sabato 24 novembre 2012

La mistica anima della teologia. Occorre superare la deleteria opposizione tra le dimensioni speculativa e contemplativa (Biffi)

Occorre superare la deleteria opposizione tra le dimensioni speculativa e contemplativa

La mistica anima della teologia


di Inos Biffi


La teologia è un sapere che nasce dalla grazia. Prende il suo avvio dall'iniziativa di Dio che comunica all'uomo la sua Parola e dalla fede dell'uomo che vi corrisponde. Tommaso d'Aquino parla dell'«energia della verità», di fronte alla quale la fede non può restare inoperosa e indolente; non può non «pensare» dopo aver «assentito» (Summa Theologiae, ii-ii, 2, 1). Ora, la teologia può incominciare perché prima è Dio stesso che attira l'uomo (Summa Theologiae, i-ii, 26, 3, 4m), e lo dispone e trae nel suo mistero, provocando in lui il desiderio di esplorarlo e di intenderlo.

La sacra dottrina si annoda sull'accondiscendenza divina e sul consenso e assenso del credente, che vi si affida. Essa si muove quindi nel campo suscitato e delineato da una relazione di amore. Se poi assegnamo a questa relazione il nome che più le si conviene, cioè quello di mistica, appare rigorosa e ineccepibile l'affermazione che la teologia nasce dalla mistica; ne è alimentata e vi si risolve. La conseguenza è il superamento della deleteria giustapposizione o separazione, se non opposizione, tra dimensione speculativa e dimensione contemplativa della sacra dottrina, tra teologia e spiritualità.
Questa dicotomia si può fondare soltanto su una concezione errata sia della scienza sacra sia della mistica e della spiritualità. Anzitutto della scienza sacra, risolta in una specie di arido giuoco intellettualistico, mirante a ridurre la Rivelazione a rigorose enunciazioni razionali, e alle loro trame logiche, divelte dal rapporto di grazia e di comunione che ha iniziato la teologia, per poi esserne l'incessante risorsa.
Ricordiamo la luminosa definizione del teologo data da Marie-Dominique Chenu: «Il teologo è colui che osa parlare umanamente della Parola di Dio», e le seguenti considerazioni: avendo udito questa Parola, il teologo «la possiede; o più esattamente: essa lo possiede al punto che egli si mette a pensare attraverso e dentro tale Parola; si mette a pensarla. Il dono di Dio è talmente dono da divenire proprietà umana. [La fede] è incarnazione della verità divina nel tessuto stesso del nostro spirito. (...) Essa risiede nella ragione, abilitata così a teologare. (...) La fede, generando la teologia, è nella logica stessa della sua perfezione». D'altronde, «tutte le tecniche della ragione saranno poste in atto all'interno e a beneficio della percezione mistica del credente». Esse equivalgono all'«armatura interiore che la fede stessa si crea in tutta la sua totalmente divina e totalmente umana sanità intellettuale», fermo restando che, mentre crea i suoi strumenti, la fede mantiene la signoria su di essi, e senza dubbio nella lucida persuasione che, di fronte alla trascendenza indominabile del mistero, le conclusioni degli strumenti speculativi sono segnate da una insuperabile precarietà.
D'altro canto, a trovarsi affatto travisate, se non si supera quella contrapposizione o quel divario, sono la stessa mistica o spiritualità, che risulterebbero inevitabilmente ridotte a esperienza religiosa soggettiva, posta confusamente sotto l'insegna di una vita “interiore”, autonoma, e sovrapposta alla riflessione teologica. Sempre Chenu: «La teologia, la fede in esercizio di intelligenza teologica, è veramente e propriamente un fattore di vita spirituale. Non si fa teologia, aggiungendo dei corollaria pietatis -- dei “pii corollari” -- a tesi astratte, sradicate dal loro dato oggettivo e soggettivo, ma tenendosi nell'unità profonda dell'ordine teologale». Vita spirituale e teologia non sono «due quantità eterogenee».
La verità è, quindi, tutt'altra, e ne riscontriamo il modello in Tommaso d'Aquino, acuto indagatore della Parola di Dio e per questo mirabilmente contemplativo, così com'è contemplativa la sua teologia, in coerenza con la sua vocazione di predicatore, consistente nel «trasmettere agli altri le realtà contemplate» (Summa Theologiae, ii-ii, 188, 6). «Non ci si avventura (o quasi più!) -- scriveva Chenu nel 1940 -- a negare a san Tommaso lo scolastico la qualifica del teologo mistico; al contrario, si va comunemente cercando in lui le leggi della vita spirituale o la struttura dell'esperienza mistica».
Il medesimo domenicano Chenu -- che fin dagli anni Trenta del secolo scorso aveva denunziato con vigore come un inaccettabile e inveterato fraintendimento il divorzio tra teologia e mistica -- osservava: «In san Tommaso il lavoro tecnico si sviluppa in piena coerenza all'interno della contemplazione più profondamente religiosa. (...) Il principio e il fine della sua vita -- o del suo “stato” di vita, secondo la sua espressione -- e della sua teologia è la contemplazione. Definendo la struttura e le leggi di questa vita contemplativa, san Tommaso sotto l'oggettivismo impersonale della dottrina ci ha lasciato il segreto della sua personalità».
Come accennavamo, la grazia del mistero, amorevolmente offerta da Dio e accolta nella fede, provoca nel credente, che ne rimane conquistato e permeato, l'investigazione dell'intelletto. Questo ne ricerca la comprensione, che pure resta sempre connessa e dipendente dal sapere divino, che ne rappresenta la risorsa inesauribile, permanendo intimamente trascendente.
«Quando la volontà è ben disposta in rapporto alla fede -- è la convinzione di Tommaso -- ama la verità creduta, vi ritorna senza posa nel suo pensiero (excogitat), e abbraccia (amplectitur) tutte le ragioni che possa trovare a suo favore» (Summa Theologiae, ii-ii, 2, 10, c.),
Tommaso non manca di riconoscere alla teologia la qualifica della scientificità ma, definendola suggestivamente «una specie di impronta della scienza divina» (Summa Theologiae, i, 1, 3, 2m), la concepisce intimamente segnata dal limite e dalla parzialità.
Propriamente e pienamente il sapere teologico è un sapere scientifico solo per Dio e per i beati; per noi lo è come derivazione e dipendenza. Come afferma Tommaso, commentando le Sentenze, la teologia è una scienza per noi non evidente, attinta per fede; una scienza “quasi subalternata” al «lume» dell'autocontemplazione divina e alla visione dei beati, a cui sono attinti i principi stessi della teologia (Super Boetium de Trinitate, 5, 4, 8m).
La nostra è una teologia strutturalmente sospesa e incompiuta; un assaggio, o esattamente un'“impronta”, che trova in Dio il suo modello originario attivo all'interno dell'intelligenza della fede e sempre esorbitante. Vale in modo speciale per la teologia l'affermazione dell'Angelico che «la realtà significata è eccedente rispetto al nome che la significa» (cfr. ibidem, 13, 5, c). E questo vuol dire che essa è intimamente e di continuo percorsa e accorata dal desiderio della visione e della comunione col mistero che l'ha avviata e che non l'abbandona mai: un desiderio che, mentre si esprime in multiforme enunciazioni, non dobbiamo esitare a chiamare “mistico”. Soprattutto se richiamiamo alcuni principi dell'insegnamento di Tommaso, come i seguenti: «la volontà e l'intelletto si includono reciprocamente (ibidem, 16, 4, 1m); «la conoscenza trova il suo compimento quando ciò che è conosciuto si congiunge col conoscente» (ibidem, i-ii, 28, 1 3m); «l'amore è il termine (compimento) della conoscenza» (ibidem, 27, 4, 1m); e infine: «grazie all'ardore della carità è data la conoscenza della verità» (Super Evangelium Iohannis, v, lectio 6).
Ora, se c'è una conoscenza a cui in maniera unica è connesso questo amore e questo ardore, questa è la conoscenza perseguita dalla teologia, incessantemente e sostanzialmente sostenuta dall'intelletto che «prorompe nell'affetto» (ibidem, i, 43, 5, 2m). Solo che occorre dare ai termini “affetto” e “ardore” non il significato di una soggettiva emozione, ma quello di un'oggettiva sapienza, ottenuta quando «l'operazione dell'intelletto trova la sua perfezione e il suo compimento nella pacificazione dell'amore» (Super secundam epistolam ad Corinthios, 13, lectio 3).
A questo punto non sarebbe assennato continuare a ritenere che, per essere mistica e religiosa, la teologia abbia bisogno, in aggiunta, di qualche esercizio di pietà. In realtà, per essere pia, le basta essere veramente teologia.

(©L'Osservatore Romano 24 novembre 2012)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno Raffaella,
un offtopic tecnico: adesso che siamo passati al blog numero 6 c'e' stato qualche cambiamento a livello di grafica. Non so che settings hai usato ma su uno schermo da 1280 orizzontale il blog non ci sta' piu' dentro.

Raffaella ha detto...

Ora va bene? :-)
R.