sabato 6 ottobre 2018

Proselitismo e attrazione: le parole di Benedetto XVI ad Aparecida (13 maggio 2007)



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Oggi si cita spesso la frase sul proselitismo e la Chiesa che cresce per attrazione. E' bene rileggere attentamente tutto il testo per comprendere bene le parole del Santo Padre.
Grazie come sempre a Gemma :-)


SANTA MESSA DI INAUGURAZIONE
DELLA V CONFERENZA GENERALE
DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEI CARAIBI
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Spianata del Santuario dell'Aparecida
VI Domenica di Pasqua, 13 maggio 2007

 
Cari Fratelli nell’Episcopato,
cari sacerdoti e voi tutti, fratelli e sorelle nel Signore!

Non ci sono parole per esprimere la gioia di trovarmi con voi per celebrare questa solenne Eucaristia, in occasione dell’apertura della Quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto più cordiale, in particolare all’Arcivescovo Raymundo Damasceno Assis, che ringrazio per le parole indirizzatemi a nome dell’intera assemblea, e ai Cardinali Presidenti di questa Conferenza Generale. Saluto con deferenza le Autorità civili e militari che ci onorano della loro presenza. Da questo Santuario estendo il mio pensiero, colmo di affetto e di preghiera, a tutti coloro che sono spiritualmente uniti a noi, in modo speciale alle comunità di vita consacrata, ai giovani impegnati nelle associazioni e nei movimenti, alle famiglie, come pure ai malati e agli anziani. A tutti dico: “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo (1 Cor 1,3).
Considero un dono speciale della Provvidenza che questa Santa Messa venga celebrata in questo tempo e in questo luogo
Il tempo è quello liturgico di Pasqua, giunto alla sesta Domenica: è ormai vicina la Pentecoste, e la Chiesa è invitata ad intensificare l’invocazione allo Spirito Santo. Il luogo è il Santuario nazionale di Nostra Signora  Aparecida, cuore mariano del Brasile: Maria ci accoglie in questo Cenacolo e, quale Madre e Maestra, ci aiuta ad elevare a Dio una preghiera unanime e fiduciosa. Questa celebrazione liturgica costituisce il fondamento più solido della V Conferenza, perché pone alla sua base la preghiera e l’Eucaristia, Sacramentum caritatis. 
In effetti, solo la carità di Cristo, effusa dallo Spirito Santo, può fare di questa riunione un autentico evento ecclesiale, un momento di grazia per questo Continente e per il mondo intero. Oggi pomeriggio avrò la possibilità di entrare nel merito dei contenuti suggeriti dal tema della vostra Conferenza. Ora lasciamo spazio alla Parola di Dio, che abbiamo la gioia di accogliere insieme sul modello di Maria, Nostra Signora della Concezione, con cuore aperto e docile affinché, per la potenza dello Spirito Santo, Cristo possa nuovamente “prendere carne” nell’oggi della nostra storia.
La prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, fa riferimento al cosiddetto “concilio di Gerusalemme”, che affrontò la questione se ai pagani diventati cristiani si dovesse imporre l’osservanza della legge mosaica. Il testo, saltando la discussione tra “gli apostoli e gli anziani” (vv. 4-21), riporta la decisione finale, che viene messa per iscritto in una lettera e affidata a due delegati, perché la rechino alla comunità di Antiochia (vv. 22-29). Questa pagina degli Atti è molto appropriata per noi, che pure siamo qui convenuti per una riunione ecclesiale. Ci richiama il senso del discernimento comunitario intorno alle grandi problematiche che la Chiesa incontra lungo il suo cammino e che vengono chiarite dagli “apostoli” e dagli “anziani” con la luce dello Spirito Santo, il quale, come dice il Vangelo odierno, ricorda l’insegnamento di Gesù Cristo (cfr Gv 14,26) e così aiuta la comunità cristiana a camminare nella carità verso la piena verità (cfr Gv 16,13). 
I capi della Chiesa discutono e si confrontano, ma sempre in atteggiamento di religioso ascolto della Parola di Cristo nello Spirito Santo. Perciò alla fine possono affermare: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…” (At 15,28).
Questo è il “metodo” con cui operiamo nella Chiesa, nelle piccole come nelle grandi assemblee. Non è solo una questione di procedura; è il riflesso della natura stessa della Chiesa, mistero di comunione con Cristo nello Spirito Santo.

Nel caso delle Conferenze Generali dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, la prima, quella del 1955 a Rio de Janeiro, si avvalse di una speciale Lettera inviata dal Papa Pio XII, di venerata memoria; nelle successive, fino all’attuale, è stato il Vescovo di Roma a raggiungere la sede della riunione continentale per presiederne le fasi iniziali. Con devota riconoscenza rivolgiamo il nostro pensiero ai Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II, che alle Conferenze di Medellín, Puebla e Santo Domingo hanno portato la testimonianza della vicinanza della Chiesa universale alle Chiese che sono in America Latina e che costituiscono, in proporzione, la maggior parte della Comunità cattolica.
Lo Spirito Santo e noi”. Questo è la Chiesa: noi, la comunità credente, il Popolo di Dio, con i suoi Pastori chiamati a guidarne il cammino; insieme con lo Spirito Santo, Spirito del Padre mandato nel nome del Figlio Gesù, Spirito di Colui che è “più grande” di tutti e che ci è dato mediante Cristo, fattosi “piccolo” per noi. Spirito Paraclito, Ad-vocatus, Difensore e Consolatore. Egli ci fa vivere alla presenza di Dio, nell’ascolto della sua Parola, liberi dal turbamento e dal timore, con nel cuore la pace che Gesù ci ha lasciato e che il mondo non può dare (cfr Gv 14,26-27). Lo Spirito accompagna la Chiesa nel lungo cammino che si distende tra la prima e la seconda venuta di Cristo: “Vado e tornerò a voi” (Gv 14,28), disse Gesù agli Apostoli. Tra l’“andata” e il “ritorno” di Cristo c’è il tempo della Chiesa, che è il suo Corpo; ci sono i duemila anni finora trascorsi; ci sono anche questi cinque secoli e più in cui la Chiesa si è fatta pellegrina nelle Americhe, diffondendo nei credenti la vita di Cristo attraverso i Sacramenti e spargendo in queste terre il buon seme del Vangelo, che ha reso dove il trenta, dove il sessanta e dove il cento per uno. Tempo della Chiesa, tempo dello Spirito: è Lui il Maestro che forma i discepoli: li fa innamorare di Gesù; li educa all’ascolto della sua Parola, alla contemplazione del suo Volto; li conforma alla sua Umanità beata, povera in spirito, afflitta, mite, affamata di giustizia, misericordiosa, pura di cuore, operatrice di pace, perseguitata per la giustizia (cfr Mt 5,3-10). Così, grazie all’azione dello Spirito Santo, Gesù diventa la “Via” sulla quale il discepolo cammina. “Se uno mi ama osserverà la mia parola”, dice Gesù all’inizio del brano evangelico odierno. “La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,23-24). Come Gesù trasmette le parole del Padre, così lo Spirito ricorda alla Chiesa le parole di Cristo (cfr Gv 14,26). E come l’amore per il Padre portava Gesù a cibarsi della sua volontà, così il nostro amore per Gesù si dimostra nell’obbedienza alle sue parole. La fedeltà di Gesù alla volontà del Padre può comunicarsi ai discepoli grazie allo Spirito Santo, che riversa l’amore di Dio nei loro cuori (cfr Rm 5,5).
Il Nuovo Testamento ci presenta Cristo come missionario del Padre. Specialmente nel Vangelo di Giovanni, tante volte Gesù parla di sé in relazione al Padre che lo ha inviato nel mondo. Così, anche nel testo di oggi, Gesù dice: “la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24). In questo momento, cari amici, siamo invitati a fissare lo sguardo su di Lui, perché la missione della Chiesa sussiste solo in quanto prolungamento di quella di Cristo: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21). E l’evangelista mette in risalto, anche plasticamente, che questo passaggio di consegne avviene nello Spirito Santo: “Alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo…»” (Gv 20,22). La missione di Cristo si è compiuta nell’amore. Egli ha acceso nel mondo il fuoco della carità di Dio (cfr Lc 12,49). E’ l’Amore che dà la vita: per questo la Chiesa è inviata a diffondere nel mondo la carità di Cristo, perché gli uomini e i popoli “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Anche a voi, che rappresentate la Chiesa in America Latina, ho la gioia di riconsegnare oggi idealmente la mia Enciclica Deus caritas est, con la quale ho voluto indicare a tutti ciò che è essenziale nel messaggio cristiano. 

La Chiesa si sente discepola e missionaria di questo Amore: missionaria solo in quanto discepola, cioè capace di lasciarsi sempre attrarre con rinnovato stupore da Dio, che ci ha amati e ci ama per primo (cfr 1 Gv 4,10). La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”: come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore.

Cari fratelli! Ecco il tesoro inestimabile di cui è ricco il Continente latinoamericano, ecco il suo patrimonio più prezioso: la fede in Dio Amore, che in Cristo Gesù ha rivelato il suo volto. Voi credete in Dio Amore: questa è la vostra forza, che vince il mondo, la gioia che nulla e nessuno potrà togliervi, la pace che Cristo vi ha conquistato con la sua Croce! E’ questa fede che ha fatto dell’America il “Continente della speranza”. Non un’ideologia politica, non un movimento sociale, non un sistema economico; è la fede in Dio Amore, incarnato, morto e risorto in Gesù Cristo, l’autentico fondamento di questa speranza che tanti frutti magnifici ha portato, dall’epoca della prima evangelizzazione fino ad oggi, come attesta la schiera di Santi e Beati che lo Spirito ha suscitato in ogni parte del Continente. Il Papa Giovanni Paolo II vi ha chiamato ad una nuova evangelizzazione, e voi avete accolto il suo mandato con la generosità e l’impegno che vi sono tipici. Io ve lo confermo e, con le parole di questa Quinta Conferenza, vi dico: siate fedeli discepoli, per essere coraggiosi ed efficaci missionari.
La seconda Lettura ci ha presentato la stupenda visione della Gerusalemme celeste. E’ un’immagine di splendida bellezza, in cui nulla è decorativo, ma tutto concorre alla perfetta armonia della Città santa. Scrive il veggente Giovanni che questa “scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio” (Ap 20,10). Ma la gloria di Dio è l’Amore; pertanto la Gerusalemme celeste è icona della Chiesa tutta santa e gloriosa, senza macchia né ruga (cfr Ef 5,27), irradiata al suo centro e in ogni sua parte dalla presenza di Dio Carità. E’ chiamata “sposa”, “la sposa dell’Agnello” (Ap 20,9), perché in essa trova compimento la figura nuziale che attraversa dal principio alla fine la rivelazione biblica. La Città-Sposa è patria della piena comunione di Dio con gli uomini; in essa non c’è bisogno di alcun tempio né di alcuna fonte esterna di luce, perché la presenza di Dio e dell’Agnello è immanente e la illumina dall’interno.
Questa stupenda icona ha valore escatologico: esprime il mistero di bellezza che già costituisce la forma della Chiesa, anche se nonè ancora giunto alla sua pienezza. E’ la meta del nostro pellegrinaggio, la patria che ci attende e alla quale aneliamo. Vederla con gli occhi della fede, contemplarla e desiderarla, non deve costituire motivo di evasione dalla realtà storica in cui la Chiesa vive condividendo le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dell’umanità contemporanea, specialmente dei più poveri e sofferenti (cfr Cost. Gaudium et spes, 1). Se la bellezza della Gerusalemme celeste è la gloria di Dio, cioè il suo amore, è proprio e solo nella carità che possiamo avvicinarci ad essa e in qualche misura già abitarvi. Chi ama il Signore Gesù e osserva la sua parola sperimenta già in questo mondo la misteriosa presenza di Dio Uno e Trino, come abbiamo sentito nel Vangelo: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Ogni cristiano, perciò, è chiamato a diventare pietra viva di questa stupenda “dimora di Dio con gli uomini”. Che magnifica vocazione!
Una Chiesa tutta animata e mobilitata dalla carità di Cristo, Agnello immolato per amore, è l’immagine storica della Gerusalemme celeste, l’anticipo della Città santa, splendente della gloria di Dio. Essa sprigiona una forza missionaria irresistibile, che è la forza della santità. La Vergine Maria ottenga alla Chiesa in America Latina e nei Caraibi di essere abbondantemente rivestita di potenza dall’alto (cfr Lc 24,49) per irradiare nel Continente e in tutto il mondo la santità di Cristo. A Lui sia gloria, con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.


© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana   

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