venerdì 1 febbraio 2013

Il matrimonio che ha fondato l'America. In un documento presentato alla Corte Suprema dai vescovi statunitensi

In un documento presentato alla Corte Suprema dai vescovi statunitensi

Il matrimonio che ha fondato l'America


Washington, 31. «Il matrimonio, inteso come unione tra un uomo e una donna, non è un retaggio del passato, ma un'istituzione fondante e vitale della società civile attuale»: lo ricorda l'episcopato cattolico negli Stati Uniti in un documento presentato alla Corte Suprema. L'organo di giustizia di massima istanza nel Paese ha avviato, a seguito di una serie di ricorsi, l'esame del Defense of Marriage Act (Doma), la legge federale promulgata nel 1996 che tutela il matrimonio naturale. Oltre a questa, la Corte si pronuncerà sulla legge in vigore nello Stato della California, che non consente di legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso, sulla base di un referendum popolare (la cosiddetta Proposition 8) svoltosi nel novembre 2008. Il verdetto della Corte Suprema degli Stati Uniti è atteso entro giugno 2013.

Il documento è presentato dall'organismo episcopale in qualità di amicus curiae. Offre una serie di considerazioni di valore religioso e morale per auspicare un pronunciamento dei giudici che ribadisca la tradizionale definizione di matrimonio, arginando in tal modo i tentativi in atto in vari Stati della federazione di legittimare unioni alternative a quella fra un uomo e una donna. Il Governo degli Stati Uniti ha da tempo deciso di non difendere più la costituzionalità del Doma di fronte ai tribunali e, di conseguenza, i ricorsi stanno aumentando. A muovere contestazione contro il Doma di fronte alla Corte Suprema è stata, fra gli altri, un'anziana donna dichiaratamente omosessuale, Edith Windsor, secondo la quale la legge federale sarebbe discriminatoria, non contemplando per esempio tutele giuridiche in materia di diritto ereditario a favore di persone non sposate.
Nel documento -- a firma del consigliere generale Antonhy Picarello e del consigliere generale associato, Michael Moses, della Conferenza episcopale -- si osserva che il caso in questione dell'anziana donna, che per anni è stata unita a una persona dello stesso sesso poi deceduta, riguarda «una scelta personale» che non comporta un pronunciamento della Corte che possa assumere una valore generale per tutta la popolazione. La questione, si sottolinea, «non può ragionevolmente essere definita come rientrante in un generale “diritto di sposarsi”». I consiglieri aggiungono che «il riconoscimento civile delle unioni tra persone dello stesso sesso non è profondamente radicato nella storia della e nella tradizione del Paese, ma piuttosto è vero il contrario». A tale riguardo, l'episcopato fa riferimento a sentenze della Corte Suprema nelle quali si descrive «il matrimonio come un diritto fondamentale considerato chiaramente come unione tra un uomo e una donna».
I vescovi degli Stati Uniti Uniti da lungo tempo mostrano preoccupazione per i tentativi di ridefinire il matrimonio. La questione dei “matrimoni” omosessuali è diventata terreno di accesi dibattiti nella società che spesso sfociano in referendum popolari: il Maine e il Maryland sono gli ultimi due Stati che si sono aggiunti a quelli favorevoli alla legittimazione delle unioni omosessuali, mentre sono, per ora, un quarantina quelli che ancora si oppongono. Su una questione fondamentale come quella del matrimonio, ha affermato in un intervento il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Michael Dolan, i vescovi «non possono restare in silenzio». L'episcopato, pur ribadendo in varie occasioni il pieno rispetto per tutte le persone, aggiunge tuttavia che «nessun'altra unione è in grado di provvedere al bene comune come lo è, invece, il matrimonio tra un uomo e una donna».
Nel documento presentato alla Corte Suprema -- nella parte relativa al referendum svoltosi in California che ha bloccato le unioni omosessuali -- si fa anche riferimento alle conseguenze legali che comporterebbe la ridefinizione del matrimonio naturale. In sostanza, notano i consiglieri della Conferenza episcopale, «la ridefinizione del matrimonio, a livello costituzionale, non solo minaccia i principi del federalismo e della separazione dei poteri, ma avrebbe un impatto negativo diffuso su altri diritti costituzionali, come ad esempio, la libertà religiosa, di coscienza, di parola e di associazione». E aggiungono che per tale motivo «si accenderebbe un motore di conflitto che coinvolgerebbe i tribunali in una serie di controversie altrimenti evitabili».
La Corte di appello di San Francisco si era espressa in maniera contraria al divieto delle unioni omosessuali nello Stato della California nel febbraio 2012. La sentenza ha ribaltato di conseguenza la volontà espressa dalla maggioranza della popolazione della California con il referendum svoltosi nel 2008, attraverso il quale è stato introdotto nella Costituzione dello Stato il divieto dei “matrimoni” tra persone dello stesso sesso e ribadito il principio che essi costituiscono solo l'unione tra un uomo e una donna. Nell'occasione, il cardinale Dolan aveva affermato che «la sentenza del tribunale è una grave ingiustizia, che ignora la realtà che il matrimonio è l'unione fra un uomo e una donna». La Costituzione, ha puntualizzato il porporato, «non proibisce la protezione del significato perenne del matrimonio, uno dei fondamenti della società. La popolazione della California merita di meglio. La nazione merita di meglio. Il matrimonio merita di meglio».

(©L'Osservatore Romano 1° febbraio 2013)

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