lunedì 10 giugno 2013

Benedetto XVI: Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono "segno di contraddizione"

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO, NELLA BASILICA DI SAN BARTOLOMEO ALL’ISOLA TIBERINA, 07.04.2008 

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

questo nostro incontro nell’antica basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina possiamo considerarlo come un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX secolo, innumerevoli uomini e donne, noti e ignoti che, nell’arco del Novecento, hanno versato il loro sangue per il Signore. 

Un pellegrinaggio guidato dalla Parola di Dio che, come lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr Ps 119,105), rischiara con la sua luce la vita di ogni credente. Dal mio amato Predecessore Giovanni Paolo II questo tempio fu appositamente destinato ad essere luogo della memoria dei martiri del 900 e da lui affidato alla Comunità di Sant’Egidio, che quest’anno rende grazie al Signore per il quarantesimo anniversario dei suoi inizi. Saluto con affetto i Signori Cardinali e i Vescovi che hanno voluto partecipare a questa liturgia. Saluto il Prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto; saluto il Prof. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità, l’Assistente, Mons. Matteo Zuppi, nonché Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia.

In questo luogo carico di memorie ci chiediamo: perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni? 

In questa basilica, dove sono custodite le reliquie dell’apostolo Bartolomeo e dove si venerano le spoglie di S. Adalberto, sentiamo risuonare l’eloquente testimonianza di quanti, non soltanto lungo il 900, ma dagli inizi della Chiesa vivendo l’amore hanno offerto nel martirio la loro vita a Cristo. 

Nell’icona posta sull’altare maggiore, che rappresenta alcuni di questi testimoni della fede, campeggiano le parole dell’Apocalisse: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione" (Ap 7,13). 

Al vegliardo che chiede chi siano e donde vengano coloro che sono vestiti di bianco, viene risposto che sono quanti "hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" (Ap 7,14). E’ una risposta a prima vista strana. 

Ma nel linguaggio cifrato del Veggente di Patmos ciò contiene un riferimento preciso alla candida fiamma dell’amore, che ha spinto Cristo a versare il suo sangue per noi. In virtù di quel sangue, siamo stati purificati. Sorretti da quella fiamma anche i martiri hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore. Gesù ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13). 

Ogni testimone della fede vive questo amore "più grande" e, sull’esempio del divino Maestro, è pronto a sacrificare la vita per il Regno. In questo modo si diventa amici di Cristo; così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede.

Facendo sosta presso i sei altari, che ricordano i cristiani caduti sotto la violenza totalitaria del comunismo, del nazismo, quelli uccisi in America, in Asia e Oceania, in Spagna e Messico, in Africa, ripercorriamo idealmente molte dolorose vicende del secolo passato. Tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa: il loro sangue si è mescolato con quello di cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede. 

Altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli. Sono Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici. Sono tanti! Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella celebrazione ecumenica giubilare per i nuovi martiri, tenutasi il 7 maggio del 2000 presso il Colosseo, ebbe a dire che questi nostri fratelli e sorelle nella fede costituiscono come un grande affresco dell’umanità cristiana del ventesimo secolo, un affresco delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento di sangue. Ed era solito ripetere che la testimonianza di Cristo sino all’effusione del sangue parla con voce più forte delle divisioni del passato.

E’ vero: apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come sconfitti della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio

Afferma in proposito Tertulliano: "Plures efficimur quoties metimur a vobis: sanguis martyrum semen christianorum – Noi ci moltiplichiamo ogni volta che siamo mietuti da voi: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani" (Apol., 50,13: CCL 1,171). Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce: "Quando sono debole – esclama l’apostolo Paolo -, è allora che sono forte" (2 Cor 12,10). 

E’ la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte.

Anche questo XXI secolo si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono "segno di contraddizione". 

La convivenza fraterna, l’amore, la fede, le scelte in favore dei più piccoli e poveri, che segnano l’esistenza della Comunità cristiana, suscitano talvolta un’avversione violenta. 

Quanto utile è allora guardare alla luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica sino al martirio! E in questa antica basilica, grazie alla cura della Comunità di Sant’Egidio, è custodita e venerata la memoria di tanti testimoni della fede, caduti in tempi recenti. 

Cari amici della Comunità di Sant’Egidio, guardando a questi eroi della fede, sforzatevi anche voi di imitarne il coraggio e la perseveranza nel servire il Vangelo, specialmente tra i poveri. Siate costruttori di pace e di riconciliazione fra quanti sono nemici o si combattono. Nutrite la vostra fede con l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, con la preghiera quotidiana, con l’attiva partecipazione alla Santa Messa. L’autentica amicizia con Cristo sarà la fonte del vostro amore scambievole. 

Sostenuti dal suo Spirito, potrete contribuire a costruire un mondo più fraterno. La Vergine Santa, Regina dei Martiri, vi sostenga ed aiuti ad essere autentici testimoni di Cristo. Amen!

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

2 commenti:

laura ha detto...

aveva sempre una parola di speranza, anche nei luoghi di dolore. Per me era molto consolante e ora il linguaggio è cambiato. la spranza fa fatica a trovare spazio

Anonimo ha detto...

nella foto a destra si vede quando era pesante il suo incarico. Spero che adesso trovi un po di pace.
elisa