Il Papa fa record di cardinali Ma chi comanda è l'America
Paolo Rodari
Papa Benedetto XVI ha creato ieri sei nuovi cardinali, nessuno di questi europeo.
I nuovi porporati provengono da tre continenti: America, Africa e Asia, terre di confine di Chiese giovani e in notevole espansione. Si tratta di monsignor James Michael Harvey, già prefetto della Casa Pontificia, nominato ieri arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura; Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano); Sua Beatitudine Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India); monsignor John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria); monsignor Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà (Colombia), e monsignor Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippine). Con questa creazione i cardinali elettori (in caso di conclave sono coloro che possono eleggere il Papa) salgono a 120, il numero massimo previsto già da Paolo VI. In generale il Paese con più rappresentanti è l'Italia (50 cardinali), seguito a ruota dagli Stati Uniti che conta 22 porporati. E sono proprio questi ultimi che stanno assumendo un peso sempre maggiore fra le gerarchie della Chiesa.
Si sono schierati durante le elezioni contro Obama, scottati da una riforma sanitaria che lede - così dicono - la libertà religiosa e il diritto alla vita, e hanno perso. Eppure il loro peso nella Chiesa cattolica non accenna a diminuire anzi aumenta. Tendenzialmente conservatori, poco inclini a compromessi con le istanze della contemporaneità, fedelissimi a Pietro e alla Chiesa di Roma, sono una delle maggori novità della Chiesa di inizio millennio, differenti per stili e sensibilità teologiche ai confratelli europei molti dei quali, per vicinanza territoriale, sono più inclini a subire il fascino del mondo protestante.
Leader oggi del mondo americano è Timothy Dolan, arcivescovo di New York e capo dell'episcopato, ama evangelizzare birra alla mano nei pub della città. Spesso in radio, in tv, pensa che il gregge vada cercato per strada e non atteso nelle sagrestie. Appassionato di baseball è uno dei migliori frontman del cattolicesimo d'oltreoceano. In carne e amante della buona tavola, Dolan scherza sempre col proprio peso dicendo di «aver preso un dottorato in dietologia», per quante diete ha seguito nel corso degli anni (a dir la verità con scarsi risultati). Il suo mandato alla guida della Conferenza episcopale del paese scadrà fra un anno circa. Per la successione i giochi sono aperti ma c'è chi è pronto a scommettere sull'arcivescovo di Los Angeles José H. Gómez. Ispanico, darebbe peso all'interno del cattolicesimo americano alla fazione più numericamente emergente, quella appunto dei ladinos.
Se Dolan è l'esponente principe di un conservatorismo non timoroso del mondo, Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston, è il nobile esponente di un cardinalato meno di battaglia ma non per questo meno influente. Dice di lui il vaticanista John Allen: «O'Malley è un principe della chiesa che preferisce il suo semplice abito cappuccino marrone alla raffinatezza sartoriale a cui il suo ufficio gli dà diritto». «San Francesco ha detto che dovremmo abbracciare il Vangelo sine glossa, il che significa senza scuse - ha detto recentemente un altro presule di peso del mondo statunitense, l'arcivescovo di Filadeflia Charles Jospeh Chaput -. In questo senso io non posso che definirmi altro che un cappuccino. Se la gente vuole sapere chi sono deve andare a studiare la tradizione cappuccina».
© Copyright Il Giornale, 25 novembre 2012 consultabile online anche qui.
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