sabato 1 dicembre 2012

Si è concluso formalmente oggi il processo per la fuga di documenti riservati della Santa Sede


Vaticano/ Concluso il processo Vatileaks, confermate le condanne

Il tecnico informatico Sciarpelletti ha rinunciato a fare appello

Città del Vaticano, 1 dic. (TMNews) 

Vatileaks ultimo atto. Si è concluso formalmente oggi il processo per la fuga di documenti riservati della Santa Sede iniziato con il rinvio a giudizio, a metà agosto, del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, e del tecnico informatico della segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, per il quale è stato celebrato un secondo processo in seguito allo stralcio della sua posizione nel primo procedimento. Dopo aver prospettato di fare ricorso, infatti, quest'ultimo ha rinunciato all'appello. 
La sua condanna - illustrata dalle motivazioni della sentenza pubblicate oggi - è dunque definitiva.
Sciarpelletti ha rinunciato, lo scorso 27 novembre, a presentare appello, dopo che il 13 novembre il suo avvocato, Claudio Benedetti, aveva preannunciato il ricorso. Anche la pubblica accusa ha rinunciato, oggi, a presentare appello. "La sentenza va considerata definitiva e, quindi, la vicenda del processo in tribunale ai due imputati Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti è da considerare un capitolo terminato", ha detto il portavoce vaticano, Federico Lombardi, che ha dato la notizia. In teoria, da un punto di vista giuridico, le indagini della magistratura vaticana proseguono sulle questioni che - come spiegò nella requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi - sono rimaste fuori dal processo (come hanno fatto le carte sottratte da Gabriele a uscire dal Vaticano?). Il processo, tuttavia, è concluso.
Sciarpelletti ha probabilmente rinunciato all'appello - è la spiegazione di padre Lombardi - in ragione della "benevolenza" della sentenza. Era stato condannato il 13 novembre a quattro mesi per favoreggiamento scontati a due e sospesi in forza di una legge di Paolo VI.
Le motivazioni della sentenza ricostruiscono la vicenda giudiziaria di Sciarpelletti e illustra la fondatezza del capo di imputazione del favoreggiamento. I giudici vaticani Giuseppe Dalla Torre, Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano spiegano che il reato commesso è stato quello di "favoreggiamento personale», consumato attraverso "un'attività materiale di intralcio alla giustizia" idonea a "eludere le investigazioni dell'Autorità", fattispecie prevista dall'articolo 225 del codice penale in vigore in Vaticano.
Claudio Sciarpelletti, secondo il tribunale vaticano, ha fornito versioni contraddittorie circa la provenienza di documenti riservati trovati nel corso di una perquisizione nel suo ufficio. La versione che il Tribunale "ritiene più attendibile" è che l'autore della consegna di quei documenti al tecnico informatico sia stato Paolo Gabriele, già condannato per furto. Dall'analisi delle risultanze probatorie, inoltre, il Tribunale ritiene di poter desumere che l'imputato "abbia preso visione" dei documenti o, "quanto meno, sia stato posto in grado di prenderne visione": deve pertanto ritenersi "non veritiera l'affermazione più volte ribadita" da Sciarpelletti, "secondo cui a lui sarebbe stata consegnata una busta chiusa, della quale avrebbe ignorato il contenuto". Tale condotta dell'imputato dimostra anche l'esistenza del dolo: alla luce degli "elementi probatori" deve desumersi infatti che "non solo egli avesse conservato memoria della busta e dei documenti in essa conservati, ma che ricordasse anche l'autore della consegna, cioè il Sig. Paolo Gabriele, indagato per furto aggravato, per aiutare il quale egli, con le due discordanti versioni, ha arrecato intralcio alla giustizia".
Per quanto riguarda il timbro 'Segreteria di Stato - Ufficio Informazioni e Documentazione', che si trova sulla busta, secondo i giudici appare "altamente probabile che esso sia stato apposto dallo stesso imputato, unico ad avere la disponibilità della busta nonché soggetto che aveva facile accesso a tale timbro, posto a disposizione di tutto il personale del suo ufficio".
La motivazione di tale comportamento ¿ è scritto ancora nella sentenza ¿ "può con tutta probabilità rinvenirsi nel tentativo di impedire che altre persone potessero prendere visione dei documenti riservati ivi contenuti, dei quali egli era a conoscenza". Dalle prove acquisite è infatti risultata "la particolare cura" che Sciarpelletti "ha usato nel nascondere la busta, collocata in un cassetto quasi inaccessibile e all'interno di una cartella. Il che avvalora ulteriormente la tesi della sua conoscenza dei documenti e del loro carattere riservato, che lo avrebbe indotto ad adottate simili cautele". Inoltre, la sua collaborazione dell'informatico con i gendarmi e le guardie svizzere che lo hanno rinvenuto le carte "è intervenuta non nel momento iniziale della erquisizione, ma solo nella fase conclusiva quando era iniziata la sistematica apertura di tutti i cassetti, cosicché di fatto tale collaborazione è stata superflua". Infine, "poco importa se si trattasse di una grande o di una superficiale amicizia: sicuramente l'imputato e il testimone Gabriele hanno ammesso che si frequentavano, anche con le rispettiva famiglie, anche in luoghi diversi dall'ambiente di lavoro".
Paolo Gabriele, intanto, rimane rinchiuso in una cella della gendarmeria vaticana in attesa della grazia che il Papa potrebbe sovranamente concedergli. Concluso il processo, la decisione potrebbe accelerare e giungere - ma non ci sono conferme ufficiali - a Natale.

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