Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
venerdì 21 dicembre 2012
Il Papa alla Curia Romana: nella difesa della famiglia c’è in gioco l’uomo stesso
Il Papa alla Curia Romana: nella difesa della famiglia c’è in gioco l’uomo stesso
La famiglia e il dialogo: sono stati questi i due temi fondamentali del grande discorso pronunciato oggi dal Papa alla Curia Romana, in occasione degli auguri natalizi. Nel suo articolato intervento, Benedetto XVI ha ricordato i momenti salienti di questo 2012: dai viaggi internazionali in Messico, Cuba e Libano all’Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano e, ancora, il Sinodo per la Nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede nel 50.mo del Concilio. Cuore del discorso: la vera essenza della libertà umana e la difesa della famiglia in cui si gioca il destino dell’uomo. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale decano Angelo Sodano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Perché la Chiesa ha così a cuore la famiglia? Benedetto XVI ha mosso la sua riflessione da un interrogativo che oggi tanti, in un contesto così complesso, si pongono. La Chiesa è interessata alla famiglia, ha esordito il Papa, perché non si tratta solo di una “determinata forma sociale”, ma in essa è racchiusa la questione dell’uomo stesso, “di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto”. Il Papa, richiamando anche le considerazioni del Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim, ha quindi sviluppato un’analisi sulle ragioni che hanno portato all’attuale crisi della famiglia e ad un “fraintendimento dell’essenza della libertà umana” e in definitiva dell’essere stesso “di ciò che in realtà significa l’essere uomini”. Il Papa ha sottolineato che la Chiesa non è da sola nel difendere la famiglia ed ha messo l’accento sulle minacce poste ad essa dalla “filosofia della sessualità”, dalla teoria del “gender” secondo cui il sesso “non è più un dato originario della natura”, bensì un ruolo sociale “del quale si decide autonomamente”:
“La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina”.
Questa dualità, ha soggiunto, è “essenziale per l’essere umano”. Ma adesso “l’uomo contesta la propria natura”, egli “è ormai solo spirito e volontà”:
“La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura”.
Se però “non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione – ha osservato – allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione”. Ma in tal caso anche la prole ha “perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria”. Da soggetto giuridico a sé stante diventa cosi “oggetto a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare”:
“Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo”.
Il Papa ha, quindi, rivolto il pensiero al dialogo che, ha detto, per la Chiesa deve seguire tre livelli: con gli Stati, con la società e con le religioni. In questi dialoghi, ha affermato, la Chiesa parla a partire dalla luce della fede. Al tempo stesso però incarna “la memoria dell’umanità”, delle “esperienze e delle sofferenze dell’umanità”:
“La Chiesa rappresenta la memoria dell’essere uomini di fronte a una civiltà dell’oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misure. Ma come una persona senza memoria ha perso la propria identità, così anche un’umanità senza memoria perderebbe la propria identità”.
Nel dialogo con la società, ha quindi constatato, la Chiesa “certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni”, ma con “le altre forze sociali” lotterà per le risposte che “maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano”:
“Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica”.
Parlando poi del dialogo con le religioni, ha sottolineato che questo è “una condizione necessaria per la pace nel mondo” e pertanto “è un dovere per i cristiani come pure per le altre comunità religiose”. A questo scopo, ha soggiunto, “è necessario fare della responsabilità comune per la giustizia e per la pace il criterio di fondo del colloquio”. Certo, ha proseguito, il dialogo “non ha di mira la conversione, ma una migliore comprensione reciproca”. E tuttavia la ricerca di conoscenza deve essere sempre un “avvicinamento alla verità”:
“Certo, non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo che è la verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente. L’essere sostenuti dalla mano di Cristo ci rende liberi e al tempo stesso sicuri”.
Il Papa ha concluso il suo discorso con una preghiera e un auspicio legato al Mistero del Natale. Alla fine dell’anno, ha detto, preghiamo il Signore affinché la Chiesa, “nonostante le proprie povertà diventi sempre più riconoscibile” come dimora di Gesù.
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