per tutti.
E' francamente "tenero" che a quasi trent'anni di distanza questo teologo svizzero ripeta sempre e sempre e sempre i soliti concetti...
Trovo particolarmente "fastidiose" le affermazioni di Alberigo. Oggi non si potrebbero piu' esprimere certi concetti sui Tedeschi e sui Polacchi perche' politicamente scorretti :-)
O sbaglio? 
Comunque la frase di Alberigo e' importante per capire che cosa e' accaduto in questi trent'anni.
Ratzinger ha sempre fatto il parafulmine. E' stato lui ad accettare questo ruolo, intendiamoci! Io, per esempio, non l'avrei fatto :-)
Quello che e' certo e' che nessuno si e' messo accanto a lui per cercare di dimezzare l'effetto dei fulmini...
Dall'articolo seguente si capisce che i teologi (e in generale i commentatori), non potendo (volendo?) colpire direttamente Wojtyla, prendevano di mira Ratzinger la cui lealta' verso il Pontefice era chiara a tutti.
Per tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II l'allora cardinale Ratzinger si e' assunto ogni responsabilita' e si e' esposto in prima persona per proteggere il Papa.
Messori ha infatti raccontato che l'unica volta che il Prefetto della Cdf prese carta e penna per rispondere agli attacchi fu quando fu preso di mira Papa Wojtyla con considerazioni del tutto simili a quelle espresse da Alberigo tanto da farmi pensare che forse la risposta fosse proprio per lui. Clicca qui per l'articolo che riporta il fatto.
Oggi esistono ancora uomini cosi'? La domanda e' retorica. Sappiamo perfettamente che NESSUNO, durante il Pontificato di Benedetto XVI, si e' fatto avanti per portare la croce al suo posto anche per un breve tratto di strada.
Come abbiamo detto piu' volte a Benedetto e' mancata una figura fondamentale: il "Ratzinger di Ratzinger".
Come conseguenza di questa pura e semplice verita' possiamo tranquillamente affermare che tutto cio' che poteva essere criticato sotto Giovanni Paolo II era "colpa" di Ratzinger e tutto cio' che poteva essere oggetto di discussione sotto Benedetto XVI ricadeva sempre nella sfera di azione di Ratzinger.
Che coerenza!
E adesso? Chissa'...
La luna di miele impedisce di approfondire la questione ma vediamo che l'atteggiamento non e' cambiato: si celebra la discontinuita', si mettono in luce le differenze fra il Papa regnante ed il Papa emerito esaltando il primo a spese del secondo. In fondo non e' cambiato nulla. Il "Ratzinger di Bergoglio" continua ad avere un solo nome: Ratzinger.
Forse un giorno eminenti sociologi, storici ma soprattutto psichiatri saranno indotti a studiare il fenomeno ed a spiegare ai nostri nipoti come mai un uomo mite e' diventato il capro espiatorio di tutti.
Leggiamo questo articolo che mostra perfettamente il clima degli anni Ottanta.
R.

QUEL DIAVOLO DI RATZINGER...

12 gennaio 1985 —   pagina 7   sezione: INCHIESTE

di DOMENICO DEL RIO

"RATZINGER è un profeta di sventura, uno di quelli biasimati da papa Giovanni nel discorso di apertura del Concilio". 
A dare un giudizio così secco è Hans Kung, il teologo "biasimato" a sua volta dal Sant' Uffizio, che, al contrario di Boff e di Schillebeeckx, si è sempre rifiutato di venire a Roma a farsi interrogare e giudicare. Mandava a dire che non aveva tempo. Ma che cosa diceva papa Giovanni in quel suo famoso discorso di apertura? Era l' 11 ottobre 1962, e nella basilica vaticana splendente di luci, Roncalli parlava con la quella voce cantilenante. "Nell' esercizio quotidiano del nostro ministero pastorale", diceva, "ci feriscono talora l' orecchio suggestioni di persone, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei tempi moderni essi non vedono che prevaricazione e rovina; vanno dicendo che la nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando; e si comportano come se nulla avessero imparato dalla storia, che pure è maestra di vita. A noi sembra di dover dissentire da cotesti profeti di sventura, che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo". 
Quel giorno, a sentire quella descrizione di profeti di sventura, tutti pensarono al cardinale Ottaviani, che allora reggeva il Sant' Uffizio e definiva se stesso "il carabiniere della Chiesa". Ora, parlando di Ratzinger, il paragone con Ottaviani viene spontaneo a qualcuno. Dice Giuseppe Alberigo: "Il modo con cui Ratzinger concepisce la funzione della sua Congregazione per la dottrina della fede richiama quello di Ottaviani. 
Anzi, mi chiedo se in fondo il povero Ottaviani, ai suoi tempi, non abbia avuto meno spazio di quanto riesce ad avere Ratzinger oggi. Ottaviani aveva di fronte un papa, Pio XII, che era secondo me, a un livello teologico superiore a quello di Wojtyla. Se oggi il prefetto del Sant' Uffizio ritiene di muoversi in una certa direzione, non credo che il papa gli ponga dei problemi. Anche per il solito rapporto che c' è tra un ex professore polacco e un ex professore tedesco. E' ovvio che il polacco soccomba". 
Ma perchè Ratzinger è un "profeta di sventura"? "Perchè la sua visione delle cose è piena di pessimismo", spiega Kung. 
"E' la posizione di un uomo che ha paura e perciò, per reazione, agisce da inquisitore. Ha paura che la Chiesa cambi, paura di dover constatare che questa sua azione, che dura da vent' anni, per imporre agli altri la propria visione, non ha successo. 
Anche il suo rievocare il diavolo è una proiezione della sua paura
Lui e quelli come lui che cosa sono mai riusciti a cambiare nella Chiesa, nella mente dei fedeli? Niente. 
La gente pensa in modo diverso in fatto di divorzio, di sacramenti ai divorziati. La pensa diversamente sul ruolo che le donne dovrebbero avere nella comunità cristiana. 
Il Popolo di Dio cammina per conto suo, e intanto a Roma si colleziona tutto ciò che di negativo c' è nella Chiesa". E, dunque, che uomo è infine questo Ratzinger? "Che uomo è?", si sfoga ancora Kng. "Basta vedere come tratta i suoi colleghi in teologia. 
Giudizi negativi su tutti. Per lui c' è un solo buon teologo nella Chiesa: Joseph Ratzinger. E' l' orgoglio dell' uomo di potere che è salito in lui". "Ratzinger, quest' anno", racconta Paul Valadier, direttore della rivista "Etudes", "è venuto in Francia, ha tenuto due conferenze, una a Lione e una a Parigi, sulla catechesi, anzi per dir meglio, contro la catechesi approvata dai vescovi francesi. Devo dire che non ha lasciato certo una buona impressione, si è visto che non era bene informato, che parlava in maniera molto astratta, teorica, lontana dalla realtà. In questo modo non ha certamente aumentato la propria autorità. Del resto, non si capisce bene quale ruolo egli svolga, essendo teologo e insieme prefetto del Sant' Uffizio. In pratica si presenta solamente come il capo di un vecchio tribunale inquisitorio". Schillebeeckx, il teologo domenicano olandese, già inquisito dalla Sacra Congregazione per la dottrina della fede, narra del suo ultimo incontro con il prefetto del Sant' Uffizio. E' stato alla fine di settembre, a Roma, ma di quel colloquio si era avuta solo la notizia. "Non ho voluto dare pubblicità all' incontro", dice Schillebeeckx, "perchè era la stessa settimana in cui era stato chiamato a Roma Leonardo Boff. 
Non volevo aumentare la tensione. D' altra parte, non ero stato convocato da Ratzinger. Mi aveva chiamato il superiore generale dell' Ordine, il quale evidentemente aveva avuto nuovamente un dossier su di me. E' stato il padre generale, l' irlandese Damian Byrne, che mi ha pregato di andare insieme a lui da Ratzinger. L' incontro è stato breve, una ventina di minuti soltanto, e non ha avuto aspetti drammatici come quello di Boff. 
Ratzinger è stato molto cortese. Voleva sapere quale sarebbe stato il tenore del mio nuovo libro sui ministeri nella Chiesa, che sto per pubblicare a giorni. Gli ho detto che, secondo me, non ci sarà nulla che contraddica direttamente dichiarazioni emanate dal Sant' Uffizio sul sacerdozio ministeriale. Ratzinger non mi ha chiesto altro nè mi ha detto se ha intenzione di vedermi ancora o no. Mi ha congedato avvertendomi, però, che attende di esaminare il mio nuovo libro e che io devo aspettarmi una nuova valutazione di Roma sulla mia opera". 
Un Ratzinger sospettoso? "Oh, sì", sorride Schillebeeckx, "credo che egli abbia sempre qualche sospetto quando io scrivo un libro. Sospettoso, scontento e pessimista lo è sempre stato, anche fin dai tempi del Concilio. Nelle riunioni di teologi che facevamo a Roma (ne facevamo una ogni quindici giorni, c' erano Rahner, Congar, ecc.), quando affrontammo lo schema della "Gaudium et spes", il documento conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Ratzinger sosteneva che il testo era troppo ottimista nei confronti del mondo e voleva che si accentuasse maggiormente quello che si chiama peccato originale. Forse bisognerebbe ricordare che Ratzinger ha avuto la sua abilitazione teologica con un lavoro su Sant' Agostino. Egli è più agostiniano che tomista, cioè non avverte completamente quello che dice San Tommaso: che la grazia divina suppone la natura. Penso che questa sia una deficienza in Ratzinger in quanto teologo". "Ho conosciuto Ratzinger durante il Concilio e poi qui in Germania", osserva Wolfgang Seibel, il gesuita direttore della rivista "Stimmen der Zeit", di Monaco, la città dove Ratzinger è stato arcivescovo prima di essere chiamato a Roma: "Egli ha sempre avuto uno stile piuttosto individuale di dirigere la diocesi, senza molti collegamenti con la Conferenza episcopale tedesca. 
Non gli sono mai piaciute le strutture organizzate dentro la Chiesa
Forse per questo parla male ora delle Conferenze episcopali. Probabilmente ha avuto delle esperienze poco piacevoli nei rapporti con l' episcopato. D' altra parte, mi sembra anche più cambiato da diversi anni. Lui dice che sono stati gli altri a cambiare e perciò si è messo a fare queste battaglie contro quello che egli chiama "l' antispirito del Concilio". Ma non è vero. E' lui che è diventato più conservatore. Ha assunto un atteggiamento sempre più critico verso l' evoluzione avvenuta dopo il Concilio. Più volte si è espresso in questo senso, ma nell' ultima intervista a Jesus sembra aver concentrato tutto il suo spirito pessimistico". Il pensiero critico e pessimistico del cardinale Prefetto del Sant' Uffizio verso il Concilio, anzi sembra verso tutti i Concili, è stato documentato dalla rivista bolognese "Il regno", nel numero uscito in questi giorni. Dice il direttore della rivista, Alfio Filippi: "Abbiamo ricostruito la figura di Ratzinger teologo in questi anni, e si vede che non è affatto quello studioso aperto di cui si era parlato. Adesso si è accentuato, col nuovo ruolo che ha a Roma, l' aspetto autoritario e conservatore delle sue prese di posizione in campo teologico. Basterebbe leggere l' intervento che ha avuto a Bogotà, alla fine del marzo scorso, in una riunione di vescovi latino-americani. Il testo è stato pubblicato integralmente ora dalla "Rivista ecclesiastica brasiliana". Ratzinger traccia un panorama mondiale dello stato attuale della teologia cattolica. E' una visione impressionante, tutta a tinte fosche: in ogni parte del mondo, in Europa, in America del nord, in America latina, in Africa, tutto va male, la teologia segue strade pericolose. 
Secondo lui, crolla tutto: la fede in Dio, il concetto di soprannaturale, i valori morali, la morale sessuale, perfino la distinzione fra uomo e donna, il mondo cerca la salvezza, ma solo in se stesso"
"Il regno" riporta alcuni giudizi catastrofici che, già dieci anni fa, il "profeta di sventura" Joseph Ratzinger dava sul Concilio Vaticano II e sull' avvenire della Chiesa. Ratzinger cominciava col porsi domande retoriche: "Il Concilio è stata una falsa strada, dalla quale occorre far marcia indietro per salvare la Chiesa? Le gioie e le speranze si sono rovesciate in tristezza e angoscia?". Ma poi terminava: "L' ingenuo ottimismo del Concilio e l' autoesaltazione di molti, che lo hanno fatto e propagandato, giustificano in modo inquietante le più fosche diagnosi dei primi uomini di Chiesa sul pericolo dei Concili. Non tutti i Concili validi si sono rivelati, alla prova dei fatti della storia, Concili utili; di taluni, alla fine, rimane solo un gran niente". 

© Copyright Repubblica, 12 gennaio 1985

4 commenti:

  1. Poveretti !! Quanto si sono allontanati da Dio !! Tronfi di orgoglio !! Ma quale autorita'........non ne ha mai voluta!

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  2. Cara Raffaella, ci vorrebbe un link agli altri due articoli su questo argomento(prima di costituire un dossier a parte!)
    Antonio V.

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  3. Non si può fare un discorso teologico in questo modo attraverso Del Rio ... sembra come appassionarsi durante una partita di calcio.... C'è stata come una cortina di fumo intorno a Ratzinger, ma dei progressi che ha fatto fare alla teologia non si rendono conto nemmeno gli studiosi se non a anni di distanza. Vale per tutti l'esempio dell'enciclica "Veritatis splendor" del 1993

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  4. Il nostro non e' (e non puo' essere) un discorso teologico.
    Miriamo solo a ricostruire il clima mediatico.
    R.

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