giovedì 22 novembre 2012

Il vescovo guida e maestro sulla via del rinnovamento (Gerhard Ludwig Müller)


Un volume di monsignor Fabio Fabene edito dalla Libreria Editrice Vaticana

Il vescovo guida e maestro sulla via del rinnovamento

Viene presentato nel pomeriggio di giovedì 22 novembre, presso l'Istituto Patristico Augustinianum, il libro di monsignor Fabio Fabene Il Vescovo Maestro della Fede (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, pagine 124, euro 12,00). La prefazione -- della quale diamo di seguito ampi stralci -- è dell'arcivescovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che interviene alla presentazione insieme con Enzo Romeo, responsabile della redazione esteri del Tg2, e con l'autore.

di Gerhard Ludwig Müller

In ogni Chiesa locale c'è un vescovo monarchico il quale, in comunione con i presbiteri e coadiuvato dai diaconi, rappresenta l'unità dei vescovi e delle Chiese locali tra loro e con l'origine apostolica di esse. I vescovi e i sacerdoti, nel servire in persona Christi, capo della Chiesa, la salvezza dell'uomo con l'annuncio della Parola e con l'amministrazione dei sacramenti, rendono presente l'unità della Chiesa con Gesù Cristo, il Figlio del Padre e l'unto dello Spirito Santo.
Gesù Cristo rende gli apostoli partecipi della sua consacrazione messianica e della sua missione divina. Con un atto sovrano di elezione e di vocazione egli istituisce i Dodici «per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni» (Mc 3, 13-15).
Il principio della fondazione apostolica e dello sviluppo del sacramento dell'ordine nella dottrina e nella prassi della Chiesa è chiaramente espresso nelle parole con cui il Signore risorto invia gli apostoli, e con ciò anche la Chiesa, sino alla fine della storia: «Come il Padre ha mandato me, io mando voi... ».
La classica critica di tipo protestante/riformato al sacerdozio ministeriale cattolico parte dal concetto, tratto dall'ambito della storia delle religioni, del sacerdote come mediatore tra il popolo semplice e le potenze superiori, con le quali ci si dovrebbe riconciliare per mezzo di sacrifici umani. Se nella teologia cattolica i vescovi e i presbiteri dal ii secolo vengono chiamati anche sacerdos/hiereus, chiaramente con questo si intende la partecipazione all'operare santo di Gesù, che agisce per mezzo di loro quali «servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (cfr. 1 Cor 4, 1). Dio stesso è il soggetto della riconciliazione degli uomini con Dio. E Cristo stesso ha affidato agli apostoli la parola della riconciliazione. Ed è per questo che l'autocomprensione degli apostoli e dei loro successori nell'ufficio episcopale e sacerdotale trova una formulazione ideale allorché con Paolo essi dicono: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20).
Quando parliamo dell'ufficio magisteriale, pastorale e sacerdotale, non intendiamo uffici realmente differenti, uniti nella persona del vescovo. Il servizio dell'insegnare, il servizio del guidare e del santificare rappresentano unicamente gli aspetti più importanti dell'unica missione e potestà spirituale. Così, la formulazione secondo la quale il vescovo, nella successione apostolica, è «maestro della fede» illumina da una prospettiva particolare l'intero suo ufficio quale servizio per la salvezza degli uomini, che, in Gesù Cristo, tutti noi riceviamo in misura sovrabbondante e inesauribile.
La trasmissione della fede per mezzo dell'annuncio può essere definita come uno dei compiti più importanti e fondamentali del vescovo: «I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita, la illustrano alla luce dello Spirito Santo, traendo fuori dal tesoro della Rivelazione cose nuove e vecchie (cfr. Mt 13, 52).
I vescovi sono maestri e testimoni della fede che annunciano nel nome di Cristo e testimoniano con la loro vita. Il loro ufficio è un servizio e li colloca nella comunità dei credenti. Per questo il vescovo è sia padre nella fede sia fratello nella fede in mezzo ai suoi fratelli e alle sue sorelle. Anche lui ha ricevuto la fede dall'annuncio della Chiesa e deve dedicarsi alla sua salvezza con rispetto e timore. Per questo necessita dunque anche dell'annuncio e dell'opera di salvezza della Chiesa e, attraverso la fede vissuta del popolo di Dio, viene edificato, consolato, purificato ed esortato all'umile riconoscimento che nulla possiamo attribuire a noi ma tutto dobbiamo alla grazia di Dio.
I vescovi e i sacerdoti possono essere autentici maestri della fede solo se, nella loro disposizione interiore come anche nel loro comportamento esteriore e nel modo di rapportarsi ai loro fedeli, corrispondono all'esempio di Cristo.
«La grazia presuppone la natura e la porta a compimento» (Tommaso d'Aquino, La Somma teologica, i, q. 2, aa. 2). Questo assioma è da applicare anche all'esercizio dell'ufficio episcopale. Nella nostra natura ferita dal peccato originale resta, anche dopo il battesimo, la concupiscenza, che dobbiamo dominare in un processo di trasformazione che dura tutta la vita. Così anche l'ufficio apostolico ed episcopale ha i suoi propri pericoli e sfide: il rinnegamento, il tradimento, la voglia di mettersi in mostra, la fiducia illusoria nella ricchezza terrena, ma anche un desiderio sessuale incontrollato, la tendenza a rapportarsi ai santi in modo frivolo e anche quella a trattare i fedeli in modo paternalistico, attraverso interdetti, come se si fosse dimenticato l'ammonimento dell'apostolo: «Pascete il gregge non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge» (1 Pt 5, 3).
Nell'anno della fede, che tutti deve ancorarci di nuovo in profondità in Gesù Cristo, è necessaria una nuova riflessione sul vescovo quale maestro di fede. Il carico di lavoro giornaliero nella vigna del Signore e le ostilità all'esterno e purtroppo anche all'interno della Chiesa potrebbero indurre i fedeli e i pastori allo scoraggiamento, se oggi noi, come un tempo gli apostoli, non pregassimo il Signore: «Accresci in noi la fede» (Lc 17, 6).

(©L'Osservatore Romano 22 novembre 2012)

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