Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
giovedì 2 aprile 2015
Benedetto XVI: Dio non è un Dio lontano, troppo distante per occuparsi delle nostre bazzecole (YouTube)
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Grazie a Gemma rivediamo alcune immagini della Messa in Coena Domini celebrata da Papa Benedetto nel 2006 e riascoltiamo l'omelia.
Il 13 aprile 2006, Giovedì Santo, Benedetto XVI presiedette, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la Messa "in coena Domini". Il testo è consultabile qui.
In particolare:
"Dio ama la sua creatura, l'uomo; lo ama anche nella sua caduta e non lo abbandona a se stesso. Egli ama sino alla fine. Si spinge con il suo amore fino alla fine, fino all'estremo: scende giù dalla sua gloria divina. Depone le vesti della sua gloria divina e indossa le vesti dello schiavo. Scende giù fin nell'estrema bassezza della nostra caduta. Si inginocchia davanti a noi e ci rende il servizio dello schiavo; lava i nostri piedi sporchi, affinché noi diventiamo ammissibili alla mensa di Dio, affinché diventiamo degni di prendere posto alla sua tavola – una cosa che da noi stessi non potremmo né dovremmo mai fare.
Dio non è un Dio lontano, troppo distante e troppo grande per occuparsi delle nostre bazzecole. Poiché Egli è grande, può interessarsi anche delle cose piccole. Poiché Egli è grande, l'anima dell'uomo, lo stesso uomo creato per l'amore eterno, non è una cosa piccola, ma è grande e degno del suo amore. La santità di Dio non è solo un potere incandescente, davanti al quale noi dobbiamo ritrarci atterriti; è potere d'amore e per questo è potere purificatore e risanante".
""Voi siete mondi, ma non tutti": Che cosa è che rende l'uomo immondo? È il rifiuto dell'amore, il non voler essere amato, il non amare. È la superbia che crede di non aver bisogno di alcuna purificazione, che si chiude alla bontà salvatrice di Dio. È la superbia che non vuole confessare e riconoscere che abbiamo bisogno di purificazione. In Giuda vediamo la natura di questo rifiuto ancora più chiaramente. Egli valuta Gesù secondo le categorie del potere e del successo: per lui solo potere e successo sono realtà, l'amore non conta. Ed egli è avido: il denaro è più importante della comunione con Gesù, più importante di Dio e del suo amore. E così diventa anche un bugiardo, che fa il doppio gioco e rompe con la verità; uno che vive nella menzogna e perde così il senso per la verità suprema, per Dio. In questo modo egli si indurisce, diventa incapace della conversione, del fiducioso ritorno del figliol prodigo, e butta via la vita distrutta.
"Voi siete mondi, ma non tutti". Il Signore oggi ci mette in guardia di fronte a quell’autosufficienza che mette un limite al suo amore illimitato. Ci invita ad imitare la sua umiltà, ad affidarci ad essa, a lasciarci "contagiare" da essa. Ci invita – per quanto smarriti possiamo sentirci – a ritornare a casa e a permettere alla sua bontà purificatrice di tirarci su e di farci entrare nella comunione della mensa con Lui, con Dio stesso".
"A questo ci chiama il Signore: scendere, imparare l'umiltà e il coraggio della bontà e anche la disponibilità ad accettare il rifiuto e tuttavia fidarsi della bontà e perseverare in essa. Ma c'è ancora una dimensione più profonda. Il Signore toglie la nostra sporcizia con la forza purificatrice della sua bontà. Lavarci i piedi gli uni gli altri significa soprattutto perdonarci instancabilmente gli uni gli altri, sempre di nuovo ricominciare insieme per quanto possa anche sembrare inutile. Significa purificarci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e accettando di essere sopportati dagli altri; purificarci gli uni gli altri donandoci a vicenda la forza santificante della Parola di Dio e introducendoci nel Sacramento dell'amore divino.
Il Signore ci purifica, e per questo osiamo accedere alla sua mensa. Preghiamolo di donare a tutti noi la grazia di potere un giorno essere per sempre ospiti dell'eterno banchetto nuziale. Amen!"
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