Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
domenica 16 dicembre 2012
Praticare la giustizia per accogliere l'amore di Dio: così il Papa nella parrocchia di San Patrizio
Praticare la giustizia per accogliere l'amore di Dio: così il Papa nella parrocchia di San Patrizio
Occorre cambiare condotta di vita, praticare la solidarietà e la giustizia per prepararsi ad accogliere l’amore di Dio che dà la vera gioia: è l’invito lanciato da Benedetto XVI durante la Messa della terza Domenica d’Avvento presieduta stamani nella parrocchia di San Patrizio al Colle Prenestino, un quartiere alla periferia orientale di Roma. Calorosa l'accoglienza. Prima della celebrazione il Papa ha salutato i sacerdoti, i diaconi, i chierichetti e le famiglie della parrocchia benedicendo i bambini.
Benedetto XVI, nell’omelia, ha ricordato che questa terza domenica di Avvento viene chiamata domenica «Gaudete», in quanto la Liturgia invita alla gioia. “L’Avvento – ha detto - è un tempo di impegno e di conversione per preparare la venuta del Signore, ma la Chiesa oggi ci fa pregustare la gioia del Natale ormai vicino. In effetti, l’Avvento è anche tempo di gioia, perché in esso si risveglia nei cuori dei credenti l’attesa del Salvatore, e attendere la venuta di una persona amata è sempre motivo di gioia. Questo aspetto gioioso è presente nelle prime due Letture bibliche di questa domenica. Il Vangelo invece corrisponde all’altra dimensione caratteristica dell’Avvento: quella della conversione in vista della manifestazione del Salvatore, annunciato da Giovanni Battista”.
La prima Lettura – ha sottolineato - è un invito insistente alla gioia. “Il brano inizia con l’espressione: «Rallégrati, figlia di Sion… esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme» (Sof 3,14), che è simile a quella dell’annuncio dell’angelo a Maria: «Rallégrati, piena di grazia» (Lc 1,26). Il motivo essenziale per cui la figlia di Sion può esultare è espresso nell’affermazione che abbiamo appena ascoltato: «il Signore è in mezzo a te» (Sof 3,15.17); letteralmente sarebbe «è nel tuo grembo», con un chiaro riferimento al dimorare di Dio nell’Arca dell’Alleanza, posta sempre in mezzo al popolo di Israele. Il profeta vuole dirci che non c’è più alcun motivo di sfiducia, di scoraggiamento, di tristezza, qualunque sia la situazione che si deve affrontare, perché siamo certi della presenza del Signore, che da sola basta a rasserenare e rallegrare i cuori". Il profeta - ha proseguito - "fa capire che questa gioia è reciproca: noi siamo invitati a rallegrarci, ma anche il Signore Dio si rallegrerà per la sua relazione con noi; infatti, il profeta scrive: «Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (v. 17). La gioia che viene promessa in questo testo profetico trova il suo compimento in Gesù, che è nel grembo di Maria, la “Figlia di Sion”, e pone la sua dimora in mezzo a noi (cfr Gv 1, 14). Egli infatti, venendo nel mondo, ci dona la sua gioia, come Egli stesso confida ai suoi discepoli: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù reca agli uomini la salvezza, una nuova relazione con Dio che vince il male e la morte, e porta la vera gioia per questa presenza del Signore che viene a illuminare il nostro cammino che spesso è oppresso dalle tenebre dell’egoismo” e possiamo riflettere - ha aggiunto a braccio - che Dio non è lontano ma vicino e sta accanto a noi.
Nella seconda Lettura – ha proseguito - san Paolo invita i cristiani di Filippi a rallegrarsi nel Signore. Ma perché bisogna rallegrarsi? - si chiede: "Perché «il Signore è vicino!» (Fil 4,5). Tra pochi giorni celebreremo il Natale, la festa della venuta di Dio, che si è fatto bambino e nostro fratello per stare con noi e condividere la nostra condizione umana. Dobbiamo rallegrarci per questa sua vicinanza, per questa sua presenza" e cercare di capire che Dio è vicino. "Paolo dice con forza in un'altra Lettera che nulla può separarci dall’amore di Dio che si è manifestato in Cristo. Solo il peccato ci allontana da Lui, ma questo è un fattore di separazione che noi stessi introduciamo nel nostro rapporto con il Signore. Però, anche quando noi ci allontaniamo, Egli non cessa di amarci e continua ad esserci vicino con la sua misericordia, con la sua disponibilità a perdonare e a riaccoglierci nel suo amore. Perciò, prosegue san Paolo, non dobbiamo mai angustiarci, possiamo sempre esporre al Signore le nostre richieste, le nostre necessità, le nostre preoccupazioni, «con preghiere e suppliche» (v. 6). E questo è già un grande motivo di gioia: sapere che è sempre possibile pregare il Signore e che il Signore ci ascolta" e "sapere che non respinge mai le nostre preghiere, anche se non sempre come noi chiediamo, ma risponde. E l’Apostolo aggiunge: «con ringraziamenti» (ibid.). La gioia che il Signore ci comunica deve trovare in noi l’amore riconoscente. Infatti, la gioia è piena quando riconosciamo la sua misericordia" e "lo ringraziamo per quanto riceviamo da Lui ogni giorno. Chi accoglie i doni di Dio in modo egoistico, non trova la vera gioia; invece chi trae occasione dai doni ricevuti da Dio per amarlo con sincera gratitudine e per comunicare agli altri il suo amore, questi ha il cuore veramente pieno di gioia. Ricordiamolo!”.
Il Papa ha quindi osservato come il Vangelo di oggi ci dica “che per accogliere il Signore che viene dobbiamo prepararci guardando bene alla nostra condotta di vita. Alle diverse persone che gli chiedono che cosa devono fare per essere pronte alla venuta del Messia (cfr Lc 3,10.12.14), Giovanni Battista risponde che Dio non esige niente di straordinario, ma che ciascuno viva secondo criteri di solidarietà e di giustizia; senza di essi non ci si può preparare bene all’incontro con il Signore". Infine - ha proseguito - "Giovanni Battista indica chi dobbiamo seguire con fedeltà e coraggio. Anzitutto nega di essere lui stesso il Messia e poi proclama con fermezza: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali» (v. 16). Qui notiamo la grande umiltà di Giovanni nel riconoscere che la sua missione è quella di preparare la strada a Gesù. Dicendo «io vi battezzo con acqua», vuol far capire che la sua è un’azione simbolica. Egli infatti non può eliminare, perdonare i peccati: battezzando con acqua, può solo indicare che bisogna cambiare vita. Nello stesso tempo Giovanni annuncia la venuta del «più forte», che «vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (ibid.). E, come abbiamo ascoltato, questo grande profeta usa immagini forti per invitare alla conversione, ma non lo fa con lo scopo di incutere timore, piuttosto lo fa per spronare ad accogliere bene l’Amore di Dio, che solo può purificare veramente la vita. Dio si fa uomo come noi per donarci una speranza che è certezza: se lo seguiamo, se viviamo con coerenza la nostra vita cristiana, Egli ci attirerà a Sè, ci condurrà alla comunione con Lui; e nel nostro cuore ci sarà la vera gioia e la vera pace, anche nelle difficoltà, anche nei momenti di debolezza”.
Benedetto XVI ha quindi salutato il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il Parroco Don Fabio Fasciani e tutti i fedeli presenti. “La vostra parrocchia – ha detto - formatasi sul Colle Prenestino tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80, dopo le difficoltà iniziali dovute alla mancanza di strutture e di servizi, si è dotata di una nuova bella chiesa, inaugurata nel 2007 dopo una lunga attesa. Questo edificio sacro sia pertanto uno spazio privilegiato per crescere nella conoscenza e nell’amore di Colui che tra pochi giorni accoglieremo nella gioia del suo Natale come Redentore del mondo e nostro Salvatore. Non mancate di venirlo a trovare spesso, per sentire ancora di più la sua presenza che dona forza. Mi rallegro per il senso di appartenenza alla comunità parrocchiale che, nel corso di questi anni, è venuto sempre più maturando e consolidandosi. Vi incoraggio affinché cresca sempre più la corresponsabilità pastorale in una prospettiva di autentica comunione fra tutte le realtà presenti, chiamate a vivere la complementarietà nella diversità. In modo particolare, desidero richiamare a voi tutti l’importanza e la centralità dell’Eucaristia nella vita personale e comunitaria. La Santa Messa sia al centro della vostra Domenica, che va riscoperta e vissuta come giorno di Dio e della comunità, giorno in cui lodare e celebrare Colui che è morto e risorto per la nostra salvezza e ci chiede di vivere insieme nella gioia di una comunità aperta e pronta ad accogliere ogni persona sola o in difficoltà. Allo stesso modo, vi esorto ad accostarvi con regolarità al sacramento della Riconciliazione, soprattutto in questo tempo di Avvento”.
Si è quindi rallegrato per quanto si fa nella preparazione dei ragazzi e dei giovani ai Sacramenti della vita cristiana. “L’Anno della fede, che stiamo vivendo – ha osservato - deve diventare un’occasione per far crescere e consolidare l’esperienza della catechesi, in modo da permettere a tutto il quartiere di conoscere e approfondire il Credo della Chiesa e incontrare il Signore come una Persona viva. Rivolgo uno speciale pensiero alle famiglie, con l’augurio che possano pienamente realizzare la propria vocazione all’amore con generosità e perseveranza. E una speciale parola di affetto e di amicizia il Papa vuole dirigerla anche a voi, carissimi ragazzi, ragazze e giovani che mi ascoltate, ed ai vostri coetanei che vivono in questa parrocchia. Sentitevi veri protagonisti della nuova evangelizzazione, mettendo le vostre fresche energie, il vostro entusiasmo e le vostre capacità a servizio di Dio e degli altri, nella comunità”.
Il Papa ha così concluso la sua omelia: “La liturgia odierna ci chiama alla gioia e alla conversione. Apriamo il nostro spirito a questo invito; corriamo incontro al Signore che viene, invocando e imitando san Patrizio, grande evangelizzatore, e la Vergine Maria, che ha atteso e preparato, silenziosa e orante, la nascita del Redentore. Amen!”.
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