Una rilettura contemporanea del tema della presenza eterna di Dio nella storia indagato da Agostino e Origene
L'angelo d'oro e il mistero del tempo
di Manuel Nin
Inos Biffi, in una sua recente pubblicazione -- Per ritrovare il mistero smarrito. Riflessioni su Gesù il Signore, l'intelligenza della fede, la scuola dei maestri (Milano, Jaca Book, 2012, pagine 272, euro 20) di cui il nostro giornale ha parlato il 27 giugno scorso -- mette all'inizio, quasi come il fondamento e il punto di partenza della sua raccolta, fondamento e punto di partenza della stessa fede cristiana, la professione di fede nell'unico Dio che è Padre e Figlio e Spirito Santo: «per un cristiano, al di fuori o accanto all'unico Dio in tre persone, professato già nei vari simboli battesimali della Chiesa primitiva, non esistono altri dei».
Sant'Agostino di Ippona, nella sua riflessione teologica, raccogliendo il frutto della polemica trinitaria del iv secolo ed elaborandolo in un modo unico e originale, approfondisce la sua ricerca attraverso analogie della vita trinitaria che scopre nella stessa anima umana; accogliendo e vedendo l'incarnazione del Verbo come summa gratia che permette di cercare il volto di Dio e di amare nella fede la Trinitas quae est unus Deus. Inoltre Agostino stesso ci insegna che nelle profondità di ogni essere umano vi è Dio (Uno e Trino), il quale ascolta ogni nostro pensiero e contempla ogni singola nostra esperienza (passata, presente e futura) con un'unica simultanea (ed eternamente presente) visione d'insieme.
E ancora sulla scorta di questa presenza atemporale di Dio nel De Trinitate afferma: «Se prima lo Spirito Santo non veniva dato, di che spirito erano pieni i profeti quando parlarono? La scrittura dichiara in modo netto ed in molti passi che essi hanno parlato mossi dallo Spirito Santo».
La ricerca di Dio, delle sue manifestazioni lungo la storia e attraverso il pensiero di tanti autori, anche precedenti alla fede cristiana, supera in qualche modo spazio e tempo. Qualche anno fa mi è capitato tra le mani un saggio, apparso nel 1996, che era forse senza pretese ma ricco di intuizioni importanti e originali. Nel saggio -- intitolato Un angelo d'oro (Roma, Città Nuova, 1996) -- l'autore, Daniele Piccioni, propone in modo spesso dialogico, e in certe pagine quasi paradossale, la sua teoria sull'eternità-temporalità, esistenza eterna, manifestazione del Dio eterno, infallibile, amante degli uomini.
Questa teoria ha continuato a maturare nel pensiero dell'autore. Già in quel libro, forse a insaputa dell'autore stesso, troviamo quasi una parafrasi del pensiero agostiniano, fatto che mette in evidenza la profondità dell'intuizione di Agostino e come essa sia un valido metodo di approccio al mistero di Dio: «Per questo tra i vari universi possibili (Dio) ha potuto creare solo quello più straordinario: il più bello, il più stupefacente di tutti, il più adatto ad accogliere nel migliore dei modi la Sua immagine stessa: la coscienza dell'uomo. D'altro canto non avrebbe potuto assolutamente compiere il benché minimo errore: l'avrebbe anticipatamente previsto e subitaneamente corretto».
Ed è proprio ragionando intorno alla atemporalità e ai paradossi che ne conseguono che si arriva alla conclusione di un Dio infallibile. La fede cristiana ha come fondamento la vera incarnazione del Verbo di Dio, che salva l'uomo, tutto l'uomo, e lo riporta a quell'immagine e somiglianza originale, in cui fu creato. Il Verbo incarnato poi, riflettuto nell'anima dell'uomo; in essa avviene in qualche modo la manifestazione della vita trinitaria proposta da Agostino stesso: memoria, contemplazione, amore; memoria, intelligenza, preveggenza secondo la proposta di Piccioni che ricorda appunto quella del vescovo di Ippona.
Dopo alcuni anni di ricerca e di approfondimento è lo stesso autore che sintetizza la sua teoria sulla atemporalità e quindi la preveggenza nel suo rapporto col Dio trinitario, e lo fa a partire dal paragone col pensiero trinitario agostiniano. In un suo lavoro ancora inedito propone questa sua teoria: «Se ipotizzassimo l'esistenza di un'entità consapevole totalmente immersa nella simultaneità dei tre tempi non potremo che concepirla come una ed indivisibile. Tuttavia, da un punto di vista strettamente logico è possibile, o per meglio dire, necessario, suddividerla in tre, tenendo però ben presente che tale suddivisione concettuale non può riferirsi alla sostanza, alla potenza, e all'eternità di ogni singola parte, bensì al tipo di relazione che le cementa».
Teoria che poi in un secondo momento l'autore sintetizza in tre proposte nuove e allo stesso tempo vincolate o se si vuole poggiate nel pensiero agostiniano, che troviamo specialmente nel quindicesimo libro del De Trinitate.
Leggiamo prima la proposta di Piccioni e poi confrontiamo quella di Agostino nel De Trinitate (XV, 23): «la consapevolezza di un eterno passato è assimilabile alla memoria e a Dio Padre». Agostino: «sebbene la memoria dell'uomo presenti a modo suo in questa immagine della Trinità una somiglianza (...) non del tutto dissimile del Padre». Piccioni: «La consapevolezza di un eterno presente è assimilabile all'intelletto e a Dio Figlio». Agostino: «Sebbene l'intelligenza dell'uomo che è informata dalla memoria (...) presenti una certa somiglianza del Figlio». Piccioni: «La consapevolezza di un eterno futuro è assimilabile all'amore e a Dio Spirito Santo». Agostino: «Sebbene l'amore dell'uomo (...) che unisce la memoria e l'intelligenza presenti una certa somiglianza dello Spirito Santo».
Semplice parallelo? Rilettura attuale? Senz'altro un punto di partenza per sviluppare il tema centrale nel pensiero dell'autore. Ruolo importante in questa riflessione anche il tema della bellezza o del Bello, del vuoto della sua mancanza, della pienezza della sua presenza: «Non si può arrivare a gioire pienamente del bello se prima non si è sperimentato il terribile vuoto derivante dal suo esatto contrario: il brutto, la stortura, il difetto, l'errore».
In fondo siamo di fronte a una speculazione sull'Essere (che di per sé è uno e trino; nel tempo e fuori dal tempo) la cui formulazione, in qualche modo sintetica, si trova già in Un angelo d'oro: «Nell'essere tempo i tre sono uno (...) il primo di questi definibile concettualmente passato o memoria, non è né generato né procedente dagli altri. Esso genera l'unità (...) e si potrebbe benissimo chiamare il padre. Il secondo, ovvero il tempo presente, è generato in perpetuo dal primo (...) e in un modo del tutto essenziale lo rivela (...) potrebbe essere chiamato benissimo il figlio. Il terzo dei tre (...) può apparire simile a un soffio che si avvicina al figlio e al padre da sempre o che forse più semplicemente li aspira continuamente (...) Legittimato dalla medesima sostanza, potenza ed eternità comune agli altri, ognuno dei tre è pienamente se stesso ed è proprio da tale pienezza individuale che l'unità si cementa». Viene da chiedersi se non siamo di fronte a una rilettura, consapevole o no, della riflessione trinitaria di Origene.
(©L'Osservatore Romano 24 novembre 2012)
Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
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