domenica 31 marzo 2013

Francesco non fa gli auguri di Buona Pasqua nelle varie lingue. Terminata la Messa il Papa saluta i cardinali, poi giro della Piazza in jeep (Izzo)

PAPA: NON FA GLI AUGURI DI BUONA PASQUA NELLE VARIE LINGUE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

Papa Francesco non ha letto gli auguri di Buona Pasqua nelle diverse lingue. Al termine del messaggio di Pasqua, guardando la piazza ornata da meravigliose composizioni floreali, Papa Francesco ha solo ringraziato per il dono di "questi bellissimi fiori giunti dai Paesi Bassi", ha ripetuto il suo "Buona Pasqua!" in italiano e ha impartito la benedizione "Urbi et Orbi" con l'indulgenza plenaria. 

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PAPA: TERMINATA MESSA SALUTA CARDINALI, POI GIRO PIAZZA IN JEEP


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 31 mar. 

Al termine della messa di Pasqua, Papa Francesco ha voluto salutare uno ad uno i cardinali presenti sul sagrato della Basilica di San Pietro e si e' cosi' avvicinato a ciascuno, raggiungendolo al suo posto. Poi il nuovo Pontefice e' salito sulla jeep bianca scoperta per compiere un giro tra i fedeli, prima di avviarsi verso la Loggia delle Benedizioni da dove leggera' il suo primo messaggio di Pasqua.
Sono molti - nel tragitto in jeep - i bambini che vengono avvicinati al Papa dal comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, affinche' possa baciarli. Lo stesso accade con un ragazzo handicappato, piu' grande, che il Pontefice abbraccia a lungo, tenendolo in braccio. 

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Il Messaggio urbi et orbi di Papa Francesco nei commenti di Salvatore Izzo


PAPA: CIRCA 250MILA PERSONE IN PIAZZA SAN PIETRO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

Sono ormai circa 250mila le persone che assistono alla messa di Pasqua celebrata da Papa Francesco sul sagrato della Basilica di San Pietro. 
Lo afferma la Sala Stampa della Santa Sede, in accordo con la Gendarmeria Vaticana e la Questura di Roma. I fedeli sopraggiunti nell'ultima ora, non riuscendo piu' ad accedere a piazza San Pietro e a piazza Pio XII, gia' pienissime, gremiscono l'intera via della Conciliazione. 

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PAPA: MIO AUGURIO A CHI SOFFRE IN CASE, OSPEDALI E CARCERI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buona Pasqua! Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo e' risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c'e' piu' sofferenza, negli ospedali, nelle carceri". Tornato sulla Loggia delle Benedizioni dove il 13 marzo scorso si presento' per la prima volta come il nuovo vescovo di Roma chiamato "quasi dalla fine del mondo", e come quel giorno indossando solo l'abito bianco, Papa Francesco inizia con queste parole di solidarieta' verso i sofferenti il suo primo messaggio pasquale.
Soprattutto - dice - vorrei che giungesse a tutti i cuori, perche' e' li' che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesu' e' risorto, c'e' speranza per te, non sei piu' sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l'amore, ha vinto la misericordia!". 

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PAPA: UN FUTURO DI SPERANZA, AMORE DI DIO E' PIU' FORTE DEL MALE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

La Risurrezione "ci ha aperto ad un futuro di speranza. Sempre vince la Misericordia di Dio". "La Pasqua - infatti - e' l'esodo, il passaggio dell'uomo dalla schiavitu' del peccato, del male alla liberta' dell'amore, del bene. Perche' Dio e' vita, solo vita, e la sua gloria e' l'uomo vivente". 
Papa Francesco lo ricorda con le parole di Sant'Ireneo nel messaggio che ha preceduto la sua prima benedizione Urbi et Orbi. "Cari fratelli e sorelle - scandisce inoltre - Cristo e' morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitu' del male alla liberta' del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno".
"Anche noi, come le donne discepole di Gesu', che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci - sono ancora le parole del nuovo Pontefice - che senso abbia questo avvenimento". "Che cosa significa che Gesu' e' risorto?", si chiede Francesco. "Significa - spiega alla folla di 250 mila fedeli che lo ascolta e ai milioni che seguono dalle tv grazie alla mondovisione - che l'amore di Dio e' piu' forte del male e della stessa morte; significa che l'amore di Dio puo' trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore". Secondo il nuovo Papa, "questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si e' fatto uomo ed e' andato fino in fondo nella via dell'umilta' e del dono di se', fino agli inferi, all'abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesu' e lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna". "Gesu' - infatti - non e' tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma e' entrato nella vita gloriosa di Dio e ci e' entrato con la nostra umanita'". 

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PAPA: DOBBIAMO ATTRAVERSARE I DESERTI CHE SONO IN CIASCUNO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Quanti deserti, anche oggi, l'essere umano deve attraversare!". Papa Francesco pronuncia queste parole dalla Loggia della Basilica Vaticana, la stessa dalla quale si e' affacciato dopo l'elezione del 13 marzo scorso. "Soprattutto - spiega - il deserto che c'e' dentro di lui, quando manca l'amore per Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto cio' che il Creatore ci ha donato e ci dona". "Ma - assicura il Pontefice - la misericordia di Dio puo' far fiorire anche la terra piu' arida, puo' ridare vita alle ossa inaridite". "Allora - scandisce - ecco l'invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo!". 

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PAPA: ISRAELIANI E PALESTINESI RIPRENDANO I NEGOZIATI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinche' riprendano con coraggio e disponibilita' i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo". Lo chiede Papa Francesco nel messaggio di Pasqua. 

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PAPA: PACE IN IRAQ E SIRIA, TROPPO SANGUE VERSATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Pace in Iraq, perche' cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l'amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione". Lo chiede Papa Francesco nel messaggio di Pasqua. "Quanto sangue - afferma il nuovo Pontefice - e' stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte - si chiede - prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?".

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PAPA: APPELLO PER RAPITI NIGERIA E MALI, CONGO, CENTROAFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar

"Pace per l'Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti". Papa Francesco esordisce cosi' nel "capitolo" del messaggio di Pasqua forse piu' angoscioso. "In Mali - elenca - affinche' ritrovi unita' e stabilita'; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici. Pace nell'est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura".
L'appello del Papa per i rapiti trattenuti in Nigeria riguarda i sette francesi, tre adulti e quattro bambini che sono stati prelevati circa 40 giorni fa da uomini armati due settimane fa nel nord del Camerun, vicino al confine con la Nigeria. Si tratta di sette persone di una stessa famiglia il cui padre e' un dipendente di Gdf - Gas de France che lavora nella zona. Il gruppo aveva lasciato Yaounde' per il fine settimana, trascorso nella riserva di Waza nella localita' di Dadanga. Al momento del rientro, martedi' 19 febbraio, verso le 7 del mattino, la jeep sarebbe stata affiancata da sei uomini in moto, armati, che li avrebbero dirottati verso il confine. Da parte sua il presidente francese, Francois Hollande, ha confermato il sequestro e invitato le autorita' della zona a collaborare e gli eventuali turisti nella zona a non esporsi. "Mi riferisco soprattutto all'insediamento in questa zona del Camerun di un gruppo terrorista, Boko Haram, e questo e' preoccupante a sufficienza da mobilitarci", ha dichiarato. 

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PAPA: CI SIA RICONCILIAZIONE IN COREA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perche' si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione". Lo chiede Papa Francesco nel messaggio di Pasqua. 

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PAPA: MONDO FERITO DA CHI CERCA FACILI GUADAGNI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Pace a tutto il mondo, ancora cosi' diviso dall'avidita' di chi cerca facili guadagni, ferito dall'egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone". Lo chiede Papa Francesco nel messaggio di Pasqua. 

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PAPA: BASTA VIOLENZA NARCOTRAFFICO E TRATTA PERSONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"La tratta delle persone e' la schiavitu' piu' estesa in questo 21esimo secolo". Papa Francesco ripete due volte questa forte denuncia nel suo messaggio di Pasqua. "Pace a tutto il mondo - invoca ancora - dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesu' risorto porti conforto a chi e' vittima delle calamita' naturali e ci renda custodi responsabili del creato". 

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PAPA: L'AMORE DI DIO E' PER SEMPRE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e da ogni parte del mondo, rivolgo l'invito del Salmo: 'Rendete grazie al Signore perche' e' buono, / perche' il suo amore e' per sempre. / Dica Israele: / 'Il suo amore e' per sempre'". Con queste aprole tratte dal Salmo 117 Papa Francesco conclude il suo primo messaggio di Pasqua. 

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PAPA: BASTA VIOLENZA NARCOTRAFFICO E TRATTA PERSONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

"La tratta delle persone e' la schiavitu' piu' estesa in questo 21esimo secolo". Papa Francesco ripete due volte questa forte denuncia nel suo messaggio di Pasqua. "Pace a tutto il mondo - invoca ancora - dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesu' risorto porti conforto a chi e' vittima delle calamita' naturali e ci renda custodi responsabili del creato". 

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PAPA: GLI REGALANO MAGLIA SAN LORENZO CON SCRITTA BERGOGLIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar. 

Alcuni giovani argentini presenti oggi in piazza San Pietro hanno donato a Papa Francesco - che passava in jeep vicino al loro settore - la maglia del club San Lorenzo, la sua squadra del cuore. Tra gli applausi, il Pontefice ha mostrato la maglia con i colori rosso e blu e la scritta sul retro "Bergoglio". 

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Papa Francesco: non bisogna avere paura delle novità. Non c'è peccato che non possa essere perdonato (Izzo)

PAPA: NON BISOGNA AVER PAURA DELLE NOVITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar. 

"Quando qualcosa di veramente nuovo accade nel succedersi quotidiano dei fatti, ci fermiamo, non comprendiamo, non sappiamo come affrontarlo: la novita' spesso ci fa paura, anche la novita' che Dio ci porta, la novita' che Dio ci chiede". 
Papa Francesco ha fotografato cosi' - nell'omelia della prima veglia pasquale del suo Pontificato - la situazione dei cristiani di oggi e della Chiesa. "Abbiamo paura - ha detto - delle sorprese di Dio; abbiamo paura delle sorprese di Dio! Egli ci sorprende sempre!".
"Fratelli e sorelle - ha chiesto il nuovo Pontefice ai 5mila fedeli presenti questa sera nella Basilica di San Pietro - non chiudiamoci alla novita' che Dio vuole portare nella nostra vita!". 
Il Papa ha ricordato nell'omelia lo sconforto dei discepoli che non si aspettavano la Risurrezione di Gesu'. "Le donne - ha osservato - si incontrano con la novita' di Dio: Gesu' e' risorto, e' il Vivente. Ma di fronte alla tomba vuota e ai due uomini in abito sfolgorante, la loro prima reazione e' di timore: 'tenevano il volto chinato a terra', nota san Luca, non avevano il coraggio neppure di guardare". Ma quando ascoltano l'annuncio della Risurrezione, l'accolgono con fede". E noi oggi - ha detto Francesco - "siamo come gli Apostoli del Vangelo: spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze, fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato". 

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PAPA: NON C'E' PECCATO CHE NON POSSA ESSERE PERDONATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar. 

"Non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c'e' peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui". Papa Francesco ha voluto riaffermarlo questa sera nell'omelia della prima veglia pasquale da lui presieduta in San Pietro. "Spesso - ha osservato - siamo stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela? Non chiudiamoci in noi stessi - ha esortato - non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai".
Nella sua omelia, Bergoglio e' poi passato al "tu", rivolgendosi cosi' direttamente a ciascun fedele. "Accetta - ha invocato - che Gesu' Risorto entri nella tua vita, accoglilo come amico, con fiducia: Lui e' la vita! Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa' un piccolo passo: ti accogliera' a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti e' vicino, e' con te e ti dara' la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole". "E questo - ha spiegato il Pontefice - e' un messaggio rivolto a me, a te, cara sorella e caro fratello. Quante volte abbiamo bisogno che l'Amore ci dica: perche' cercate tra i morti colui che e' vivo? I problemi, le preoccupazioni di tutti i giorni tendono a farci chiudere in noi stessi, nella tristezza, nell'amarezza, e li' sta la morte. Non cerchiamo li' Colui che e' vivo".
Con la Pasqua, ha sottolineato il nuovo Papa, "nulla rimane piu' come prima, non solo nella vita di quelle donne" che trovarono il Sepolcro vuoto, "ma anche nella nostra vita e nella storia dell'umanita'". "Gesu' non e' morto, e' risorto, e' il Vivente. Non e' semplicemente tornato in vita, ma e' la vita stessa, perche' e' il Figlio di Dio, che e' il Vivente". "Gesu' - dunque - non e' piu' nel passato, ma vive nel presente ed e' proiettato verso il futuro, e' l''oggi' eterno di Dio". "Cosi' - ha concluso - la novita' di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto cio' che opprime la vita e le da' un volto meno umano". 

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La Sindone in mondovisione. Una voce perenne (Cristiana Dobner)


LA SINDONE IN MONDOVISIONE

Una voce perenne

Il telo che porta i segni della barbarie, nella sua nuda semplicità priva di arte, parla di un'altra arte, di un'altra Bellezza quella che magnetizza, interpella e sconvolge e ''comunica una grande pace, sovrana maestà''. Raccoglie in sé, nell'icona che scende verso di noi, tutto il dolore e la sofferenza che attraversano la storia

Cristiana Dobner

Icona indica un’immagine, creata da mano di persona umana ma diretto dono di Dio che viene a noi, ci abbraccia e ci racchiude senza margini, perché si apre all’Infinito. 
Benedetto XVI ha definito la Sindone icona, perché ci trasporta nel mondo dei simboli, mondo reale e non di immaginazione fantastica.
In fin dei conti è un telo di poco più di 4 metri per poco più di uno. Ma è solo un telo? 
La parola definitiva sia lasciata agli specialisti, agli scienziati. 
A noi, credenti, che cosa viene richiesto? Che cosa ci viene offerto? 
Una contemplazione, scevra da discussioni, prevenzioni, interrogativi, ricca di silenzio e di solitudine, non ripiegati su se stessi per covarci ma per slanciarci. Dove? 
In quel giorno che la Liturgia chiama Sabato Santo. Giorno terrificante di morte, di sepolcro. Intriso della solitudine che, ormai dal punto di vista di chi resta, crea una barriera invalicabile e perenne: chi è morto non torna più, non parla, non lega rapporti con noi, quelli rimasti (ma che poi andremo e non ritorneremo). 
Un silenzio di sepoltura, di finitudine, che non si lascia scalfire. 
Il Sabato però è detto Santo. Perché? 
Perché gravido di un assoluto che ha rotto il silenzio e gli ha dato voce perenne, voce eterna. Gravido di una promessa che ha vinto e frantumato le barriere. 
La nostra storia così acquista una dimensione diversa. 
Legare quindi la Sindone al Sabato Santo, vuol dire mostrare, cioè ostendere, la Persona che non è un torturato, un morto seviziato qualsiasi (ma non sarebbe affare di poco conto), è il Messia, il Salvatore, l’Uomo-Dio. 
Il telo che porta i segni della barbarie, nella sua nuda semplicità priva di arte, parla di un’altra arte, di un’altra Bellezza quella che magnetizza, interpella e sconvolge e “comunica una grande pace, sovrana maestà”. 
Raccoglie in sé, nell’icona che scende verso di noi, tutto il dolore e la sofferenza che attraversano la storia, in tutti i secoli passati e in tutti quelli a venire. 
Nell’ora del silenzio, il Volto glorioso che in un qualche modo storicizza il testo di Isaia “disprezzato e reietto dagli uomini”, ci palesa l’Amore con cui siamo stati amati e i suoi occhi chiusi racchiudono tutto il dolore dell’umanità nel Volto di Dio che si fa icona di un dolore universale. 
Nella trasmissione televisiva in mondo visione, non un documentario ma momento di rottura, momento di sosta per ricevere dall’Uomo della Sindone un sigillo che si posi sulla nostra esistenza, perché il nostro “non è osservare, ma venerare, un lasciarsi guardare. Il volto di un defunto che misteriosamente ci parla”, come ha detto il nostro Pastore Francesco con uno “sguardo che cerca il nostro cuore”. 
Non sono presenti personaggi celebri ma gli autentici artefici e tessitori della storia umana: i malati, i sofferenti, bambini, giovani, adulti, che passando davanti a Lui, sono messi nella condizione di leggere la loro vita, colpita, lesa e dolente, non partendo da sé e quindi ingarbugliandosi in una matassa inestricabile di “perché”, ma slanciandosi nel dono grande ricevuto dell’esperienza della sua misericordia di poter prendere parte alla Sua Passione, a quel mistero dell’Uomo-Dio che si lascia flagellare, trafiggere e finire, non perché l’abbiano preso e catturato ma perché Egli stesso si è consegnato per amore. 
Dal silenzio della tomba, il cui masso chiude l’ingresso e rinchiude l’annuncio profetico ed evangelico in nulla dichiarato - infatti Egli, il Cristo, è miserevolmente finito - scaturisce una mancanza di suoni umani, una carenza assoluta di gesti che esprimono il solenne avvolgere della morte, il rimanere di un cadavere senza vita. 
Ci si può arrestare qui. Alla soglia del Sepolcro. Se si riesce però a percepirne un qualche cosa di diverso, ecco allora scaturire “l’energia contenuta ma potente” della Sindone che è speranza, perché Egli, il torturato e messo a morte, è Risorto, allora la nostra vita sofferente è accolta in un circolo di vita splendente. 
Il lenzuolo avvolgeva i corpi degli ebrei e diventava una sorta di bozzolo che attendeva il segnale finale del ritorno del Messia per ritornare a vita eterna. 
Perché il Messia, Gesù Cristo, ci ha lasciato come segno quest’icona? 
Perché fosse, indelebile com’è, orma del suo passaggio nella vita e nella morte, orma che denuncia la brutalità del potere e che sconfigge, nell’attesa priva di suoni e di comunicazione, il silenzio del cadavere per trasfigurarlo nel Silenzio di una giornata, il Sabato Santo, che raccoglie tutto il mistero della salvezza nel Salvatore, sofferente morto per noi, che “oltrepassando la stessa morte ci dice: Abbi fiducia, non perdere la speranza”. Con la preghiera di S. Francesco “Altissimo glorioso Dio illumina le tenebre del cuore mio”. 
Quel telo, quella Sindone, non è materia di fede, ma propone una testimonianza di fede, quella di Colui che si è consegnato e abbandonato, per fede, al volere del Padre per trapassare i secoli con un’ondata di speranza: “La forza del Risorto vince tutto”. 

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sabato 30 marzo 2013

Sindone, Papa Francesco: icona impressa per portarci un messaggio d'amore. Sindone, reliquia o icona? La Chiesa ha sospeso il giudizio (Izzo)

SINDONE: PAPA, ICONA IMPRESSA PER PORTARCI MESSAGGIO D'AMORE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar. 

La Sindone e' "Icona di un Uomo flagellato e crocifisso", ed e' stata "impressa nel telo" affinche' parlando "al nostro cuore" ci spinga "a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell'amore". Papa Francesco non scioglie il "nodo" sulla autenticita' del sacro lenzuolo (che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Nostro Signore Gesu' Cristo nel Sepolcro) messa in dubbio dall'esame con il Carbonio 14 effettuato nel 1988, che ha datato il lenzuolo come Medioevale, una datazione che successive altre ricerche di pari livello scientifico hanno pero' smentito".
Nel suo primo intervento sul tema, un videomessaggio in occasione dell'odierna "ostensione televisiva" organizzata dal custode della Sindone, l'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, in collaborazione con la Cei e Rai Uno, il nuovo Pontefice usa infatti la parola "icona", che puo' comprendere sia opere realizzate dall'uomo, che miracolosamente da Dio (le icone acherotipe) come accaduto per la Madonna di Guadalupe, e il verbo "impressa" che riecheggia la teoria per la quale e' stata l'energia della Risurrezione a imprimere l'immagine (inspiegabilmente analoga a quella di un negativo fotografico). Su tutto cio' da cardinale Bergoglio non si era mai espresso e allora era improbabile che appena eletto Papa prendesse una posizione diversa da quella del suo predecessore: anche Joseph Ratzinger parlo' infatti di icona nello storico discorso per l'ostensione del 2010.
Papa Francesco nel suo videomessaggio esprime gratitudine per l'iniziativa della "ostensione televisiva" in mondo-visione. "Mi pongo anch'io con voi - dice - davanti alla sacra Sindone, e ringrazio il Signore che ci offre, con gli strumenti di oggi, questa possibilita'"." Anche se avviene in questa forma - continua il Papa - il nostro non e' un semplice osservare, ma e' un venerare, e' uno sguardo di preghiera". "Direi di piu': e' - scandisce Francesco - un lasciarsi guardare". "Questo Volto - infatti - ha gli occhi chiusi, e' il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come e' possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perche' l'Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesu' di Nazaret. Questa immagine, impressa nel telo, parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell'amore". "Lasciamoci dunque raggiungere - suggerisce Papa Francesco - da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo cio' che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l'Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l'Amore misericordioso di Dio che ha preso su di se' tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio".
"Questo Volto sfigurato - osserva Francesco - assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignita', da guerre e violenze che colpiscono i piu' deboli. Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maesta'. E' come se lasciasse trasparire un'energia contenuta ma potente, e' come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell'amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto". "Per questo - conclude infine - contemplando l'Uomo della Sindone, faccio mia, in questo momento, la preghiera che san Francesco d'Assisi pronuncio' davanti al Crocifisso: 'Altissimo e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. E dammi fede retta, speranza certa, carita' perfetta, senno e conoscimento, Signore, che faccia il tuo santo e verace comandamento. Amen'".

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SINDONE: RELIQUIA O ICONA? LA CHIESA HA SOSPESO IL GIUDIZIO


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 30 mar.

"Insigne reliquia legata al mistero della nostra Redenzione". 
Cosi' Giovanni Paolo II defini' la Sindone domenica 13 Aprile 1980, nella sua visita a Torino, "citta' - ripete' in un successivo discorso - che custodisce una reliquia insolita e misteriosa come la sacra Sindone, singolarissimo testimone, se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati, della Pasqua: della passione, della morte e della Risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente!".
Una "straordinaria Icona del Sabato Santo" la defini' invece Benedetto XVI il 2 maggio 2010, in visita a Torino in occasione dell'ostensione. Ma come oggi Papa Francesco l'uso della parola Icona non negava - nelle parole di Joseph Ratzinger la possibile origine non umana dell'immagine. "La Sindone - disse infatti il Papa oggi Emerito - e' un'Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. Limmagine impressa sulla Sindone e' quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quellacqua parlano di vita. E' come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo", quando "e' successo l'impensabile: che cioe' l'Amore e' penetrato 'negli inferi'"; e cosi' "anche nel buio estremo della solitudine umana piu' assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori".
Del resto, come ammise, prima di morire, l'allora arcivescovo di Torino e custode della Sindone, cardinale Anastasio Ballestrero, fu costellata di errori, forse non involontari, l'intera complessa vicenda della datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, che come e' noto ha dato come risultato, con un'asserita attendibilita' del 95 per cento, l'intervallo di tempo compreso tra il 1295 e il 1360 per l'eta' della Sindone. In un'intervista pubblicata il 5 settembre 1997 dal quotidiano tedesco "Die Welt", Ballestrero affermo' infatti: "A mio avviso, la Santa Sindone di Torino e' autentica. Le analisi al radiocarbonio, che la facevano risalire al Medioevo, sembra siano state realizzate senza le cure dovute". Il riferimento del cardinale carmelitano era ad una serie di inadempienze - emerse successivamente - rispetto ai protocolli scientifici fissati dai 4 laboratori scientifici insieme alla Pontificia Accademia delle Scienze (guidata all'epoca dal professor Chagas e monsignor Dardozzi) e il British Museum di Londra (ad esempio si scopri' che di fatto i campioni erano identificabili e di quelli di 'controllo' forniti dal British era nota la datazione ai ricercatori) ma soprattutto alla non trascurabile contaminazione chimica e biologica della piccola porzione di tessuto sindonico prelevata per l'occasione, da un punto particolarmente segnato dall'incendio del 4 dicembre 1532 che aveva bruciato in piu' punti il lenzuolodel lenzuolo poi donato da Casa Savoia alla Santa Sede.
La Sindone, scrisse il giornalista e sindonologo Orazio Petrosillo, "era piegata infatti in 48 strati e cosi' si produssero altrettante bruciature simmetriche rispetto alle linee di piegatura longitudinali e trasversali, alterando irreparabilmente il livello del carbonio". "Dovemmo fronteggiare la sfida di molti che insistevano affinche' noi rifiutassimo le analisi, e in questo modo poter affermare che la Chiesa teme la scienza", spiego' lo scienziato Luigi Gonella, allora consulente scientifico della Curia di Torino, cioe' del custode, che defini "un vero e proprio ricatto" quello subito dal cardinale Ballestrero e da Papa Wojtyla perche' accettassero di autorizzare l'analisi. "O noi accettavamo la prova del C14 secondo le condizioni imposte dai laboratori, oppure sarebbe scattata una campagna di accusa contro la Chiesa timorosa della verita' e nemica della scienza", sottolineo' Gonella, per il quale erano "anche state fatte delle pressioni illecite a Roma affinche' Torino accettasse le loro condizioni". Il prelievo dei campioni venne operato il 21 aprile 1988 nella sacrestia del Duomo di Torino da Franco Testore, docente di tecnologia dei tessuti presso il Politecnico di Torino, e Giovanni Riggi di Numana, produttore di apparecchiature per biologia. Il primo effettuo' le operazioni di pesatura, mentre il secondo esegui' materialmente il taglio. Ma mentre il protocollo prevedeva il taglio di un campione di circa 10x70 mm, su proposta di Testore si decise invece sul momento di prelevare un campione di dimensione circa doppia e di conservarne meta' in un contenitore sigillato, in modo da far fronte ad eventuali successive richieste di tessuto.
Venne quindi tagliato un lembo di tessuto di circa 81x21 mm, dal quale venne quindi scartata una striscia spessa circa 5 mm, in quanto conteneva fili colorati di incerta provenienza. Contestualmente vennero divisi anche i tre campioni di controllo (uno in piu' di quanto originariamente previsto), ovvero: un frammento di tessuto proveniente da una sepoltura nubiana, scoperto nel 1964 e datato intorno al 1100 dopo Cristo; un pezzo del bendaggio di una mummia egiziana del II secolo dopo Cristo; alcuni fili prelevati dal mantello di san Luigi d'Angio', conservato nella basilica di Saint Maximin, a Var, in Francia, datato tra il 1290 e il 1310. Quindi vennero scelti 2 campioni di epoca medioevale e solo 1 del primo secolo (sarebbe stato piu' logico fossero almeno due). I tre pezzi della Sindone e i sei ricavati dai primi due campioni di controllo furono quindi inseriti in 9 cilindri metallici numerati, senza alcuna indicazione del loro contenuto per poter cosi' procedere al blind test. Pero' i pezzi del terzo campione di controllo (mantello di san Luigi d'Angio') invece furono consegnati senza essere chiusi in cilindri. Ed inoltre l'eta' dei campioni di controllo, che avrebbe dovuto essere ignota, fu pubblicata dall'Osservatore Romano il 2 maggio ed era stata gia' dichiarata nei documenti doganali. Secondo il protocollo i laboratori avrebbero dovuto lavorare contemporaneamente e senza scambiarsi informazioni, ma - come emerse in seguito - i direttori dei tre laboratori si erano incontrati segretamente in Svizzera. E addirittura l'8 maggio la BBC entro' nel laboratorio di Zurigo per filmare l'apertura dei cilindri, e per l'ennesima volta vennero dichiarate le eta' dei campioni. Presente alla ripresa il pastore protestante David Sox, che da tempo sosteneva che la Sindone era un falso e che poi pubblico' il libro "La Sindone smascherata" contemporaneamente all'annuncio sui risultati, che evidentenemente gli erano stati anticipati. Brucio' addirittura l'annuncio di Ballestrero il quotidiano inglese Evening Standard annuncio' la datazione del lenzuolo attorno al 1350. Il giorno dopo, ed in seguito il 23 settembre Gonella, intervistato dal quotidiano italiano La Stampa, denuncio' le gravi violazioni al protocollo. Un altro episodio inquietante fu, il 4 giugno 1989, il suicidio, in circostanze misteriosedi Timothy W. Linick, quarantaduenne ricercatore dell'Universita' dell'Arizona, uno dei firmatari dell'articolo di Nature del febbraio 1989, scrupoloso studioso del metodo dello spettrometro di massa. Infine, alcuni sindonologi come padre Bruno Bonnet-Eymard, Ernesto Brunati e altri, sulla base delle incongruenze nella statistica delle misure e di alcune contraddizioni nei resoconti pubblicati e nelle dichiarazioni rese, hanno sostenuto che gli autori dell'esame ne abbiano falsificato i risultati sostituendo i campioni prelevati dalla Sindone con altri frammenti di tessuto di origine medievale. 

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Il Sabato santo nella tradizione bizantina (Nin)


Il Sabato santo nella tradizione bizantina 

Vita, non ti attardare tra i morti

di Manuel Nin

L'ufficiatura del Sabato santo nella tradizione bizantina, oltre ai salmi, ai tropari e alle odi, comprende due parti che diventano in qualche modo il centro di questa ufficiatura: il canto degli enkòmia, la venerazione della tomba di Cristo, e la processione dell'epitàfios, l'icona su telo con l'immagine del Cristo morto calato dalla croce. Gli enkòmia sono l'elogio funebre di Gesù formato da 176 strofe divise in tre parti. È un testo poetico composto tra il XII e il XIV secolo e del quale non si conosce l'autore, benché i temi principali risalgano a san Gregorio di Nazianzo e a Romano il Melodo. Durante il canto del vespro l'epitàfios viene solennemente portato dal santuario al tàfos, la tomba che raffigura il santo sepolcro e che viene adornata abbondantemente con fiori e profumi; alla fine del mattutino, dopo la processione, l'epitàfios verrà di nuovo portato sull'altare dove rimarrà fino alla vigilia dell'Ascensione.
Il canto degli enkòmia viene fatto di fronte al tàfos. Le strofe sono cantate da due cori e intrecciate con il salmo 118; il poema sgrana lentamente, mettendo in scena diversi personaggi, tutti i misteri che sono avvenuti, specialmente la sepoltura di Gesù e la sua discesa nell'ade, in un costante alternarsi di dolcezza e di amarezza, di lacrime e di attesa gioiosa della risurrezione. Il testo si sofferma sulla storia della salvezza celebrata dal Venerdì santo alla domenica di Pasqua, dalla croce alla risurrezione.
Diverse strofe, quasi con stupore, cantano il contrasto tra vita e morte, perché colui che è e dà la vita è anche colui che giace morto: "O Cristo, tu che sei la vita sei stato deposto in una tomba: le schiere angeliche piene di stupore davano gloria alla tua condiscendenza. O vita, come muori? Come dimori in una tomba, mentre distruggi il regno della morte e risusciti dall'ade i defunti? Colui che è splendente di bellezza al di sopra di tutti i mortali, appare come un morto sfigurato, lui che fa bella la natura dell'universo. O vita, quale prodigio, tu sei nella morte! E come la morte è distrutta dalla morte? E come da un morto scaturisce la vita?".
Il canto propone l'immagine quasi opposta di Cristo creatore e di Cristo chiuso in una tomba, l'infinità del cielo e la limitatezza di una tomba: "Tu che hai fissato le misure della terra, o Gesù, re dell'universo, abiti oggi in una piccola tomba, per far risorgere i morti dai sepolcri. Anche la moltitudine delle schiere intelligibili accorre con Giuseppe e Nicodemo, per rinchiudere in un piccolo sepolcro te, che nulla può contenere. Tu che nel principio, col solo tuo cenno hai fissato l'orbita terrestre, come uomo mortale scendi sotto terra esanime: fremi, o cielo, a questa vista! Tremò il sole vedendo te, luce invisibile, nascosto in un sepolcro, senza respiro, o Cristo mio, e oscurò la sua luce. È stato innalzato sulla croce colui che ha sospeso la terra sulle acque, ed ora, esanime, è sepolto sotto la terra, che non lo può sostenere e terribilmente si scuote".
La discesa nell'ade è in vista della ricerca e della redenzione di Adamo: "Sulla terra sei disceso per salvare Adamo, e non avendolo trovato sulla terra, o sovrano, sino all'ade sei disceso per cercarlo. Come morto, nella tomba, come Dio, col Padre, e nell'ade come sovrano del creato tu liberi i prigionieri dalla corruzione. Disceso sotto terra come un morto, per tuo volere, riconduci dalla terra alle realtà celesti quanti ne erano decaduti, o Gesù". Quindi la discesa di Cristo negli inferi per cercare e riportare Adamo nel paradiso permette di presentare il Signore: "Apparso nella carne come nuovo Adamo, o salvatore, con la tua morte riporti alla vita Adamo, un tempo per invidia messo a morte. Tu che un tempo, prendendo una costola da Adamo, ne plasmasti Eva, sei stato trafitto al fianco e ne hai fatto sgorgare torrenti di purificazione".
Un ruolo particolare è svolto nel poema dalla Madre di Dio; il suo lamento nel dolore si mescola al suo canto pieno di speranza. La voce di Maria diventa anche voce della Chiesa che piange la morte del figlio e allo stesso tempo professa la sua fede in colui che è la vita: "Su di te, o Gesù, la pura effondeva gemiti e lacrime di madre, ed esclamava: Come potrò seppellirti, o figlio? Ahimè, luce del mondo, ahimè, mia luce, Gesù mio amatissimo! gridava la Vergine con gemito penoso. O Dio e Verbo, o gioia mia! Come sopporterò la tua sepoltura di tre giorni? Sono straziate le mie viscere materne! Chi mi darà pioggia e fonti di lacrime per piangere il mio dolce Gesù? gridava la Vergine sposa di Dio. Ohimè, la spada crudele della tua uccisione, trapassa il mio cuore, o figlio che non hai principio, nuovissimo mistero! Quando ti vedrò, o salvatore, luce intemporale, gioia e diletto del mio cuore? esclamava la Vergine gemendo".
Il pianto di Maria viene fortemente sottolineato dal poema, un pianto però segnato dalla speranza nella risurrezione, come se Maria, la Chiesa stessa volessero spingere il Figlio a risorgere: "Piangeva amaramente la tua Madre immacolata, o Verbo, vedendo nella tomba te, eterno Dio ineffabile. Vedendo la tua morte, o Cristo mio, la tua purissima Madre gridava a te amaramente: Non ti attardare, o vita, tra i morti!". La passione del Figlio diventa quasi sofferenza del parto; diversi tropari durante la quaresima parlano per Maria del suo parto senza dolore, quasi a sottolineare che per lei le doglie avvengono ai piedi della croce del Figlio: "Sola tra le donne, senza doglie ti ho partorito, o figlio, ma ora per la tua passione soffro insostenibili doglie. Così la venerabile gridava".
Diverse volte nel testo le immagini, intrecciando la voce della Madre e quella del Figlio, arrivano a una tenerezza veramente toccante: "Vedendoti morto, colei che ti ha partorito, o Verbo, come madre faceva lamento. Gridava la Vergine, piangendo a calde lacrime, col cuore trafitto: O mia dolce primavera, dolcissimo figlio mio, dove è tramontata la tua bellezza? O luce degli occhi miei, dolcissimo figlio mio, come può ora coprirti una tomba? Per liberare Adamo ed Eva io soffro tutto questo: non piangere, Madre. Do gloria, figlio mio, alla tua somma compassione: per essa tu soffri tutto questo".
In questa celebrazione del Sabato santo, il popolo diventa il vero celebrante attorno all'epitàfios, incarnando veramente i diversi personaggi del poema, assumendo il dolore, il pianto, la gioia. Così il sepolcro del Signore diventa il centro della Chiesa e il centro dell'universo, come sottolinea un versetto: "Tutte le generazioni, o Cristo mio, offrono un canto alla tua sepoltura".

(©L'Osservatore Romano 31 marzo 2013)

Vaticano: non hanno fondamento le notizie circa la volontà di Benedetto XVI di trasferirsi in Germania (Izzo)

VATICANO: NON HA FONDAMENTO NOTIZIA SU RATZINGER IN GERMANIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar. - Non hanno fondamento le notizie circa la volonta' del Papa Emerito Benedetto XVI di trasferirsi in Germania. Lo fa sapere la Sala Stampa della Santa Sede in risposta a domande dei giornalisti. Papa Ratzinger rientrera' in Vaticano all'inizio di maggio, non appena cioe' saranno conclusi i lavori di ristrutturazione del piccolo monastero "Ecclesia Mater", dove sara' alloggiato con le "Memores Domini" che lo assistono. (AGI)

I Papi e la Sacra Sindone. Rileggiamo i testi

Cari amici, ieri abbiamo letto la splendida meditazione che Benedetto XVI tenne nel Duomo di Torino in occasione dell'Ostensione del 2010. Clicca qui per rileggere il testo.
Oggi abbiamo letto ed ascoltato le parole di Papa Francesco.
Vi propongo la lettura delle parole di Paolo VI in occasione dell'ostensione televisiva del 1973 e quella delle meditazioni di Giovanni Paolo II del 1980 e del 1998.

Benedetto XVI: "L’atto di amore della Croce viene confermato dal Padre e la luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma: dal tradimento può nascere l’amicizia; dal rinnegamento, il perdono; dall’odio, l’amore"

Rileggiamo le parole che Benedetto XVI pronunciò il 2 aprile 2010 al termine della Via Crucis:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e Sorelle,

in preghiera, con animo raccolto e commosso, abbiamo percorso questa sera il cammino della Croce. Con Gesù siamo saliti al Calvario e abbiamo meditato sulla sua sofferenza, riscoprendo quanto profondo sia l’amore che Egli ha avuto e ha per noi. Ma in questo momento non vogliamo limitarci ad una compassione dettata solo dal nostro debole sentimento; vogliamo piuttosto sentirci partecipi della sofferenza di Gesù, vogliamo accompagnare il nostro Maestro condividendo la sua Passione nella nostra vita, nella vita della Chiesa, per la vita del mondo, poiché sappiamo che proprio nella Croce del Signore, nell’amore senza limiti, che dona tutto se stesso, sta la sorgente della grazia, della liberazione, della pace, della salvezza.
I testi, le meditazioni e le preghiere della Via Crucis ci hanno aiutato a guardare a questo mistero della Passione per apprendere l’immensa lezione di amore che Dio ci ha dato sulla Croce, perché nasca in noi un rinnovato desiderio di convertire il nostro cuore, vivendo ogni giorno lo stesso amore, l’unica forza capace di cambiare il mondo.
Questa sera abbiamo contemplato Gesù nel suo volto pieno di dolore, deriso, oltraggiato, sfigurato dal peccato dell’uomo; domani notte lo contempleremo nel suo volto pieno di gioia, raggiante e luminoso. Da quando Gesù è sceso nel sepolcro, la tomba e la morte non sono più luogo senza speranza, dove la storia si chiude nel fallimento più totale, dove l’uomo tocca il limite estremo della sua impotenza. Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande, quella maturata sulla Croce, mentre Gesù muore, mentre esala l’ultimo respiro, gridando a gran voce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,36). Consegnando la sua esistenza "donata" nelle mani del Padre, Egli sa che la sua morte diventa sorgente di vita, come il seme nel terreno deve rompersi perché la pianta possa nascere: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Gesù è il chicco di grano che cade nella terra, si spezza, si rompe, muore e per questo può portare frutto. Dal giorno in cui Cristo vi è stato innalzato, la Croce, che appare come il segno dell’abbandono, della solitudine, del fallimento è diventata un nuovo inizio: dalla profondità della morte si innalza la promessa della vita eterna. Sulla Croce brilla già lo splendore vittorioso dell’alba del giorno di Pasqua.
Nel silenzio di questa notte, nel silenzio che avvolge il Sabato Santo, toccati dall’amore sconfinato di Dio, viviamo nell’attesa dell’alba del terzo giorno, l’alba della vittoria dell’Amore di Dio, l’alba della luce che permette agli occhi del cuore di vedere in modo nuovo la vita, le difficoltà, la sofferenza. 
I nostri insuccessi, le nostre delusioni, le nostre amarezze, che sembrano segnare il crollo di tutto, sono illuminati dalla speranza. L’atto di amore della Croce viene confermato dal Padre e la luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma: dal tradimento può nascere l’amicizia; dal rinnegamento, il perdono; dall’odio, l’amore.
Donaci, Signore, di portare con amore la nostra croce, le nostre croci quotidiane, nella certezza che esse sono illuminate dal fulgore della tua Pasqua. Amen.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

Videomessaggio di Papa Francesco per l'ostensione televisiva della Sindone



VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN OCCASIONE DELL’OSTENSIONE STRAORDINARIA DELLA SINDONE DI TORINO

Nel pomeriggio di oggi, Sabato Santo, viene effettuata nella Cattedrale di Torino un’ostensione straordinaria della Sindone, trasmessa da RaiUno in mondovisione dalle ore 17.15 alle ore 18.40. L’iniziativa si colloca nell’ambito dell’Anno della fede indetto dal Santo Padre Benedetto XVI.
Per l’occasione, Papa Francesco ha registrato un video-messaggio, il cui testo pubblichiamo di seguito:

Cari fratelli e sorelle,

mi pongo anch'io con voi davanti alla sacra Sindone, e ringrazio il Signore che ci offre, con gli strumenti di oggi, questa possibilità.
Anche se avviene in questa forma, il nostro non è un semplice osservare, ma è un venerare, è uno sguardo di preghiera. Direi di più: è un lasciarsi guardare. Questo Volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché l'Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazaret. Questa immagine -- impressa nel telo -- parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell'amore.
Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l'Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l'Amore misericordioso di Dio che ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio. Questo Volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli...
Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maestà. È come se lasciasse trasparire un'energia contenuta ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell'amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto.
Per questo, contemplando l'Uomo della Sindone, faccio mia, in questo momento, la preghiera che san Francesco d'Assisi pronunciò davanti al Crocifisso:

Altissimo e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
E dammi fede retta, speranza
certa, carità perfetta,
senno e conoscimento, Signore,
che faccia il tuo santo
e verace comandamento. Amen.

Bollettino Ufficiale Santa Sede

Papa Francesco: dialogo con islam segno di pace. Il ricordo della visita di Benedetto in Libano (Izzo)


PAPA: DIALOGO CON ISLAM SEGNO PACE; RICORDA BENEDETTO IN LIBANO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 29 mar. 

"Quando il Papa Benedetto e' andato in Libano: abbiamo visto la bellezza e la forza della comunione dei cristiani di quella Terra e dell’amicizia di tanti fratelli musulmani e di molti altri. 
E' stato  un segno per il Medio Oriente e per il mondo intero: un segno di speranza". 
Papa Francesco, da sempre vicino ai cristiani delle chiese orientali (e' stato per 20 anni il loro ordinario in Argentina) ha voluto rendere omaggio ai cristiani della Terra Santa, della Siria, dell'Iraq al termine termine della Via Crucis le cui meditazioni sono state preparate da alcuni giovani di Beirut: Gioia, Carlos e Marielle, con il Patriarca maronita Bechara Rai. 
"Questa sera - ha detto - abbiamo sentito la testimonianza dei nostri fratelli del Libano: sono loro che hanno composto queste belle meditazioni e preghiere. Li ringraziamo di cuore per questo servizio e soprattutto per la testimonianza che ci danno".  Nelle meditazioni sono state ricordate le donne del Medio oriente e dell'Asia "violentate dalle discriminazioni, dall'ingiustizia e dalla sofferenza" e  i "figli delle Chiese orientali" spogliati e indeboliti "da varie difficolta'", come la persecuzione e l'emigrazione, per i quali viene invocato "il coraggio di restare nei loro Paesi e comunicare la Buona Novella".
"I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di se' la croce, come Gesu", ha commentato il Pontefice. "In questa notte - ha sottolineato - deve rimanere una sola parola, che e' la Croce stessa. La Croce di Gesu' e' la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo". 
"A volte - ha osservato Bergoglio - ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio", ma "in realta' Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che e' amore, misericordia, perdono" ma anche giudizio: "Dio ci giudica amandoci". "Se accolgo il suo amore - ha spiegato il Papa - sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva". E dunque, "la parola della Croce e' anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi". "Allora - ha concluso il Pontefice esortando i fedeli - continuiamo questa Via Crucis nella vita di tutti i giorni. Camminiamo insieme sulla via della Croce, camminiamo portando nel cuore questa Parola di amore e di perdono.
Camminiamo aspettando la Risurrezione di Gesu'!".
Nel pomeriggio il Pontefice aveva ascoltato in Sam Pietro le parole del predicatore della Casa Pontificia , il cappuccino Raniero Cantalamessa, che ha chiesto: la Chiesa non divenga mai un "castello complicato e ingombro", e "il messaggio possa uscire da essa libero e gioioso come quando inizio' la sua corsa". Sappiamo quali sono gli impedimenti che possono trattenere il messaggero: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l'eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti", ha detto il religioso citando le parole di Papa Bergoglio che spingono "verso le periferie esistenziali del peccato, del dolore, dell'ingiustizia, dell'ignoranza e dell'indifferenza religiosa, di ogni forma di miseria".  
Nell'omelia della celebrazione del Venerdi' Santo, il cappuccino ha paragonato la Chiesa di oggi a "certi edifici antichi che nel corso dei secoli, per adattarsi alle esigenze del momento, si sono riempiti di tramezzi, di scalinate, di stanze e stanzette". "Arriva il momento - ha spiegato - quando ci si accorge che tutti questi adattamenti non rispondono piu' alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo". 

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Il Papa riesce a riformare solo quando mette tutti di fronte al fatto compiuto. L'esempio di Ratzinger e Roncalli (Accattoli)

Clicca qui per leggere l'articolo.
Concordo con Accattoli: Benedetto ha stupito il mondo quando ha agito senza consultarsi con altri. Pensiamo alla lettera ai vescovi dopo la revoca della scomunica ai Lefebvriani, agli incontri con le vittime di abusi, all'annuncio della sua prima enciclica, ai libri su Gesu', ai tanti "motu proprio", alle tante lettere inviate a vari interlocutori...
La rinuncia e' solo l'ultimo atto di una vita vissuta secondo liberta' e coscienza perfettamente integrate nella fede in Cristo.
La cosa importante pero' e' che il Papa sia, in coscienza, consapevole delle proprie decisioni e degli effetti che possono provocare.

Santa Sede: senza fondamento la notizia del ritorno di Benedetto XVI in Germania

Ratzinger: "Senza fondamento notizia del suo ritorno in Germania"

"La notizia non ha nessun fondamento". Con queste parole il vice direttore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, ha smentito oggi la notizia di stampa sul possibile ritorno, in un prossimo futuro, di Benedetto XVI in Germania, lasciando l'ex monastero di clausura in Vaticano dove il Papa emerito si trasferirà tra breve da Castel Gandolfo. (Ansa)

Si resta basiti di fronte alla celerita' della sala stampa...ah...fosse stato cosi' anche in passato :-)
Comunque prendiamo atto con piacere della smentita. Di conseguenza l'articolo di Ansaldo non verra' segnalato sul blog. A chi giova pero' mettere in giro certe voci? La risposta mi pare piu' che ovvia...
Chi si e' opposto a Benedetto in questi anni e' ancora in azione e mi aspetto una decisa azione di pulizia.
R.

Proprio al Colosseo iniziò nel 2005 la lotta di Ratzinger al «marciume» nella Chiesa. Bergoglio raccoglie il testimone (Galeazzi)


IL PONTEFICE: LA CROCE È LA RISPOSTA DI DIO AL MALE

Il Papa: no al potere al servizio dei più forti

In migliaia alla prima Via Crucis di Francesco che denuncia i “Pilato della politica”

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

L’umiltà contro la mondanità secondo una teologia che mette al centro Cristo e parla al cuore dei fedeli. Le fiaccole illuminano il Colosseo e il suggestivo calore della devozione diventa condivisione di popolo quando la denuncia raggiunge i Pilato della politica. 
Il Papa emerito progetta di tornare in Germania per ritirarsi in un convento, mentre il suo successore prosegue la «purificazione» della Chiesa. 
La prima «Via Crucis» di Francesco è un inno alla conversione. «In questa notte deve rimanere una sola parola che è la croce stessa predica Bergoglio davanti a una folla piombata d’improvviso in un silenzio surreale -. 
La croce di Gesù è la parola con cui Dio ha risposto al male del mondo». A volte, riconosce il Pontefice, «ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio». In realtà Dio ha parlato, ha risposto con «l’amore, la misericordia, il perdono». Ed è anche un giudizio: «Dio ci giudica amandoci». Quindi, «se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, lui solo ama e salva». La croce è anche la risposta dei cristiani al male che «continua ad agire in noi e intorno a noi». I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la croce. L’ingiusta condanna inflitta a Gesù fa emergere in filigrana quei molti Pilato che «tengono nelle mani le leve del potere e ne fanno uso al servizio dei più forti», scandiscono le meditazioni elaborate per il venerdì santo. Mentre al peso della Croce che piega le spalle di Gesù si aggiunge quello del mondo che piega le sue spalle sotto il «laicismo cieco», che vuole soffocare la fede e la morale, o il «fondamentalismo violento che prende a pretesto la difesa dei valori religiosi». Un’ intensa preghiera che abbraccia singole categorie di persone, come le donne e la loro dignità spesso violata, o i giovani vittime di felicità «artificiali». Francesco è sulla terrazza del Palatino dove la croce arriva nella 14° stazione. Le torce accanto sono tenute da due giovani della diocesi di Roma e da due giovani libanesi, mentre la croce è portata, oltre che dal vicario Vallini, da due seminaristi cinesi, da due frati francescani della Custodia di Terra Santa, da due religiose dell’Africa e da due suore del Libano, da due giovani del Brasile, da due famiglie provenienti dall’Italia e dall’India e da un malato. Dopo anni i titoli delle stazioni sono recitati solo in italiano. Intanto in Brasile il teologo della liberazione Leonardo Boff elogia Francesco per la riforma dal basso, la centralità dei poveri e la difesa del Creato. Davanti al Papa il predicatore della casa pontificia, Cantalamessa sferza una Curia in cui il Vangelo rischia di essere imprigionato. La Chiesa non divenga mai un «castello complicato e ingombro», e «il messaggio possa uscire da essa libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa». Con una lunga e intensa telefonata Francesco ha rivolto gli auguri di Pasqua a Benedetto XVI. Proprio al Colosseo iniziò nel 2005 la sua lotta al «marciume» nella Chiesa. Bergoglio raccoglie il testimone e si appresta a riformare la Chiesa: a cominciare dai dicasteri vaticani e dalla conferenze episcopali. Nulla sarà più come prima. Vatileaks, scandali Ior e lotte di potere non si ripeteranno all’ombra del Cupolone.

© Copyright La Stampa, 30 marzo 2013

Badde ci spiega il rapporto strettissimo fra Benedetto e Francesco

Clicca qui per leggere l'articolo.
Badde ci spiega anche come mai Papa Francesco abbia difficolta' a piegare le ginocchia. Rispettiamo la sua eta' e comprendiamo le difficolta'. 
Anzi, diciamo una preghiera.
La lettura dell'articolo di Ansaldo (una sintesi qui) mi aveva molto preoccupata, ma Badde dice esattamente l'opposto ed io non ho alcuna difficolta' a scegliere da che parte stare considerati anche i precedenti...

La Via Crucis ha simboleggiato nel migliore dei modi l’ideale passaggio di testimone tra Benedetto XVI e Francesco (Rusconi)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

VIA CRUCIS AL COLOSSEO: LA CONTINUITA’ DI UN MAGNIFICAT DOLENTE E POSSENTE 

di GIUSEPPE RUSCONI 

www.rossoporpora.org – 29 marzo 2013

E’ stata, quella di quest’anno al Colosseo, una Via Crucis particolarmente intensa e significativa. Intensa per i contenuti offerti alla mente e al cuore della gran folla presente e di quella immensa collegata via tv, radio, internet. Significativa perché ha simboleggiato nel migliore dei modi l’ideale trapasso di testimone tra Benedetto XVI e Francesco.
L’idea di affidare la redazione del testo delle meditazioni ad un gruppo di giovani libanesi - sotto la guida del patriarca maronita Béchara Boutros Raï – è nata infatti nel settembre scorso, durante il riuscitissimo viaggio apostolico di papa Ratzinger nel Paese dei Cedri. L’ha ricordato anche papa Francesco nel breve discorso conclusivo della Via Crucis, ringraziando i “nostri fratelli del Libano”, che “hanno composto queste belle meditazioni e preghiere” per “la testimonianza che ci danno”: una testimonianza che “abbiamo visto quando papa Benedetto è andato in Libano: abbiamo visto la bellezza e la forza della comunione dei cristiani di quella terra e dell’amicizia di tanti fratelli musulmani e di molti altri”. Un vero e proprio “segno per il Medio Oriente e per il mondo intero: un segno di speranza”.
E’ stata dunque un’occasione di continuità legata a precise circostanze storiche. Non solo: la continuità è emersa anche dai contenuti delle meditazioni, che hanno evidenziato temi molto cari a Benedetto XVI e certo condivisi da Francesco. 
Con parole semplici e nel contempo grandiose nella loro forza di verità, i giovani libanesi hanno denunciato i “Pilato” del mondo contemporaneo, che “fanno uso del loro potere al servizio dei più forti” e hanno stimolato alla conversione soprattutto “coloro che, deboli e vili davanti a queste correnti di potere, impegnano la loro autorità al servizio dell’ingiustizia e calpestano la dignità dell’uomo e il suo diritto alla vita”. La conseguenza è che “anche oggi il mondo si piega sotto realtà che cercano di espellere Dio dalla vita dell’uomo, come il laicismo cieco che soffoca i valori della fede e della morale in nome di una presunta difesa dell’uomo; o il fondamentalismo violento che prende a pretesto la difesa dei valori religiosi”. Ancora: “Non permettere, Signore Gesù, che la ragione umana, che tu hai creato per te, si accontenti delle verità parziali della scienza e della tecnologia senza cercare di porre le domande fondamentali del senso e dell’esistenza”. Perciò “preghiamo perché tutti coloro che promuovono l’aborto prendano coscienza che l’amore non può essere che sorgente di vita”; e “pensiamo anche ai difensori dell’eutanasia e a coloro che incoraggiano tecniche e procedimenti che mettono in pericolo la vita umana”.
Non sono mancati contenuti relativi alla famiglia, anche questi drammaticamente attuali: “Signore Gesù, nelle nostre famiglie proviamo anche noi le sofferenze causate ai figli dai loro genitori e ai genitori dai loro figli. Signore, fa’ che in questi tempi difficili le nostre famiglie siano luoghi della tua presenza, affinché le nostre sofferenze si tramutino in gioia”. Legata anche a tante di queste situazioni la condizione di non pochi giovani: “Noi ti preghiamo per tutti i giovani che sono oppressi dalla disperazione, per i giovani vittime della droga, delle sette e delle perversioni. Liberali dalla loro schiavitù”. Nelle meditazioni anche un richiamo doloroso alle donne che soffrono: “Madri afflitte, donne ferite nella loro dignità, violentate dalle discriminazioni, dall’ingiustizia e dalla sofferenza”. Un pensiero che sconvolge, ma pervaso di speranza, anche ai malati nel fisico e nello spirito: “La malattia può inchiodare alla sedia, ma non impedire di sognare; oscurare lo sguardo, ma non colpire la coscienza; rendere sorde le orecchie, ma non impedire di ascoltare; legare la lingua, ma non sopprimere la sete di verità; appesantire l’anima, ma non derubare della libertà”.
Grande continuità di contenuti per quanto riguarda le divisioni tra i cristiani: “La Chiesa è oppressa sotto la croce delle divisioni che allontana i cristiani gli uni dagli altri e dall’unità che tu, Signore Gesù, hai voluto per loro. (…) Questa croce grava con tutto il suo peso sulla loro vita e sulla loro comune testimonianza”. Perciò “concedici, Signore, la saggezza e l’umiltà, per rialzarci e avanzare sulla via dell’unità, nella verità e nell’amore, senza soccombere alla tentazione del ricorso ai soli criteri degli interessi personali o settari, davanti alle divisioni nelle quali ci imbattiamo”. In relazione al dialogo interreligioso, poi, tra le tante nostre situazioni che sembrano senza via d’uscita” quelle “derivanti dai pregiudizi e dall’odio, che induriscono i nostri cuori e conducono ai conflitti religiosi”. Allora, “Signore Gesù, illumina le nostre coscienze affinché riconoscano, nonostante le divergenze umane e religiose, che un raggio di verità illumina tutti gli uomini, chiamati a camminare insieme – nel rispetto della libertà religiosa – verso la verità che è in Dio solo”.
La situazione mediorientale, richiamata più volte, non poteva non avere un posto privilegiato in questa Via Crucis. E’ così che nelle meditazioni si chiede alla Spirito Santo di “consolare e fortificare i cristiani, in particolare quelli del Medio Oriente, affinché uniti a Cristo siano, su una terra lacerata dall’ingiustizia e dai conflitti, i testimoni del suo amore universale”. Essi, “i figli delle Chiese orientali – spogliati da varie difficoltà, a volte perfino dalla persecuzione e indeboliti dall’emigrazione”, ricevano “il coraggio di restare nei loro Paesi per annunciare la Buona Novella”.
Le meditazioni, quest’anno una sorta di vero e proprio Magnificat dolente e possente, si sono concluse con un passo che indica un obiettivo fondamentale, che fa tremare le vene e i polsi, per tutti: “Abbiamo ricevuto la libertà di figli di Dio per non ritornare alla schiavitù; la vita ci è stata data in abbondanza, per non accontentarci più di una vita priva di bellezza e di significato”.
Molto significativo anche l’elenco delle persone che hanno portato la Croce: ha incominciato e ha chiuso il cardinale Vicario Agostino Vallini. In mezzo due famiglie, una italiana e una indiana (dove l’accento va su ‘famiglie’, ma anche sull’accostamento tra Italia e India in un momento in cui dall’attualità emerge il caso dei due marò), una disabile, un barelliere e due sorelle dell’Unitalsi, i due giovani cinesi Giuseppe e Pietro, i due frati di Terrasanta (un italiano e un siriano), due suore nigeriane e due libanesi, due giovani brasiliani per ricordare la prossima GMG di Rio de Janeiro.


www.rossoporpora.org – 29 marzo 2013