«Luoghi dell'infinito» celebra l'amore di Benedetto XVI per la bellezza e l'elezione di Papa Francesco
Arte e speranza sono parenti strette
di Lucetta Scaraffia
Ogni numero della rivista «Luoghi dell'infinito», mensile del quotidiano «Avvenire», è una gioia per gli occhi e un inno alla bellezza, esempio di raffinatezza semplice che arriva a tutti ed è rara a realizzarsi. L'ultimo numero, quello di aprile, ha l'eleganza e la generosità di celebrare l'amore di Benedetto XVI per la bellezza, con la gratitudine di chi sa che, grazie alle sue parole, molti fedeli hanno capito meglio il significato spirituale delle opere d'arte sacra, dalla pittura alla musica e all'architettura.
A Benedetto dedica un componimento poetico Massimo Lippi, che in una spiegazione lo tratteggia come «obbediente amico di Gesù» e «creatura profondamente umile e nobile», mentre rievoca suggestivamente l'attesa della fumata bianca e le prime ore di Papa Francesco in un altro breve scritto: «In questa prima notte di pontificato, quando le stelle si sono sciolte in un pianto salutare, lo Spirito Santo era palpabile in piazza San Pietro, là dove si è percepito un alito misterioso di soave bontà».
Nell'articolo di apertura il coordinatore Giovanni Gazzaneo osserva che in Benedetto «l'amore per la ragione che indaga gli orizzonti ultimi è tutt'uno con l'amore per la musica, in particolare per Bach, e per le arti». La Chiesa alla quale egli pensa è quella in grado di «umanizzare» il mondo. Per questo essa deve essere «una casa del bello» e impegnarsi affinché «ciò che è adatto sia anche bello e degno della più importante azione ecclesiale in cui viene usato». Perché l'arte sola è capace di toccarci nell'intimo, di spezzare le catene degli slogan e delle mode e, soprattutto «di scoprire l'anima, quel filo sottile che lega il nostro cuore al cuore di Dio».
Tornano qui le parole di Ratzinger cardinale, che sottolinea come la bellezza sia soprattutto una via di speranza: «L'arte musicale è chiamata, in modo singolare, a infondere speranza nell'animo umano, così segnato e talvolta ferito dalla condizione terrena. Vi è una misteriosa e profonda parentela tra musica e speranza, tra canto e vita eterna: non per nulla la tradizione cristiana raffigura gli spiriti beati nell'atto di cantare in coro, rapiti ed estasiati dalla bellezza di Dio».
Nel discorso tenuto da Benedetto XVI durante l'incontro con gli artisti -- avvenuto nella Cappella Sistina il 21 novembre 2009, e integralmente riportato nella rivista -- il Papa ricordava il Beato Angelico, proclamato patrono degli artisti dal suo predecessore. Quel pittore che dipingeva per Dio e non per gli uomini, come deduciamo dal fatto che nelle sue opere anche la realizzazione delle parti più lontane e alte, quelle che l'occhio umano vede a stento e solo da lontano, è compiuta alla perfezione, per gloria del suo spettatore più importante, il vero destinatario del suo lavoro, il Signore. Perché il pittore mistico sapeva quello che secoli dopo scriverà Simone Weil, citata da Benedetto XVI: «In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro e autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio».
(©L'Osservatore Romano 3 aprile 2013)
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