martedì 26 febbraio 2013

Carità, speranza ed etica sociale: i temi delle encicliche del Papa. La fede di Benedetto nell'enciclica che non sarà pubblicata (Izzo)

PAPA: CARITA', SPERANZA E ETICA SOCIALE I TEMI DELLE SUE ENCLICHE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 feb.

Tre libri sulla figura di Gesù e tre encicliche, Papa per 8 anni, Benedetto XVI ha davvero tenuto fede al suo motto episcopale: “Cooperatores Veritatis” che in italiano suona come “Collaboratore della verità”.
DEUS CARITAS EST - “La parola 'amore' oggi è così sciupata, consumata, abusata. Dobbiamo riprenderla, purificarla e riportarla al suo splendore originario”, scrive nella prefazione. E facendo riferimento alla Divina Commedia, individua la “novità che supera ogni ricerca umana, la novità che solo Dio stesso poteva rivelarci: la novità di un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, anzi ad assumere carne e sangue, l'intero essere umano”. Ecco allora il cuore dell'amore di Dio: “L'eros di Dio non è soltanto una forza cosmica primordiale. È amore che ha creato l'uomo e si china verso di lui”.  E' lo stesso papa Ratzinger a spiegare perché ha deciso di cimentarsi sul tema dell'amore, "in un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o persino il dovere dell'odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto".
Nella prima parte del documento, Benedetto XVI tratta dell'essenza dell'amore come si presenta a noi nella luce della testimonianza biblica. “Partendo dall'immagine cristiana di Dio, bisognava mostrare come l'uomo è creato per amare e come questo amore, che inizialmente appare soprattutto come eros tra uomo e donna, deve poi interiormente trasformarsi in agape, in dono di sé all'altro - e ciò proprio per rispondere alla vera natura dell'eros.
Su questa base si doveva poi chiarire che l'essenza dell'amore di Dio e del prossimo descritto nella Bibbia è il centro dell'esistenza cristiana, è il frutto della fede”.
Nella seconda parte il Pontefice evidenzia come l'atto totalmente personale dell'agape “non può mai restare una cosa solamente individuale, ma che deve invece diventare anche un atto essenziale della Chiesa come comunità”, è così che Benedetto XVI traghetta il lettore dall'amore alla carità. "L'amore per il prossimo è una strada per incontrare anche Dio e il chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio".
SPE SALVI - “Spe salvi facti sumus”, “Nella speranza siamo stati salvati”. Si apre con questa citazione della Lettera di San Paolo ai romani (8,24) la seconda enciclica di Benedetto XVI. Nel testo di 77 pagine, pubblicato lo stesso giorno della firma, ovvero il 30 novembre 2007, Benedetto XVI esorta il cristianesimo moderno a tornare a parlare di speranza.
In un mondo in cui tante ideologie, come il marxismo e l'illuminismo, hanno sperimentato lo scacco del fallimento, occorre rimettere al centro Dio. Il Papa fa riferimento al marxismo e all'illuminismo: speranze terrene fallite, perché hanno preteso di portare la giustizia tra gli uomini senza Dio. “Un mondo che si fa giustizia da solo è un mondo senza speranza”, afferma Benedetto XVI. “Il marxismo, in particolare, ha lasciato dietro di sé «una distruzione desolante”. “L'errore fondamentale di Marx» - spiega il Pontefice - è stato di dimenticare l'uomo e la sua libertà”. “Credeva che una volta messa a posto l'economia tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo”.
Nel documento il Papa indaga il rapporto tra speranza, salvezza e fede. Speranza come redenzione dell'uomo. Cruciale anche il rapporto tra progresso, scienza, libertà e ragione. L'ateismo dell'era moderna, scrive il Papa, ha provocato “le più grandi crudeltà e violazioni della giustizia”. Cosi', la 'Spe Salvi' ammonisce sui vecchi e nuovi orrori che l'autosufficienza del pensiero umano (in ambito scientifico, tecnico, politico) svincolato dalla fede, può produrre. In definitiva, la "Spe Salvi" e' un appello a non limitare la nostra visuale a un orizzonte materiale. "Nella gioventù - scrive il Papa - può essere la speranza del grande e appagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione, dell'uno o dell'altro successo determinante per il resto della vita. Quando, però, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l'uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere". "Il Cielo - ci assicura il grande Pontefice teologo - non è vuoto. La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e contemporaneamente al di sopra di tutto c'è una volontà personale, c'è uno Spirito che in Gesù si è rivelato come Amore".
CARITAS IN VERITATE -  “Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali”.
Firmata il 29 giugno del 2009 e presentata il 7 luglio dello stesso anno, la Caritas in Veritate è un'enciclica di 142 pagine nella versione italiana, frutto di un lavoro di quasi due anni e di numerose revisioni.
Nell'Introduzione, il Papa ricorda che "la carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa".  Mette in guardia sul "rischio di fraintenderla, e di estrometterla dal vissuto etico". “Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività”.
Enciclica di grande attualità, in essa Benedetto XVI invita tutti ad una riflessione sul senso dell'economia. "L'economia ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi bensì di un'etica amica della persona". La stessa centralità della persona, afferma, deve essere il principio guida "negli interventi per lo sviluppo" della cooperazione internazionale.
L'esclusivo obiettivo del profitto "senza il bene comune come fine ultimo" - osserva più avanti Benedetto XVI - "rischia di distruggere ricchezza e creare povertà". Benedetto entra prepotentemente nella cosiddetta post-modernità, e fa i conti con una società ipegnata con fenomeni di portata epocale: come la globalizzazione, la rivoluzione delle nuove tecnologie, i flussi migratori, la crisi economica.  Si presentano alcune distorsioni dello sviluppo: un'attività finanziaria "per lo più speculativa", i flussi migratori "spesso solo provocati" e poi mal gestiti e, ancora, "lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra".
Dinnanzi a tali problemi interconnessi, il Papa invoca "una nuova sintesi umanistica", constatando che: "Lo sviluppo è oggi 'policentrico'. Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità e nascono nuove povertà". Il Papa allora invoca "La collaborazione della famiglia umana", il cuore del quinto capitolo, in cui Benedetto XVI evidenzia che "lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia". D'altronde, si legge, la religione cristiana può contribuire allo sviluppo "solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica".
Il Papa fa quindi riferimento al "principio di sussidiarietà". La sussidiarietà, spiega, "è l'antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista" ed è adatta ad umanizzare la globalizzazione.

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PAPA: LA SUA FEDE NELL'ENCICLICA CHE NON SARA' PUBBLICATA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 feb.

Sono giorni difficili per la Chiesa Cattolica, che si interroga sul suo futuro mentre rende omaggio alla grandezza di un Pontificato tutto speso nel proclamare la Verita' e attende di conoscere chi sara' il suo nuovo Papa.  Pochi si aspettavano le dimissioni di Benedetto XVI, tanto piu' che l'annuncio della rinuncia e' arrivato nel bel mezzo dell'Anno della Fede, da lui stesso convocato per "dare rinnovato impulso alla missione di tutta la Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l'amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza". Un'Enciclica sul tema della Fede - annunciata ufficialmente dalla Sala Stampa della Santa Sede - avrebbe dovuto essere pubblicata a conclusione delle celebrazioni. Restera' invece nel cassetto.
Indetto il 16 ottobre 2011, l'Anno della Fede e' stato aperto da Papa Ratzinger l'11 ottobre 2012, giorno del 50esimo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II, e il successore lo concludera' il 24 novembre 2013. "Sara' un momento di grazia e di impegno per una sempre piu' piena conversione a Dio, per rafforzare la nostra fede in Lui e per annunciarlo con gioia agli uomini del nostro tempo", aveva promesso il Pontefice teologo pensando anche alla pubblicazione della sua 4 enciclica, deicata proprio al tema della fede. ma che restera' nel cassetto a causa delle dimissioni. Ma sono tantissimi gli interventi su questo tema, parole che hanno segnato davvero il Pontificato.
"Cio' di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno - ha affermato il Papa nel documento d'indizione 'Porta fidei' - e' la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha mai fine". Nel motu proprio Benedetto XVI ha confidato anche il suo desiderio che "la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilita'". Secondo il Papa, "riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, e' un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno".  
L'auspicio del suo promotore e' dunque che "questo Anno susciti in ogni credente l'aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza". "Sara' un'occasione propizia - ha scritto ancora Joseph Ratzinger - anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell'Eucaristia, che e' il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia". Una opportunita' fenomenale per riproporre la centralita' di Cristo nella vita problematica del mondo di oggi sono, per il Pontefice, i 50 anni del Concilio Vaticano II, che l'Anno della Fede e' chiamato a celebrare, raccomandando la "chiave di lettura e di applicazione" della continuita' con la Tradizione e "non certo di un'inaccettabile ermeneutica della discontinuita' e della rottura".
Far propria "un'ermeneutica della continuita' e della riforma", significa, ha spiegato il Papa teologo ai vescovi italiani, "ascoltare il Concilio e farne nostre le autorevoli indicazioni". E' questa "la strada per individuare le modalita' con cui la Chiesa puo' offrire una risposta significativa alle grandi trasformazioni sociali e culturali del nostro tempo, che hanno conseguenze visibili anche sulla dimensione religiosa". "Il Cristianesimo in quanto tale non e' superato? Si puo' ancora oggi ragionevolmente essere credenti? Queste sono le domande che ancora oggi molti cristiani si pongono. Papa Giovanni Paolo II si risolse allora per una decisione audace: decise che i vescovi di tutto il mondo scrivessero un libro con cui rispondere a queste domande". Nella prefazione a "Youcat", un estratto del Catechismo pensato per i piu' giovani, Benedetto XVI racconta cosi' la genesi del Catechismo della Chiesa Cattolica, del quale si celebra il 20esimo anniversario con l'Anno della Fede. Per il Papa e' un "vero strumento a sostegno della fede, soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione dei cristiani, cosi' determinante nel nostro contesto culturale", in cui la fede "si trova ad essere sottoposta piu' che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalita' che riduce l'ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche". Da cardinale era stato proprio il futuro Pontefice a coordinare la redazione del testo che fu pubblicato esattamente 20 anni fa da Giovanni Paolo II, "un sussidio prezioso per una conoscenza organica e completa dei contenuti della fede e per guidare all'incontro con Cristo".
Secondo Papa Ratzinger , "l'Anno della Fede dovra' esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica". "Esso - si legge nel documento 'Porta fidei' - costituisce uno dei frutti piu' importanti del Concilio Vaticano II". In proposito, va ricordata la previsione di Giovanni Paolo II sul fatto che il Catechismo avrebbe dato "un contributo molto importante a quell'opera di rinnovamento dell'intera vita ecclesiale" necessaria dopo il Concilio e la definizione wojtyliana del Catechismo "come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l'insegnamento della fede".

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