giovedì 14 febbraio 2013

Card. Napier: Chiunque verrà eletto, ha la strada indicata e cioè dovrà completare la purificazione della Chiesa avviata da Benedetto XVI (Galeazzi)


“Il successore dovrà completare la purificazione della Chiesa”

Il sudafricano Fox Napier è tra i favoriti: sarà un conclave molto lungo

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

«Non credo che sarà un conclave rapido come quello del 2005. Chiunque verrà eletto, ha la strada indicata e cioè dovrà completare la purificazione della Chiesa avviata da Benedetto XVI. Nella Cappella Sistina, il senso dell’universalità prevale sulle logiche regionalistiche e sui blocchi geografici di appartenenza».  

Il 71enne sudafricano Wilfried Fox Napier, porporato francescano, è in cima a tutte le lista dei papabili e i bookmaker inglesi scommettono che il «Papa nero» sarà lui (o il curiale ghanese Peter Turkson). Arcivescovo di Durban dal ’92, cardinale dal 2001, è stato nominato da Joseph Ratzinger presidente del Sinodo sull’Africa e membro di quattro dicasteri vaticani.  

«Da questa profonda crisi possiamo uscirne con una forte rinascita spirituale, come avvenne ai tempi in cui San Francesco attuò la sua riforma morale». Appena sente l’ipotesi di una sua elezione ride e stempera la tensione con una battuta: «Comincerei come Benedetto ha terminato. Con la rinuncia». Poi il tono torna serio: «È già gravosa la responsabilità di partecipare al conclave, sull’esito non ha senso esprimersi. Sarà ciò che Dio vuole». 

Come ha accolto la notizia-choc del Pontefice dimissionario?  

«Non mi sarei mai aspettato di vivere una situazione del genere. L’ultimo periodo è stato difficile, turbolento. Mi ha sconvolto la decisione del Santo Padre di abbandonare prima di Pasqua e dell’Incontro mondiale della gioventù. È un gesto al contempo umile e alto, di eccezionale portata. È uno scenario che sfuggiva ad ogni possibile congettura. Non era previsto da nessuno e una scelta così forte e limpida testimonia come il bene della Chiesa costituisca l’unica preoccupazione di Joseph Ratzinger. Il sentimento della responsabilità lo ha sempre guidato nel suo servizio».  

Perché ha lasciato, secondo lei?  

«Benedetto XVI ha sempre dato contorni nitidi alla sua azione. Quando non è sentito più in grado di svolgere compiutamente la sua missione, ha scelto di lasciare nell’interesse della Chiesa, Corpo di Cristo. Va rispettato nella sua decisione e ringraziato per l’eroico coraggio con cui si è interamente dedicato alla nuova evangelizzazione. «Si è creata una situazione inedita, fuori da ogni parametro conosciuto. L’orientamento lo fornisce proprio l’impostazione ratzingeriana del pontificato: lasciare che Dio si esprima nelle nostre vite. E, secondo l’ispirazione del Concilio Vaticano II, disporsi ad accogliere i segni dei tempi».  

C’è da attendersi il primo Papa extra-europeo della storia?  

«Ciascuno porta in conclave la propria cultura, la specifica modalità dei popoli di vivere la fede in Cristo, la peculiare sensibilità del singolo gregge affidato a ogni pastore. Ma personalmente non valuto le candidature a seconda delle provenienza geografica. In un’elezione pontificia contano la qualità della persona e i suoi requisiti di potenziale leadership della Chiesa universale. È su un piano pastorale che si differenziano i profili, non sulla base della nazionalità».  

Qual è l’identikit del futuro Papa?  

«Non importa se sia europeo, sudamericano o asiatico. La caratteristica determinante è che abbia la saggezza e le energie per affrontare le sfide che attendono la Chiesa in ogni angolo del pianeta. Da africano, durante il viaggio apostolico in Benin, rimasi commosso nel sentire l’europeo Benedetto XVI definire l’Africa il polmone spirituale dell’umanità. Poi certo è un dato di fatto che il baricentro si sia spostato verso Sud, dove vive la maggioranza dei cattolici. Nei Paesi emergenti vi è un grande potenziale per la spiritualità. In Africa, America Latina, Asia non aspettiamo più che la salvezza arrivi dal Nord del mondo». 

Gli scandali di Curia hanno indebolito il papato come istituzione?  

«Nella sua millenaria storia la Chiesa ha affrontato periodi di devastanti lacerazioni ma ha sempre saputo riscattarsi e trarne slancio per la conversione e la correzione degli errori. La crisi è anche un momento di crescita, di cambiamento per il meglio. E’ stato così all’epoca di San Francesco e sarà così anche questa volta. Il successore di Benedetto XVI dovrà interrogarsi su cosa davvero serva al bene degli uomini. Le istituzioni ecclesiastiche devono essere un supporto all’azione evangelizzatrice, non un freno. Troppe volte si fornisce all’esterno un’immagine di contrapposizioni e carrierismi piuttosto che di servizio ai fedeli. Sul modello di Benedetto XVI, è il momento giusto per fare le scelte giuste» 

Teme una crisi di fede?  

«Le coscienze di molta gente è scossa dagli avvenimenti. Dio ci assista. Nessuno però ignora la dimensione spirituale della storica decisione assunta dal Pontefice. Dobbiamo accogliere il suo messaggio, continuare sul sentiero tracciato. La priorità è mettere Dio al centro della vita privata e pubblica come ci ha insegnato Benedetto. La gente e i giovani in particolare attendono dalla chiesa parole di verità. Un buon esempio è Youcat, il catechismo per ragazzi. Sulla sessualità e l’etica c’è una forte richiesta di senso. Serve dialogo nella verità. Ascolto e testimonianza».  

A Roma parteciperà a incontri?  

«All’ultimo conclave ho avuto contatti soprattutto con cardinali provenienti dai Paesi di lingua inglese. È stata un’esperienza indimenticabile, di armonia e condivisione. Stavolta credo che la fumata bianca non avverrà così rapidamente... 
Ricevere il testimone da Benedetto XVI non sarà facile per nessuno. Chiunque verrà eletto dovrà predicare il Vangelo con la stessa coerenza, credibilità, sacrificio personale Sarà chiamato a conoscere l’umanità in un ruolo di guida come vicario di Cristo». 

© Copyright La Stampa, 14 febbraio 2013 consultabile online anche qui.

1 commento:

Luisa ha detto...

Il bene della Chiesa è stata l’unica preoccupazione di Papa Benedetto, dice il card. Napier, lo sappiamo, abbiamo visto all`opera il nostro Papa, lo abbiamo visto portare sulle sue spalle le conseguenze delle colpe e reponsabilità altrui, per il bene della Chiesa aveva voluto e cominciato delle riforme che le lotte intestine e la ribellione dei suoi chierici hanno bloccato,anche il mancato accordo con la FSSPX ha dovuto farlo molto soffrire.
Dio gli aveva confidato la guida della Chiesa otto anni, oggi Papa Benedetto Gliela restituisce affinchè la dia a qualcun altro, non ha più la forza di continuare a guidare la Chiesa.
La mia mente sta tentando di capire, ma ancora oggi sono lungi dall`essere certa che il bene della Chiesa sia quello di non avere più alla sua guida Benedetto XVI, il nostro faro spirituale e intellettuale, così ben descritto dal card. Bertone ieri.