martedì 19 febbraio 2013

Quella rinuncia il vero martirio (Vincenzo Nardiello)



Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Quella rinuncia il vero martirio

di Vincenzo Nardiello

Le ceneri di Pietro ardono. Quale che sia la “lettura” più corretta della clamorosa rinuncia di Ratzinger, di sicuro da oggi il confine tra la libertà di Dio e la libertà da Dio è più labile. Una botta dura da incassare soprattutto per i laici, con i quali il Papa teologo ha pervicacemente instaurato un dialogo incessante, teso ad allargare gli spazi della ragione fino agli estremi confini della fede e oltre.
Ben si comprende, quindi, la malcelata esultanza con cui noti ambienti laicisti hanno accolto la rinuncia del Pontefice che più di ogni altro li aveva messi in difficoltà. Può davvero bastare, per dare piena legittimità alla decisione, il fatto che il diritto canonico contempli l’istituto della rinuncia? Assolutamente sì dal punto di vista
giuridico. Ma la Chiesa è cosa troppo grande per essere ridotta a questione di norme e codici, e la decisione di Benedetto XVI - da lui stesso definita «grave» - è cosa troppo importante da potersi giustificare affidandosi ad un buon azzeccagarbugli. 
Circola in queste ore la suggestione che il prossimo Papa dovrà essere giovane. Il solo fatto che se ne parli rivela il grave vulnus creato da quanto  è accaduto: i prossimi Pontefici, giunti ad una certa età, avranno il diritto di ritirarsi? E in base a quali malanni? Potranno sfilarsi dal loro ministero come un premier da un Governo o un amministratore dalla guida di un’azienda? Interrogativi irriverenti?
Sì, ma niente in confronto a domande ben più gravi e angosciose che si aprono nel corpo ferito di una Chiesa divisa e rissosa. I credenti se ne faranno una ragione, ma per tutti gli altri è accaduto un fatto inaudito: un Papa ha deciso di liberarsi del compito affidatogli dallo Spirito Santo perché afferma di non riuscire più a sostenerne il peso. Ergo: chiunque potrà liberarsi della vita donatagli da Dio se riterrà di non sopportarla. Dal punto di vista del non credente la consecutio è legittima e difficilmente contestabile. Ciò apre un ulteriore, drammatico varco nel sempre più barcollante muro della difesa della sacralità della vita, già sottoposto al quotidiano e diabolico bombardamento della cultura anticristiana dominante. Una strumentalizzazione inaccettabile per un cattolico.
È stato il cardinale di Cracovia a paragonare la scelta di Ratzinger a quella di Wojtyla: «Dalla croce non si scende».
Parole terribili. Tuttavia, sarebbe offensivo pensare che Benedetto XVI abbia potuto decidere di indebolire la Chiesa; di tralasciare ciò che è a tutti chiaro con solare evidenza. La croce di Ratzinger, allora, è costituita proprio dalla sua rinuncia. «Per il bene della Chiesa», come lui stesso ha spiegato.
Può darsi che i dossier, i documenti trafugati e le piccole miserie dell’“infida” curia romana siano solo grossolane speculazioni. Quello che è certo è che con il suo gesto non solo il Papa non è sceso dalla croce, ma vi si è ancor più fortemente inchiodato in una vocazione al martirio che prepara il terreno alla santità.

© Copyright Roma, 19 febbraio 2013

2 commenti:

cc ha detto...

Udite ......udite.......squillino le trombe di qua ......crepitino i cembali di la ............leggetevi questa . non la prima parte (La mia cattiveria mi ha suggerito una maligna considerazione sulla regola aurea della maggioranza democratica in relazione ad un popolo nipote e pronipote di chi 70 anni fa diede carta bianca coscientemente e entusiasticamente ad un tipo come hitler e alla sua banda di psicopatici e 70 anni dopo ha voltato le spalle all'unico tedesco di cui valeva la pena essere fieri). Leggetevi quanto dichiarato da Zollitsch. Notate bene che ad un certo punto il tipo usa l'avverbio "forse". Ripeto: se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere

cc ha detto...

Mi sono dimenticata il link
http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/germania-germany-alemania-22489/