sabato 23 febbraio 2013

Il cardinale Ravasi: il "nascondimento" di Benedetto XVI è un ministero


Il cardinale Ravasi: il "nascondimento" di Benedetto XVI è un ministero

Un saluto affettuoso segnato da parole di ringraziamento è quello che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha rivolto al Papa a conclusione degli Esercizi spirituali. Forte l’invito a vivere nel silenzio la Parola di Dio. Il servizio di Benedetta Capelli: 

Giunge al termine di una settimana di “camminate” – come ha detto il Papa – “nell’universo della fede e dei Salmi”, il sentito ringraziamento del cardinale Gianfranco Ravasi. Parole che sono il megafono di quelle che la Curia Romana porta nel cuore: 

“Alcuni mi hanno detto certamente di dire il vostro affetto – ed è evidente – di dire la vostra condivisione; qualcuno mi ha detto di domandare perdono per quanto non siamo stati capaci di fare per sostenerlo nel suo ministero. Io penso che, però, semplicemente, la parola sia quella semplice del ringraziamento, che abbiamo detto prima: ringraziarlo per il suo magistero e ministero. Di queste due parole – io direi – ora ne rimarrà esplicitamente almeno una soltanto. Magistero, comprende l’avverbio ‘magis’, più, che è appunto l’essere sopra e guidare; ministero invece l’avverbio 'minus', il servizio, infatti ‘minus’ è farsi meno. Ed ora appunto sarà questo il suo ministero, nascondendosi idealmente. Anche quello però è un ministero, pur essendo ‘minus’”.

E il cardinale è voluto riandare all’immagine con la quale aveva aperto le sue meditazioni: Mosè sul Sinai. Accanto a lui il profeta Elia, figura che idealmente il porporato associa a Benedetto XVI: 

“Questo profeta, che ha provato molte amarezze, tanto che ha avuto in sé il desiderio, persino, di lasciarsi andare sotto il terebinto, è salito su per incontrare ancora il suo Signore e il suo Signore non è nel vento impetuoso e gagliardo, da spaccare i monti; la grande teofania, pur vera, non è neppure nel terremoto che sconvolge la terra e non è neppure nella folgore. Era tutta l’esperienza che ha fatto Benedetto XVI, che facciamo quando siamo nel mondo, nella storia, le grandi epifanie di Dio. E poi alla fine lassù Dio gli si rivela. Ecco, io penso che idealmente sarà questa l’epifania di Dio, la teofania che Benedetto XVI sperimenterà. Noi, idealmente, la raccoglieremo giù in basso”.

Nelle ultime meditazioni, il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha analizzato il Libro di Neemia indicando “sette stelle”. La prima è la lettura della Parola che deve risuonare nella comunità; la spiegazione con la capacità di andare oltre la superficialità delle parole; la comprensione che è “conoscenza saporosa” come diceva Maritain. A questi tre elementi se ne aggiungono altri quattro, che sono l’ascolto e in ebraico ascoltare è anche obbedire; la conversione e quindi le lacrime dei fedeli; l’impegno che genera l’ascolto della Parola e infine la festa che è la liturgia. Ma c’è un aspetto che il cardinale Ravasi, sollecitato dai suoi confratelli, ha voluto evidenziare: il silenzio di Maria: 

“Nel momento drammatico e tragico, quando perde completamente il Figlio, il momento nel quale certo diventerà Madre in un’altra forma, tace, ma quel silenzio è il silenzio della prova e della fede. Guardando Maria che tace e che parla in verità, con tutta se stessa, parla per l’ultima volta e parla a tutti noi, invitandoci al silenzio”.

Ieri nella meditazione pomeridiana, il porporato aveva affrontato il tema dell’amore fraterno, esortando anche la comunità religiosa a ritrovare l’unità e la carità: 

“Benedetto XVI ci ha ricordato tante volte questo tema che tocca noi in maniera particolare. Queste parole - ‘divisione’, ‘dissidi’, ‘carrierismi’, ‘gelosie’ - sono parte dell’esperienza, del peso e della fatica dello stare insieme. Quante volte si sente persino - dobbiamo confessarlo - questo veleno di gelosia ed invidia che comincia ad introdursi nei confronti di un’altra persona. E anche quest’ultima, se sensibile, avverte di essere oggetto di tali sentimenti”.

E in conclusione ha ricordato che il Signore è misericordioso e pietoso. “Il perdono di Dio – ha concluso - non ha confini”.

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2 commenti:

laura ha detto...

Ravasi ha ragione. Chi sta vicino al Papa si rende conto che è un Uomo di Dio, infinitamente più in Alto di tutti

Eugenia ha detto...

Infatti dovrebbero essere altri a nascondersi in preghiera e clausura non Benedetto