Voci di cardinali e di vescovi sulla rinuncia di Benedetto XVI
Quelle parole che tutti capiscono
«Un atto di straordinaria umiltà». Così il cardinale Timothy Michael Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d'America, è tornato sulla decisione della rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI. Lo ha fatto in un'intervista rilasciata a Flavio Pompetti e pubblicata su «Il Messaggero» di lunedì 25 febbraio.
Benedetto XVI, ha detto il porporato, «ha avuto e ha il pieno appoggio e tutto l'affetto dei suoi fedeli. Anch'io ho raccolto qui a New York solo le parole di amore e di rispetto nei suoi confronti». Il cardinale ha poi sottolineato come «siamo in un momento di passaggio in termini di liturgia con la Quaresima, ma anche in termini reali tra un Papa e l'altro». La Chiesa -- ha aggiunto -- è «sempre stata in bilico tra questi temi: il venerdì santo e la Pasqua; la vita e la morte, il peccato e la grazia, il buio e lo splendore».
«La discrezione del tratto, la naturale riservatezza sembravano il desiderio di distogliere l'attenzione dell'interlocutore dalla sua persona: come un dito puntato su Cristo» scrive invece il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, sul supplemento di «Avvenire» del 24 febbraio, interamente dedicato al Pontefice. «L'urgenza di annunciare -- aggiunge -- che Gesù è il Signore della vita e della speranza, infatti, è l'urgenza che ha ispirato tutto il suo Pontificato».
In occasione della messa per il Papa celebrata lo stesso giorno nella cattedrale genovese di San Lorenzo, il porporato ha ricordato inoltre che Benedetto XVI «non si è mai tirato indietro, neppure quando è stato investito da critiche e derisioni». E a questo proposito ha fatto notare la «chiarezza» e il «coraggio» del Papa nel parlare «al mondo moderno affrontando le categorie più care alla contemporaneità, come la coscienza individuale, la libertà, la laicità, e tutte quelle questioni di ordine morale che tanto agitano la storia contemporanea». Per questo il Pontefice ha dimostrato di non aver «mai avuto timore o soggezione del pensiero unico che circola e spesso condiziona pesantemente il pensare comune»; al contrario «ha cercato le parole migliori per farsi intendere da tutti coloro che cercano sinceramente la verità e il bene».
Monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, su «Il Sole 24 Ore» di domenica 24 febbraio confronta invece le scelte compiute da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI «davanti al venir meno delle loro forze fisiche», parlando di «mistica della croce» per il Papa polacco e di «mistica del servizio» per il suo successore. Due mistiche che sono però «volti di uno stesso amore: l'amore a Cristo redentore dell'uomo e al Padre che l'ha donato a noi; l'amore alla Chiesa e all'umanità, per il cui bene maggiore si è chiamati a offrire tutto di sé e a servire». Benedetto XVI, in particolare -- prosegue monsignor Forte -- «è l'uomo che sa di dover dare gratuitamente quanto ha gratuitamente ricevuto. E sa che questo dare senza ritorno è il servizio a cui è stato chiamato, tanto come pensatore della fede, quando come pastore e apostolo, posto dal Signore a lavorare nella Sua vigna, umile operaio impegnato a spendere tutti i doni d'intelligenza e di fede, ricevuti da Dio, a favore della causa di Dio in questo mondo».
(©L'Osservatore Romano 25-26 febbraio 2013)
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