A colloquio con l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia
Conservatori del futuro
di Gianluca Biccini
La famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna non è un'istituzione superata, ma è il futuro della stessa società umana. E a chi accusa la Chiesa di conservatorismo la risposta è secca: «Semmai siamo “conservatori dell'avvenire”, del futuro della società». Parola di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che in questa intervista al nostro giornale analizza in particolare le realtà italiana, francese e statunitense -- paradigmatiche del dibattito culturale che è in corso sulle tematiche familiari -- illustrando anche i tanti progetti che il dicastero ha in cantiere quest'anno.
Poche settimane dopo l'incontro mondiale svoltosi a Milano nel giugno scorso, Benedetto XVI l'ha chiamata a presiedere il Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ieri sono stati presentati gli atti di quell'importante avvenimento. Che indicazioni ne ha tratto?
Che la numerosissima partecipazione delle famiglie ha mostrato la forza vitale che esse rappresentano nella Chiesa e nella società. Sono stati smentiti i profeti di sventura che prevedevano l'estinzione della famiglia. Oggi, nonostante i molti problemi, non dobbiamo dimenticare che la famiglia resta ancora la risorsa fondamentale delle società. A Milano si è visto che la famiglia continua a resistere. Nemmeno la forte opposizione culturale che la circonda è riuscita a reciderne il profondo radicamento nel cuore della gente.
Da dove viene tutto questo ottimismo?
Da dati statistici che sono unanimi nel rilevare come, almeno in Italia, la famiglia si collochi al primo posto come luogo di sicurezza, di rifugio, di sostegno, e resti in cima ai desideri della stragrande maggioranza dei giovani. Secondo una ricerca coordinata da Pierpaolo Donati, ordinario di sociologia nell'Università di Bologna, in Italia l'80 per cento dei giovani dichiara di preferire il matrimonio, civile o religioso. Del restante 20 per cento che opta per la convivenza, sembra che solo il 3 per cento consideri quest'ultima una scelta definitiva; l'altro 17 per cento la ritiene transitoria in attesa del matrimonio.
Ma quello che sta succedendo in Francia non fa pensare che nel resto d'Europa il vento soffi verso altre direzioni?
Ricordo che a un'inchiesta condotta dalla Conferenza episcopale francese un anno e mezzo fa, il 77 per cento degli intervistati ha risposto che desidera costruire la propria vita di famiglia, rimanendo con la stessa persona per tutta la vita. E la cifra sale all'84 per cento per i giovani tra i 18 e i 24 anni. Sia questo sondaggio, sia quello che ho citato prima a proposito dell'Italia esprimono il sentire di due Paesi così diversi per cultura e storia, e tuttavia coincidenti in questo bisogno di solidità degli affetti. Si tratta di un dato che deve farci pensare molto attentamente, proprio perché tocca le radici dell'intera umanità, fino a giungere al cuore della Bibbia: «Non è bene che l'uomo sia solo, facciamogli un aiuto che gli sia simile» è scritto nel libro della Genesi (2, 18). Perché l'uomo da solo è niente: per lui tutto si gioca nell'interdipendenza. In questo senso le risposte ai sondaggi, mentre sottolineano il bisogno dell'amore e degli affetti, richiedono anche la loro stabilità al di là dei propri sentimenti. L'autosufficienza del proprio sentimento rischia di diventare un virus corrosivo di questo bisogno fondamentale di famiglia.
Su questo tema il dibattito è particolarmente attuale anche negli Stati Uniti d'America. È per questo che avete scelto la grande nazione oltreoceano come sede per il prossimo raduno mondiale delle famiglie?
L'appuntamento a Philadelphia nel 2015 è ancora lontano. Ma già si sta lavorando da tempo in quella nazione, dove è in atto una deriva individualista che può essere frenata unicamente dall'irrobustimento di questo profondo sentimento famigliare, del bisogno di avere una famiglia formata da padre, madre, figli. È importante riaffermare il legame tra le generazioni e la famiglia, crocevia dell'incontro intergenerazionale. Fa pensare che nelle carceri minorili l'85 per cento dei giovani detenuti provenga da famiglie senza padre. Sono dati dell'Institute for American values. Il bisogno di una famiglia stabile e i problemi che si creano quando manca tale stabilità sono una patologia. Ma attenzione a non abolire la famiglia solo perché a volte appare malata. Impressiona sapere che autori come Alexis de Tocqueville mostrino come la democrazia moderna richieda una famiglia solida e stabile. E ciò è in stretto rapporto con quanto affermato da Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2008 sul tema Famiglia umana, comunità di pace: «La famiglia è un'istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale». Questo anche per dire che le tragedie che negli Stati Uniti hanno come teatro le famiglie e le scuole devono spingerci a interrogarci sulla salute della famiglia. Purtroppo c'è un divorzio in atto tra la cultura e la famiglia. La prima ha abbandonato la seconda, dopo averla sfruttata in tutti i modi, al punto che lo stesso linguaggio è diventato una sorta di Babele: si scambiano padre per madre, uomo per donna, e si fa confusione tra matrimonio per tutti, coppie di fatto che vogliono essere de iure, uguaglianza che richiede abolizione delle diversità.
In proposito il premio Nobel messicano Octavio Paz affermava che un popolo comincia a guastarsi quando corrompe il proprio linguaggio.
Infatti mi chiedo: che ne sarà del termine “fratello” o “sorella” vista la consuetudine, che va radicandosi sempre più, della scelta di avere solo un figlio? E se passa la dizione “genitore a” e “genitore b”, mi domando: qual è la prima parola che i genitori si aspettano che il bambino dica? C'è nella cultura dominante un piegarsi all'individualizzazione del-l'io. Quest'ultimo infatti si ritiene in diritto di avere diritti illimitati. La corsa all'individualismo sta scardinando la famiglia, come pure le diverse forme di società. Tanto che si continuano a fare scelte politiche e legislative che portano le società sull'orlo dell'abisso, come decenni addietro avvertiva Hans Jonas a proposito dell'ecologia. Perciò il nostro Pontificio Consiglio è chiamato a promuovere un'azione creativa: per esempio, attraverso il convegno internazionale di giuristi cattolici, che si terrà a Roma alla fine di giugno, per sollecitare gli studiosi a riflettere, appunto, sui “diritti” della famiglia all'inizio di questo nuovo millennio. Dal prossimo aprile partirà, inoltre, la serie di seminari di studio «Dialoghi per la famiglia». Esperti delle diverse discipline, tra i quali psichiatri ed educatori, per citare solo un paio di categorie, affronteranno le grandi sfide riguardanti famiglia e matrimonio.
Eppure la Chiesa continua a essere accusata di conservatorismo.
Sono accuse superficiali. Qui non si tratta di sostenere istituzioni superate, ma di pensare al futuro della stessa società umana. Semmai si potrebbe dire che siamo “conservatori dell'avvenire”, appunto, del futuro della società. La Chiesa conosce l'alto prezzo delle fragilità familiari che viene pagato soprattutto dai figli, anche quelli non nati, dagli anziani, dai malati. La famiglia significa casa, stabilità, crescita, futuro. È importante perciò sottolineare la testimonianza che le famiglie devono offrire. Occorre cioè mostrare con l'esempio che è possibile e bello “mettere su famiglia”, che è decisivo per la propria e l'altrui vita poter sperimentare l'amore coniugale e l'amore familiare, capaci di sostenere le difficoltà.
Quali sono le altre iniziative che il dicastero ha in programma quest'anno?
Siamo nel trentennale della Carta dei Diritti della Famiglia, promossa dal nostro dicastero il 22 ottobre 1983. La ripresenteremo nei prossimi giorni alle Nazioni Unite a New York e nell'occasione sarò ricevuto dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e dal presidente dell'Assemblea generale Vuk Jeremić. Anche la plenaria del nostro dicastero, che si terrà nel mese di ottobre, verterà su questo testo. E un momento importante di festa e di gioiosa testimonianza sarà il pellegrinaggio delle famiglie alla tomba di Pietro, in occasione dell'Anno della fede, il 26 e il 27 ottobre prossimi. Infine un significativo investimento è stato fatto nel settore della comunicazione, di cui il nostro rinnovato sito web www.familia.va in quattro lingue è solo uno dei primi frutti.
(©L'Osservatore Romano 6 febbraio 2013)
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