L’operazione trasparenza di Benedetto XVI e il peso dei veleni
Raccontano in Vaticano che da tempo Nunzio Scarano, l’impiegato dell’Apsa arrestato ieri, non era visto di buon occhio nei corridoi vaticani. Che da tempo era stato fatto sapere che sarebbe stato...
Raccontano in Vaticano che da tempo Nunzio Scarano, l’impiegato dell’Apsa arrestato ieri, non era visto di buon occhio nei corridoi vaticani. Che da tempo era stato fatto sapere che sarebbe stato meglio allontanarlo dall’incarico. E che questo non è mai avvenuto. Fino ai fatti di ieri. Ma Nunzio Scarano - ha ricordato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede - «era già stato sospeso da oltre un mese», non appena «i superiori erano stati informati che era indagato», come da Regolamento della Curia Romana. Il Papa è stao informato, e l’Autorità di Informazione Finanziaria, intanto, sta seguendo il problema, e sta valutando che decisioni prendere.
Le frasi di padre Lombardi e le indiscrezioni sull’attività di padre Scarano all’interno dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica raccontano due facce di una stessa medaglia. La prima, che troppe volte, e troppo spesso, resistenze interne o anche una certa incuria di Curia hanno impedito ai dicasteri romani di muoversi. La seconda, che l’Autorità di Informazione Finanziaria voluta da Benedetto XVI è ormai il nodo su cui si centra tutto il controllo delle finanze vaticane. Perché sotto Benedetto XVI è stata avviata una operazione trasparenza senza precedenti, che adegua le strutture finanziarie della Santa Sede ai segni dei tempi (in linguaggio ecclesiastico) e agli standard internazionali (in linguaggio laico).
Papa Francesco ha ripreso con forza in mano l’operazione trasparenza avviata da Benedetto XVI. Più volte, nelle sue omelie private e pubbliche, nei suoi discorsi, ha sottolineato l’esigenza di una «Chiesa povera per i poveri», spiegando poi che «questo non è pauperismo». La finanza non è il fine per il Vaticano. È un mezzo attraverso il quale aiutare le missioni sparse per il mondo, facendo arrivare magari il denaro in canali sicuri alle suore in Vietnam per poter costruire un ospedale.
Tutto questo Papa Francesco lo sa. E lo sapeva anche Benedetto XVI. Già sotto il suo pontificato, la Santa Sede aveva firmato un accordo monetario con l’Europa, e aveva avviato il processo di modernizzazione della struttura finanziaria. Prima la legge antiriciclaggio, poi l’ingresso in Moneyval, il comitato del Consiglio Europeo che valuta l’aderenza dei Paesi membri agli standard internazionali, e poi una revisione della legge antiriciclaggio, sollecitata proprio dall’Europa. E nel frattempo, i veleni, il dibattito interno allo stesso Vaticano; la sfiducia votata al presidente del board dei laici dello Ior Gotti Tedeschi dal suo stesso consiglio; la lunga attesa per un nuovo presidente, individuato poi nel tedesco von Freyberg, impegnato ora in una grande operazione di comunicazione positiva. Situazioni che, aggiunte alla vecchiaia, alle lotte di potere mai sopportate, a quel mordere e divorare già censito da Papa Ratzinger, hanno logorato Benedetto XVI. Papa Francesco ora è chiamato a prendere con vigore l’operazione di trasparenza, e a imprimergli la svolta decisiva.
And. Gag.
© Copyright Il Tempo, 29 giugno 2013
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