venerdì 25 gennaio 2013

Il Vangelo nella nuova agorà. Il documento presentato nella Sala Stampa della Santa Sede (O.R.)

Il documento presentato nella Sala Stampa della Santa Sede

Il Vangelo nella nuova agorà


«Evidentemente la presenza del Papa nel mondo di twitter dà fastidio a qualcuno. Ed è vero che nei primi giorni c'è stato un continuo succedersi di tentativi per convincerlo a uscirne» ha ammesso monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, presentando giovedì mattina, 24 gennaio, nella Sala Stampa della Santa Sede, il messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. «Ma è un'idea -- ha subito precisato l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero -- che non ha mai lontanamente sfiorato il pensiero di Benedetto XVI, il quale anzi si è rafforzato nel suo convincimento di dover restare in questa agorà, sicuro che anche una goccia di rugiada può aiutare a scalfire la desertificazione dell'anima». Del resto «Gesù -- ha aggiunto -- è stato offeso e dileggiato persino sulla croce, quando gli è stato chiesto di scendere per essere creduto. Gesù non è sceso. È rimasto sulla croce».

Una digressione forse scontata quella con la quale si è conclusa la conferenza stampa per la presentazione del documento papale in vista della celebrazione, il 12 maggio prossimo, della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Scontata perché la scelta naturale di frequentare «la piazza aperta della rete», fulcro della nuova cultura dei social network, è maturata nella consapevolezza di dover affrontare «un ambiente multiculturale -- come ha detto monsignor Celli nel rispondere alla domanda sulla presenza del Papa su twitter -- nel quale è possibile incontrare di tutto e di più. Ma è proprio per questo motivo che il Pontefice, il cui grande desiderio è stare in mezzo alla gente e proprio laddove essa vive, ha voluto e vuole continuare a frequentare questa nuova agorà e portare in essa la voce autentica del Vangelo».
E proprio sulla necessità, per i credenti, di proporsi come persone autentiche, dunque non virtuali, dedite alla verità, capaci di non farsi sommergere «dallo tsunami di notizie» -- così le ha definite monsignor Celli -- che si riversano minuto per minuto su quella stessa “piazza”, si incentra il messaggio di Benedetto XVI. Nel sottolinearne questa caratteristica l'arcivescovo ha fornito una serie di dati ricavati da un'indagine condotta nel 2012 dalla Georgetown University di Washington e da altri istituti di ricerca, per tratteggiare il volto di quella nuova umanità che popola il mondo del digitale, alla quale è sostanzialmente indirizzato il messaggio.
E dalla letteratura contemporanea americana il presule ha tratto anche ispirazione per porre una questione provocatoria, per la verità già rimbalzata anche in altri contesti culturali: «La rete ci rende stupidi?». Il riferimento è ad articoli e libri di un autore statunitense, il quale afferma che la rete, «se da un lato rende più rapido il lavoro e più stimolante il tempo libero», dall'altro «favorisce la riduzione delle nostre capacità di pensare in modo approfondito». La rete ci renderebbe superficiali, dato che ci porta a scorrere in forma frenetica fonti disparate per ricavarne dei dati.
La risposta è proprio nel messaggio, ha avvertito l'arcivescovo, che ra l'altro ha sottolineato «la valutazione positiva dei social media» da parte del Papa; anche se si tratta -- ha precisato -- di una valutazione «non ingenua». Sostanzialmente i nuovi mezzi di comunicazione sono visti come «opportunità di dialogo e di dibattito, e con la riconosciuta capacità di rafforzare i legami di unità tra le persone». È chiaro però che questa positività esige che si agisca «nel rispetto della privacy con responsabilità e dedizione alla verità , e con autenticità», dato che non si condividono solo informazioni, ha ricordato l'arcivescovo, ma «si comunica una parte di noi stessi».
Altro rischio che si potrebbe correre è quello di considerare l'ambiente digitale come un mondo parallelo o puramente virtuale. Il Papa in questo senso è molto chiaro nel riconoscere che i social network fanno parte della realtà quotidiana di molte persone e anzi «nota che si tratta di un'opportunità particolare -- ha spiegato monsignor Taighe -- di rendere testimonianza della volontà di donare se stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto delle loro domande e dei loro dubbi, nel cammino di una ricerca della verità e del senso dell'esistenza umana». Per Benedetto XVI, ha concluso, l'emergere nelle reti sociali «del dialogo circa la fede e il credere conferma l'importanza e la rilevanza della religione nel dibattito pubblico e sociale».
Alla fine della conferenza stampa padre Federico Lombardi ha colto l'occasione per presentare il nuovo vice direttore della Sala Stampa, Angelo Scelzo. Spiegandone i compiti, ha detto che si tratta del primo passo per la realizzazione di un obiettivo comune tra Sala Stampa e Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, di unificare il sistema di accreditamento di giornalisti, fotoreporter e cine-operatori.

 (©L'Osservatore Romano 25 gennaio 2013)

1 commento:

Andrea ha detto...

L'importante è non avere il culto della "Rete" (internet): usarla come un mezzo e non renderle omaggio come a un fine (la "modernità" in quanto tale; lo spazio della "generazione digitale", e così via).

Questo è chiarissimo al Papa - molto meno a parecchi Suoi collaboratori.