martedì 12 febbraio 2013

Joseph Ratzinger, l'innovatore incompreso (Scaraffia)


Ratzinger l'innovatore incompreso

di Lucetta Scaraffia

Chi non ha mai capito la portata innovativa della figura e del pontificato di Joseph Ratzinger, e ha  continuato a vederlo e a interpretare le sue parole e le sue azioni come prova di conservatorismo e  rifiuto del nuovo, è stato smentito clamorosamente dalle sue improvvise e impreviste dimissioni,  una innovazione assoluta. Oltre che uno straordinario gesto di umiltà e di amore per la Chiesa. 
Perché Joseph Ratzinger è stato per molti versi nuovo: non c’era mai stato, almeno negli ultimi  secoli, un Papa che fosse anche un grande intellettuale, capace di offrire interpretazioni nuove del  momento storico che la Chiesa attraversava e proporre coraggiose vie di intervento per i cattolici.
Il suo pontificato infatti è stato caratterizzato innanzi tutto da un grande e profondo lavoro  intellettuale di comprensione del presente e di ricerca di nuove vie per rendere attuale il messaggio evangelico: non solo, infatti, i suoi tre libri dedicati a Gesù costituiscono una sintesi fra fede e ragione che permette un incontro con Gesù coerente e accettabile alla cultura del presente, ma molti dei suoi discorsi e delle sue catechesi gettano una luce nuova sulla situazione attuale densa di significati e ricca di proposte di intervento. 
Senza capire davvero cosa agita il mondo  contemporaneo è difficile muoversi in qualsiasi direzione: è questo in sostanza il motivo della sua continua denuncia delle varie forme di relativismo, dell’appello ad accompagnare sempre la fede 
con la ragione per non venire cancellati dalla tendenza scientista in atto.
Una costante volontà di capire che non ha escluso sorprese, come quando, davanti al parlamento tedesco, ha elogiato le opinioni e le azioni di molti non credenti, che su certi temi sentiva più in sintonia di quelle dei cattolici.
A cominciare dalla scelta del nome, Benedetto, non si è stancato di segnalare come priorità la nuova evangelizzazione dell’Europa, di un continente che sta dimenticando le sue radici cristiane. La  necessità di avviare un nuovo processo di evangelizzazione è stata infatti considerata da Ratzinger la priorità del suo pontificato, insieme con la purificazione della Chiesa, condizione più che mai 
indispensabile per ridare credibilità al messaggio cristiano. E proprio il tema della purificazione –  da lui enunciato come programma già prima di essere eletto – ha costituito il macigno che ha reso così pesante la sua azione di pontefice. Benedetto XVI ha dovuto pagare gli errori di altri portando sulle sue spalle il peso dello scandalo della pedofilia, da lui affrontato sempre con coraggio e verità già da Prefetto della Congregazione della Fede. 
Con il medesimo coraggio e ansia di verità ha continuato a denunciare, nei discorsi alla Curia, i velenosi effetti delle lotte intestine per il potere e il denaro. Questo è stato senza dubbio il tema più spinoso e insidioso che ha dovuto affrontare: e proprio questo tema lascia come esigente eredità al suo successore. 
Con il suo stile mite e dolce, scevro da ogni carisma superficialmente inteso, ha saputo parlare alle folle e scaldare i cuori, rinnovando la fede e l’entusiasmo di giovani e donne, anziani e sacerdoti. 
Con uno stile personalissimo, che è stato apprezzato e riconosciuto da tutti. 
Non c’è dubbio però che il significato più forte del suo pontificato sta proprio in quest’ultimo gesto, una decisione che rivela fino in fondo la sua straordinaria statura spirituale. E, soprattutto, la sua fiducia in Dio, nelle cui mani ha rimesso il destino della Chiesa. La sua fiducia che lo Spirito Santo saprà farsi sentire – come è stato finora nei conclavi dell’ultimo secolo – spiazzando cordate e alleanze, e portando i cardinali a scegliere sempre il migliore, l’uomo adatto a quel momento storico.
Così, anche se l’inaspettata decisione di Benedetto XVI sembra lasciare i cattolici che molto lo amano nella tristezza e un po’ anche nell’abbandono, si può guardare insieme a lui con speranza e fiducia a ciò che Dio riserva nel futuro della Chiesa.

© Copyright Il Messaggero, 12 febbraio 2013

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