Una saggezza profonda
Questa sera una riflessione dopo il Te Deum e un appello alla vicinanza con quanti soffrono
“Quale che sia stato l’andamento dell’anno, facile o difficile, sterile o ricco di frutti - ha detto questa sera Benedetto XVI - noi rendiamo grazie a Dio”. Il Papa ha presieduto nella basilica vaticana la recita dei Primi Vespri alla quale ha fatto seguito l’inno del Te Deum in ringraziamento per l'anno trascorso.
Uomo di speranza. Nel Te Deum, ha spiegato il Papa, “è contenuta una saggezza profonda, quella saggezza che ci fa dire che, nonostante tutto, c’è del bene nel mondo, e questo bene è destinato a vincere grazie a Dio, il Dio di Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto”. Certo, “a volte è difficile cogliere questa profonda realtà, poiché il male fa più rumore del bene; un omicidio efferato, delle violenze diffuse, delle gravi ingiustizie fanno notizia; al contrario i gesti di amore e di servizio, la fatica quotidiana sopportata con fedeltà e pazienza rimangono spesso in ombra, non emergono”. Anche per questo motivo “non possiamo fermarci solo alle notizie se vogliamo capire il mondo e la vita; dobbiamo essere capaci di sostare nel silenzio, nella meditazione, nella riflessione calma e prolungata; dobbiamo saperci fermare per pensare”. In questo modo “il nostro animo può trovare guarigione dalle inevitabili ferite del quotidiano, può scendere in profondità nei fatti che accadono nella nostra vita e nel mondo, e giungere a quella sapienza che permette di valutare le cose con occhi nuovi”. “Soprattutto nel raccoglimento della coscienza, dove ci parla Dio - ha aggiunto il Pontefice -, si impara a guardare con verità le proprie azioni, anche il male presente in noi e intorno a noi, per iniziare un cammino di conversione che renda più saggi e più buoni, più capaci di generare solidarietà e comunione, di vincere il male con il bene”. Il cristiano è “un uomo di speranza, anche e soprattutto di fronte al buio che spesso c’è nel mondo e che non dipende dal progetto di Dio ma dalle scelte sbagliate dell’uomo”. L’Anno della fede “vuole suscitare nel cuore di ciascun credente una maggiore consapevolezza che l’incontro con Cristo è la sorgente della vera vita e di una solida speranza”. La fede in Gesù permette “un costante rinnovamento nel bene e la capacità di uscire dalle sabbie mobili del peccato e di ricominciare di nuovo. Nel Verbo fatto carne è possibile, sempre nuovamente, trovare la vera identità dell’uomo, che si scopre destinatario dell’infinito amore di Dio e chiamato alla comunione personale con Lui”.
Annuncio credibile. La Chiesa “sa bene che il Vangelo è destinato a tutti gli uomini, in particolare alle nuove generazioni, per saziare quella sete di verità che ognuno porta nel cuore e che spesso è offuscata dalle tante cose che occupano la vita”. Questo impegno apostolico è “tanto più necessario quando la fede rischia di oscurarsi in contesti culturali che ne ostacolano il radicamento personale e la presenza sociale”. Anche Roma è “una città dove la fede cristiana deve essere annunciata sempre di nuovo e testimoniata in maniera credibile”. Da una parte, “il numero crescente di credenti di altre religioni, la difficoltà delle comunità parrocchiali ad avvicinare i giovani, il diffondersi di stili di vita improntati all’individualismo e al relativismo etico”; dall’altra parte, “la ricerca in tante persone di un senso per la propria esistenza e di una speranza che non deluda, non possono lasciarci indifferenti”.
La situazione di Roma. Proprio per questo, ormai da diversi anni, ha sottolineato il Papa, “la nostra diocesi è impegnata ad accentuare la dimensione missionaria della pastorale ordinaria”, affinché i credenti “possano diventare discepoli e testimoni coerenti di Gesù Cristo”. A questa “coerenza di vita” sono chiamati “in modo del tutto particolare i genitori cristiani”. In realtà, “la complessità della vita in una grande città come Roma e una cultura che appare spesso indifferente nei confronti di Dio, impongono di non lasciare soli i padri e le madri in questo compito così decisivo, anzi, di sostenerli e accompagnarli nella loro vita spirituale”. Il Pontefice ha evidenziato che “è necessario un impegno generoso per sviluppare gli itinerari di formazione spirituale che dopo il battesimo dei bambini accompagnino i genitori a tenere viva la fiamma della fede”. È altresì importante “costruire un rapporto di cordiale amicizia anche con quei fedeli che, dopo aver battezzato il proprio bambino, distolti dalle urgenze della vita quotidiana, non mostrano grande interesse a vivere questa esperienza”. Poi “per poter annunciare il Vangelo e permettere a quanti ancora non conoscono Gesù, o lo hanno abbandonato, di varcare nuovamente la porta della fede e vivere la comunione con Dio, è indispensabile conoscere in maniera approfondita il significato delle verità contenute nella professione di fede”. Di qui l’impegno “per una formazione sistematica degli operatori pastorali”. “Anche oggi - ha affermato il Santo Padre - la Chiesa di Roma è chiamata ad annunciare e testimoniare instancabilmente la ricchezza del Vangelo di Cristo. Questo anche sostenendo quanti vivono situazioni di povertà e di emarginazione, come pure le famiglie in difficoltà, specialmente quando devono assistere persone malate e disabili”. Di qui l’auspicio che “le Istituzioni ai vari livelli non faranno mancare la loro azione affinché tutti i cittadini abbiano accesso a quanto è essenziale per vivere dignitosamente”.
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