mercoledì 6 febbraio 2013

La mostra "Il cammino di Pietro". Il curatore: la fede diventa un viaggio nell'arte (Radio Vaticana)


La mostra "Il cammino di Pietro". Il curatore: la fede diventa un viaggio nell'arte

Sarà inaugurata questa sera a Castel Sant’Angelo, alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, la mostra “Il Cammino di Pietro”, una delle iniziative in calendario per l’Anno della Fede. L’esposizione propone, fino al 1 maggio 2013, capolavori provenienti dalle più prestigiose sedi museali europee. Federico Chiapolino ha chiesto al curatore, don Alessio Geretti, su quali criteri si è basato per proporre un tema così impegnativo:

R. – Abbiamo pensato che nell’Anno della Fede la cosa migliore fosse raccontare cos’è la fede e non definirla in maniera astratta, attraverso l’avventura umana e spirituale dell’Apostolo Pietro. In questo si trovano anche i criteri di tutte le altre scelte che nella mostra sono state fatte. Il criterio narrativo: la mostra non è costruita sulla base dei confronti tra le scuole artistiche, ma sulla base dei momenti della vita di Pietro e, dunque, delle diverse sfaccettature che la fede ha e rivela nella sua esperienza. Il secondo criterio è quello dell’accompagnamento dei visitatori attraverso diversi linguaggi, in modo da farci entrare nella vicenda di Pietro e nel clima dei momenti diversi di quella vicenda. La parola scritta, le apparizioni teatrali previste lungo il cammino della mostra, la proiezione cinematografica a un certo punto del cammino, la musica nei passaggi fondamentali, l’illuminazione dinamica che ci invita non solo a guardare le opere ma a seguire una sorta di vera e propria rappresentazione drammaturgica: sono tutti criteri di costruzione del percorso che rispondono alla logica iniziale, cioè coinvolgere e avvolgere il visitatore in un grande racconto, per poi invitarlo a uscire e a guardare dalla loggetta di Castel Sant’Angelo la cupola della Basilica di San Pietro, pensando che lì è finito e in un certo senso è ricominciato il cammino di Pietro.

D. - Nel percorso espositivo, quali sono le opere più emblematiche, più significative, su cui è bene soffermarsi?

R. – Non è così facile scegliere, perché le opere in mostra sono già il frutto di una selezione accurata. Senz’altro, però, momento per momento, ne potremo indicare una. Credo che fra le opere presenti, la moneta del tributo trovata da Pietro nel pesce, dipinta da Mattia Preti, sia particolarmente potente. Penso che l’orazione nell’orto di Marcello Venusti, stretto parente artistico di Michelangelo, potrebbe essere l’opera su cui soffermarsi di più, non soltanto per ragioni stilistiche e storiche, ma anche perché è uno dei rarissimi casi in cui nel Getsemani viene rappresentato il momento in cui Gesù sveglia Pietro. Poi, il rinnegamento di Pietro di Georges de La Tour, una delle opere più importanti della mostra, uno dei notturni più belli della storia dell’arte, con accanto le “Lacrime di Pietro” inedite di Guercino, toccante, commovente. E poi l’alba più bella della storia dell’arte, quella di Eugène Burnand, la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro di Gesù vuoto al mattino della Risurrezione. 

D. - Perché la scelta innovativa di proporre un’offerta che non è solo visiva ma sinestetica, multisensoriale, multimediale?

R. – Perché il cristianesimo è una forma di materialismo spirituale. Il cristianesimo non ha mai concepito l’incontro con Dio senza passare per la concretezza degli incontri fisici e per la dignità della materia. Per questo ha generato arti in tutte le forme possibili e ci pareva non secondario che nell’Anno della Fede, sulla fede, si chiamassero a raccolta diverse arti e non una soltanto.

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