giovedì 14 febbraio 2013

Massimo Fini: Ratzinger ha dato un messaggio moderno e politicamente scorretto. La differenza con Wojtyla (Zurlo)

Clicca qui per leggere l'intervista segnalataci da Eufemia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembrava giusto copia-incollare, per metterlo bene in evidenza, un commento particolarmente significativo che ho letto sotto quest'articolo.

In omaggio al Papa della mitezza.
(di Rossella Meneghini)
Penso che Benedetto XVI non sia altro che la continuazione meno mediatica, ma più intimamente religiosa di G.P. II costretto, proprio dalla sua esposizione mediatica, a vivere la sua intima religiosità e decadenza fisica, sotto i riflettori. Un G.P. II che ha potuto rimanere pubblicamente sulla Croce perché sotto la stessa c’era il suo Giovanni, c’ era sua Madre, c’erano le pie donne, che l’allora Cardinale Ratzinger riuniva in sé stesso. Non solo, ma essendo uomo di grande cultura, dalla quale ha tratto la vera Sapienza e la vera Saggezza, é sempre stato mite e umile di cuore. Quando, come Benedetto XVI, in quel non troppo lontano 19 aprile 2005, si é trovato ai piedi del Calvario, era già desolatamente solo, schiacciato dal peso del carisma, che aveva contribuito ad affermare, del suo predecessore. E a rendere più gravoso il peso, si deve caricare, come ogni successore di Pietro, della Croce di dover traghettare una Chiesa che in più, già sapeva, era ormai diventata il Sinedrio del terzo millennio. Un Sinedrio che, come duemila anni fa, per le sue beghe interne, non gli ha risparmiato flagelli, spine, calci, sassi e lanci di oggetti vari, zittendo così il kerigma che con umile caparbietà e sicura convinzione, ha proclamato. Sospinto da questa canea, arrivato sul Golgota di tutte le miserie umane, si é disteso sulla Croce del Sinedrio romano e si é lasciato crocifiggere come l’ultimo degli schiavi. Uno schiavo però, che ha agito da uomo libero, nella libertà del respiro di Dio. Sente che la forza fisica, giorno dopo giorno sta scemando e che la debolezza che ne deriva, invade ogni fibra della sua anima già affranta, ma sempre serena. E serenamente sceglie di essere Padre fino in fondo, rimanendo su quella Croce in modo diverso: in silenzio e in solitudine. Un silenzio e una solitudine, rotti solo dalla preghiera di tutto il suo essere proteso nell’imitazione del suo Cristo. Ma da quella silenziosa e solitaria crocifissione non risuonerà il grande grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” E’ già risuonato nel suo cuore di figlio, divenuto Padre lungo il doloroso Calvario. Dalle sue labbra é uscito solo un lamento e a quel lamento, il Cielo é rimasto muto e dalla Terra sono emerse laceranti grida: un groviglio di benedizioni, poche, e di contumelie, troppe, contro la mitezza piegata e piagata, ma non spezzata, che si trascinava sotto la Croce, E trascinandosi chiedeva perdono per quelli che, purtroppo, sapevano quello che facevano. Ora quella silenziosa e solitaria sofferenza, scelta liberamente e liberamente abbandonata nelle braccia amorose del suo Dio, sarà il perenne Offertorio affinché Dio usi misericordia al suo popolo e alla sua Chiesa. Santo Padre, Padre in eterno, lascia che le umili preghiere di tutti quei figli che ti amano, avvolgano la tua solitudine e come dolce musica, siano balsamo e carezza al tuo grande e mite cuore.

Anonimo ha detto...

E' un commento bellissimo,ne segnalo un altro altrettanto bello di Carmen Lasorella su Cultura Cattolica titolo'Per il bene della chiesa';segnalo anche un'iniziativa per chi è vicino a Roma geograficamente,una fiaccolata di saluto e ringraziamento al Santo Padre,il 27 febbraio,alle ore 19 in piazza S.Pietro,sotto la finestra dello studio del papa,perchè è l'ultimo giorno che lui lo occupa.GR2