sabato 9 febbraio 2013

Trascrivere è un po' vivere. Il caso buono di Valencia, dove in migliaia, da oggi, ricopieranno la Bibbia (Cristiana Dobner)


MODERNI AMANUENSI

Trascrivere è un po' vivere

Il caso buono di Valencia, dove in migliaia, da oggi, ricopieranno la Bibbia. Non è il Medioevo che ritorna, è la Parola di Dio che ci prende la mano

Cristiana Dobner

Viviamo in tempi tecnologici avanzatissimi e utilissimi per la comunicazione, tranne quando si presentano gli abusi, quali il famigerato copia/incolla che offre il fianco ad indagini e spesso a spiacevoli sorprese che, ogni tanto, ci vengono annunciate e distruggono fior di tesi dottorali riducendole a banalissime copiature.
Non è questione di nostalgia di tempi passati, di artistici scriptoria dei monasteri, della bella grafia degli amanuensi, di un’aura antica e suggestiva, cui fa appello l’iniziativa della parrocchia della Natività di Nostra Signora a Burjassot, Valencia (clicca qui). 
La tradizione di Israele afferma: “Mosè ricevette la Torah dal Sinai e la trasmise a Giosuè, e Giosuè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti la trasmisero agli Uomini della Grande Congregazione”, la Parola del Creatore così è giunta fino a noi, persone del XXI secolo: tant’è vero che oltre duemila persone si impegneranno a trascrivere la Bibbia, usando la loro mano; i parrocchiani intendono così affermare la loro fede che si radica nella rivelazione di Dio all’umanità e nel Figlio fattosi Uomo per noi. 
Il via lo darà il vescovo, monsignor Carlos Osoro, proprio con la pagina di apertura della Bibbia: “In principio…”. Gli amanuensi odierni avranno a disposizione ben 6.000 fogli ma, ciascuno di loro, potrà scrivere solo per trenta minuti. 
Si comprende allora come la profondità sia ben altra: attingere allo spirito del Medioevo, in cui era ben viva la percezione che l’assimilazione e il curvarsi sulla Parola di Dio costruisce la persona mentre lancia onde costruttive nella storia dell’umanità. 
Da amanuense ad amanuense, copista infatti richiamerebbe solo il bruto riprodurre, mentre l’amanuense beve ad una fonte che sempre zampilla. Si crea così la grande catena, da anello in anello, formato da quanto di più personale abbia una persona: la grafia che rivela, al grafologo, carattere e temperamento, abitudini e gusti, stati d’animo e precise opzioni. 
Scrivere infatti è un gesto umano: trasferisce il pensiero, e il corrispettivo sentire, in una realtà che prende forma e, come affermavano gli antichi padri latini, richiama ad un’attenzione precisa: verba volant, scripta manent. Per mettere sul chi va là: la tua parola si vaporizza ma la tua parola scritta rimane, esattamente così come tu l’hai vergata. 
In questa distanza fra il detto e lo scritto, emerge anche un elemento, teologico ma profondamente esistenziale e constatabile: la grande differenza fra la Parola di Dio e la parola, per quanto autorevole e dotta, della sua creatura. Infatti quando Dio parla Dio già opera, rende concreto quanto Egli pronuncia e vuole. Noi, invece, quando parliamo dobbiamo fare i conti con la realtà che rimane immutata: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare! 
Quando scriviamo mettiamo in atto quanto, fin dal primo ed esitante tracciato acquisito nell’infanzia, ci distingue come persone e ci consente riflessione e comunicazione intensa. 
Con questa nostra abilità riferita alla Parola di Dio, apriamo nel nostro tempo un varco all’irruzione di Dio, diventiamo i suoi amanuensi, non diciamo quanto noi pensiamo ma trasferiamo nel nocciolo duro della storia, quella scintilla che la Rivelazione di Dio ci ha donato. Da quel Roveto Ardente è uscito un fuoco che ci investe, come insegna il popolo eletto: “Le parole della Torah sono paragonabili al fuoco; come il fuoco è stato dato dal cielo, così pure le parole della Torah vengono dal cielo”. 
I Maestri d’Israele tramandano che queste parole donate posseggono un potere grande: “Rabbi Ismael insegnava: come un martello fa scaturire infinite scintille, così lo studio della Torah fa scoprire un'infinità di significati, com'è scritto: ‘Come un martello che spacca la roccia’”. 
Non kermesse quindi o una sagra mistificata, ma segno di tutti e di ciascuno che deposita sulla pagina ma non la propria limitata e povera parola ma quella grande e potente che fora i secoli: Evangelo, Buon annuncio. Con Marco affidato alla comunità domenicana contemplativa. 
Chi vorrà potrà anche usare lingue moderne diverse dallo spagnolo ma, soprattutto, quelle in cui il Creatore parlò: l’ebraico a Israele, in greco con la Chiesa primitiva e il latino quando la Chiesa si espanse nel mondo. 
Ognuno sarà davvero un anello che non si regge senza gli altri anelli, perché solo tutti riuniti potranno riunire la Bellezza della Rivelazione, affiancati da fratelli e sorelle di confessioni cristiane diverse, evangelici, ortodossi, ma anche da persone sensibili alla sacralità che nasce dall’incontro di Dio con la persona umana, quali gli induisti e i buddisti. 
Non una sorta di gara, di primato Guinness, ma ben di più: affermare come nell’anno della fede da qui, dalla Parola, si debba partire, detto con la riflessione ebraica: “Ben Bag Bag diceva: Girala e rigirala, poiché in essa vi è tutto; contemplala, invecchia e consumati in essa, ma da essa non allontanarti, poiché non vi è per te porzione migliore”. 
Nel Signore Gesù, Parola del Padre.

© Copyright Sir

Nessun commento: