Un convegno a Firenze sulle sfide culturali a cinquant'anni dall'apertura del Vaticano II
I letterati raccolgono il messaggio del concilio
di Marco Beck
«Ora a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa lavorate: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti, musicisti, gente di teatro e cineasti. (...) Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. (...) Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo!». Le parole del messaggio di Paolo VI agli artisti, pronunciate l'8 dicembre 1965, a chiusura del concilio Vaticano II, hanno attraversato quasi mezzo secolo per venire a incidersi come epigrafe ideale sull'architrave di un convegno fiorentino svoltosi nel Cenacolo di Santa Croce sabato 24 e domenica 25 novembre, sotto l'egida del Progetto culturale della Chiesa italiana e dello stesso arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. Si è trattato, in sostanza, della seconda edizione del ciclo «Scrittori di ispirazione cristiana a convegno». A organizzarla e pilotarla è stato don Vincenzo Arnone, coordinatore delle attività culturali della diocesi ed egli stesso scrittore, affiancato da Leonardo Cappelletti, Flora Filannino e Fabrizio Lelli.
La ricorrenza del cinquantenario dell'apertura del Vaticano II e la proclamazione dell'Anno della fede hanno suggerito agli organizzatori una focalizzazione sul raffronto tra il messaggio conciliare in chiave culturale (attestato da costituzioni quali Lumen gentium, Gaudium et spes, Dei Verbum), la sua risonanza nel complesso periodo postconciliare e i suoi perduranti echi sulle ribalte o tra le quinte della cultura italiana. Il tutto sintetizzato nel titolo «Sfide culturali e letterarie in Italia a cinquant'anni dal concilio Vaticano II».
Si è puntato innanzitutto a ricostruire il contesto storico, socio-politico e religioso degli anni Sessanta, per meglio comprendere le sfide affrontate dal concilio stesso, sotto la guida prima di Giovanni XXIII, poi di Paolo VI. Ha assolto il compito un «testimone», un gesuita che all'epoca era un giovane scrittore della «Civiltà Cattolica»: padre Bartolomeo Sorge, oggi direttore della rivista «Aggiornamenti sociali», che ha appunto tracciato il panorama di quel mondo scosso da fenomeni come il materialismo, lo scontro ideologico tra marxismo e capitalismo, la ferocia dei totalitarismi, la guerra fredda, il dilagare del secolarismo, dell'individualismo, del nichilismo: un orizzonte se possibile ancora più cupo rispetto alla degenerazione economico-finanziaria e al degrado etico-sociale dell'odierna globalizzazione. Eppure, si è messo in evidenza, i Padri conciliari seppero superare queste e altre gravissime difficoltà provenienti dall'esterno. Seppero al contempo sconfiggere pregiudizi, resistenze, irrigidimenti opposti da settori interni alla Chiesa, in ordine al rinnovamento, alle riforme, al discernimento dei progressi scientifici. Seppero non solo aggiornare il linguaggio dell'evangelizzazione e dell'inculturazione del kèrygma nel confrontarsi con il mondo laico e le contraddizioni della modernità, ma anche ridurre quello che Papa Montini avrebbe denunciato, nella Evangelii nuntiandi, come il dramma del nostro tempo: la frattura tra fede e cultura.
Conquista essenziale in tal senso fu l'apertura al dialogo con ogni realtà intellettuale e spirituale. Nel reciproco, rispettoso ascolto. Nella convinzione che l'incontro tra il Vangelo e la cultura è comunque fruttuoso per entrambi. Nella consapevolezza, soprattutto, che Gesù Cristo crocifisso e risorto è, con il suo amore, il mistero che tutto muove, tutto decide.
E sui frutti concreti di questo incontro, di questo amore incarnato anche nelle più alte pagine letterarie, si sono poi intrattenuti i relatori. Pietro Gibellini, italianista della veneziana Ca' Foscari, ha delineato una vertiginosa cavalcata attraverso i secoli, da san Francesco e Dante a Belli e a Manzoni, senza trascurare neppure «i falsi atei» Foscolo e Leopardi. Ha così da un lato evocato i prodromi dell'inculturazione evangelica sancita dal concilio, dall'altro proposto una rilettura sub specie fidei di certi capolavori ritenuti a torto privi di spessore religioso. Dal canto suo Pasquale Maffeo, narratore, saggista, poeta, critico di lungo e sempre appassionato corso, ha posto a confronto due itinerari di ricerca letterario-spirituale influenzati dal Vaticano II: quello più incerto di Ignazio Silone (L'avventura di un povero cristiano) e quello invece sfolgorante per fede riconquistata, profondità concettuale, potenza creativa e splendore stilistico, di Mario Pomilio (Il quinto evangelio, Scritti cristiani), da accostare alle figure di Santucci, Chiusano, Ulivi.
La poesia e il teatro drammaticamente «gridati» da Giovanni Testori nel suo faccia a faccia con Dio, la lucidità di Rodolfo Doni nello scandagliare le coscienze di uomini politici e sacerdoti in crisi, il realismo intriso di spiritualità di padre Gianni Giorgianni nel raccontare le discusse esperienze dei preti-operai hanno trovato interpreti acuti, rispettivamente, in Davide Rondoni, Giovanni Pallante e don Vincenzo Arnone.
Più specificamente intorno all'interazione tra prassi letteraria e lettura-meditazione delle Sacre Scritture, alla luce della Dei Verbum rivisitata con il filtro di un illuminante contributo del cardinale Carlo Maria Martini sulla centralità della Parola di Dio (2005), si è articolata, la mattina della domenica, la seconda tavola rotonda. Oltre che per un approfondimento di Gibellini sulla poesia e profezia di padre David Maria Turoldo, vi è stato spazio per l'ascolto di due scrittrici. Liliana Cantatore ha offerto una convincente «giustificazione» circa il tema della diversità di «chiamata» trattato sia in un suo romanzo sul rapporto tra madre e figlia intercorrente tra sant'Anna e la Vergine Maria (Nascoste nella luce), sia in un dramma che verte sulle peripezie del profeta Giona (Increduli e perversi). Richiamandosi alla grande lezione della Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, Neria De Giovanni ha poi sfogliato un ricco catalogo di rappresentanti della cultura italiana al femminile che tra poesia e prosa hanno saputo coniugare, sotto l'influsso conciliare, fede ed esercizio letterario.
Itinerari che rappresentano non solo una ricognizione nel passato ma un invito a tutti gli intellettuali credenti ai quali compete, secondo il magistero del Vaticano II più volte ribadito da Benedetto XVI, la missione di dare testimonianza alla Verità, di far riecheggiare la Parola nel canto artistico e giubilante delle loro parole. Non restando alla finestra ma scendendo nelle strade, in mezzo agli uomini.
(©L'Osservatore Romano 1° dicembre 2012)
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