sabato 8 dicembre 2012

La teologia diventa architettura nel duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze (Verdon)

La teologia diventa architettura nel duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze

Piena di grazia (anche materiale)


di Timothy Verdon


Il più grande progetto architettonico e artistico fiorentino, la cattedrale di Santa Maria del Fiore, giunse a termine negli anni 1375-1440. Dopo l'interruzione dovuta alla costruzione della torre campanaria, nel 1366 venne finalmente riattivato il cantiere del duomo sotto la direzione dell'architetto dei tre ultimi piani del campanile, Francesco Talenti. Lo stile di quest'ultima fase dei lavori è un gotico estremo.

A prescindere da questioni stilistiche, la ricchezza ornamentale rientrava nel senso mariano del progetto del nuovo duomo. Maria, donna e figura della Domina Ecclesia, viene immaginata dai cristiani «piena di grazia» (Luca 1, 28) in ogni senso, anche materiale. A lei i teologi applicarono allora, come fanno ancor oggi, le profumate figure di un antico epitalamio biblico: «Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio, / dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, / al re piacerà la tua bellezza. / Egli è il tuo signore, prostrati a lui. / Da Tiro vengono portando doni, / i più ricchi del popolo cercano il tuo volto. / La figlia del re è tutta splendore, / gemme e tessuto d'oro è il suo vestito. / È presentata al re in preziosi ricami; / con lei le vergini compagne a te sono condotte, / guidate con gioia ed esultanza, / entrano insieme nel palazzo del re» (Salmi 45 [44], 11-16).
Ecco la ragione poetica della veste esterna di Santa Maria del Fiore. Sappiamo infatti quanto questa tradizionale immagine facesse leva sull'immaginario medievale, grazie a uno scrittore del XII secolo, il vescovo Amedeo di Losanna, allievo di san Bernardo di Chiaravalle. «La santa Vergine Maria fu assunta in cielo -- dice -- ma il suo nome ammirabile rifulse su tutta la terra anche indipendentemente di questo singolare evento, e la sua gloria immortale s'irradiò in ogni luogo prima ancora che fosse esaltata sopra i cieli (...). Abitava nel sublime palazzo della santità, godeva della massima abbondanza dei favori divini, e sul popolo credente e assettato, faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature». Poi la metafora regal-sponsale: «Maria era la sposa ricca di gioielli spirituali, la madre dell'unico Sposo, la fonte di ogni dolcezza, la delizia dei giardini spirituali e la sorgente delle acque vive e vivificanti che discendono dal Libano divino». 
La pregnanza di questo filone teologico per Santa Maria del Fiore diventa evidente se ricordiamo che la prima immagine interna dell'erigenda cattedrale era stata il mosaico della controfacciata raffigurante la Incoronazione della Vergine, attribuita a Gaddo Gaddi ma parte integrante del programma arnolfiano della fronte occidentale della cattedrale. A pochi anni dalla vittoria dei guelfi fiorentini a Campaldino, è ovvio il senso ecclesiale della regalità di Maria, ma vi è anche un probabile significato sponsale: il mosaico fiorentino echeggia il tema di quello eseguito negli anni 1291-96 su disegno di Jacopo Torriti nell'abside di Santa Maria Maggiore, a Roma, dove un'iscrizione posta sotto le figure di Maria e Cristo in trono infatti chiarisce che la Regina è anche Sposa: «Maria Vergine è stata assunta all'etereo talamo dove il Re dei re siede sul soglio stellato. La santa Madre di Dio è innalzata sopra i cori angelici nel regno celeste». L'interesse per Maria come sposa reale riappare nel programma dell'ultima delle porte laterali del duomo fiorentino, la cosiddetta Porta della Mandorla, dove l'Assunta di Nanni di Banco già porta un'elegante corona, quasi a illustrazione del testo di Amadeo di Losanna. 
Nella Porta della Mandorla vi è però qualcosa di più. La corona di Maria ha un motivo floreale, come sono floreali i vigorosi girali che incoronano il frontone triangolare del portale. Analoghi girali adornano i frontoni delle 15 finestre delle cappelle radiali, e negli interstizi delle colonne tortili della Porta dei Canonici ci sono ghirlande di fiorellini. Nello stesso spirito, i bordi di quasi tutte le 43 vetrate realizzate per il duomo tra il 1394-1444 hanno da 60-120 fiori cadauna, e floreali sono perfino i costoloni della cupola immaginata da Andrea di Bonaiuto nell'affresco di Santa Maria Novella. Così, se si vuole parlare di uno stile “gotico fiorito”, Santa Maria del Fiore emerge come il monumento emblematico di tale tendenza, un giardino con migliaia di fiori o realistici o stilizzati in bella evidenza.
Tale insistenza iconografica ha vari livelli di significato. L'immagine del fiore allude alla città: Florentia. Allude alla dedica del duomo, Santa Maria del Fiore, e quindi a Cristo, perché, come afferma un documento comunale del 1412, «il fiore e inizio della nostra redenzione fu la benigna, umile e graziosa incarnazione del Figlio di Dio». Del resto un fiore, il giglio, è anche l'attributo di Maria Annunziata, segno della sua verginità: l'incarnazione del Cristo-fiore avvenne infatti durante l'Annunciazione, che fu anche l'occasione in cui Gabriele caratterizzò la futura madre come gratia plena. Già nei primi anni della costruzione di Santa Maria del Fiore, Dante Alighieri aveva legato questi concetti, con le parole che attribuisce a san Bernardo quando questi, pensando all'incarnazione di Cristo, si rivolge a Maria: «Nel ventre tuo si raccese l'amore / per lo cui caldo nell'eterna pace / così è germinato questo fiore» (Paradiso 33).

(©L'Osservatore Romano 8 dicembre 2012)

1 commento:

Andrea ha detto...

Non "la teologia divenne architettura" (due termini astratti, che migrerebbero uno nell'altro), bensì "la spiritualità mariana fu tradotta nell'edificio sacro" (due termini concreti)