domenica 3 marzo 2013

Conquistati di nuovo dalla promessa antica. Marina Corradi commenta l'ultima udienza del Papa


Su segnalazione di Laura leggiamo:

Conquistati di nuovo dalla promessa antica

Marina Corradi

​Non abbandono la Croce, ma resto in modo diverso presso il Signore crocifisso». Un grande applauso, di tutti il più commosso, riempie piazza San Pietro, a queste parole di Benedetto XVI.
Non abbandono, ma resto, sotto alla Croce, accanto a voi. E la gente venuta da lontano, partita nella notte, stanca, infreddolita dall’alba invernale, ha da queste parole il cuore come colmato. Perché in fondo siamo venuti qui per questo: per sentirci dire che questo non è un addio, ma un rimanere assieme in un altro, e più profondo modo. 
Il modo della preghiera: che è invisibile, che per il mondo è solo pia intenzione, o non esiste. Ma la faccia di Benedetto XVI testimonia tutta un’altra certezza, granitica: «Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio». In un tempo dunque che non è il nostro, affannato, sfuggente, tempo che erode e corrompe, ma è tempo di Dio, in cui tutto è vivo, per sempre. E noi in piazza, e soprattutto i più anziani, confortati; portati dentro all’orizzonte infinito testimoniato dal Papa, paradossalmente, nel giorno in cui lascia il soglio di Pietro. 
Cosa è successo, cosa sta accadendo, ci chiediamo fra noi; e com’è possibile che un addio si trasformi oggi, sotto a un cielo di un azzurro perfetto, invece, in una promessa? Stamattina si tocca con la mano come il ritirarsi del Papa sia iscritto dentro a un bene più grande; dentro alla libertà assoluta che un uomo ha, nell’affidarsi totalmente a Dio. Benedetto XVI testimonia che la barca della Chiesa non è nemmeno del Papa, ma di Cristo: che non la lascia affondare. Solo dentro a questa libertà estrema è stato possibile che un uomo anziano, nel sentire le sue forze scemare, abbia chiesto a Dio «con insistenza» di fargli capire cosa doveva fare, per il bene della Chiesa. E infine abbia scelto, «con profonda serenità d’animo». 
Ma, andandosene, il Papa rimane dentro il «per sempre» di Pietro. Lo dice espressamente: la mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo «per sempre». Resta, spiega, «nel servizio della preghiera», nell’esempio di san Benedetto, che ha mostrato la via per una vita di totale appartenenza a Dio. 
E a noi qui in piazza, scaldati finalmente da un sole che si alza e sa di primavera, si allarga il cuore; è come se quella stretta di smarrimento e confusione che ci ha preso all’annuncio dell’11 febbraio, in queste parole e in questo sole si sciogliesse. Non è sconfitta o resa, quella di Benedetto XVI; è, nella lucide coscienza delle forze che vengono meno, un gettare il cuore audacemente, più in là. 
Dentro a una ampia, pacificata fiducia che la mite voce di quest’uomo contagia: occorre «affidarci come bambini nelle braccia di Dio». Insomma tutto ciò che anche tra molti di noi credenti è, sì, speranza, ma non ancora certezza; desiderio, ma non ancora fede su cui giocarsi la vita, in Benedetto XVI ha invece subìto questa metamorfosi. L’acqua del pozzo della Samaritana in lui, realmente, è diventata acqua viva. 
E chi di noi era arrivato partecipe, ma dolente, e con affetto, ma come andando a un lutto, se ne esce dalla piazza come interiormente riedificato. Credevamo di venire per un addio, e invece quest’uomo ci ha mostrato che è possibile osare un abbandono totale. 
Che un vecchio, anche se è il Papa, può lasciare la gestione della Chiesa eppure restarle dentro, profondamente, come un cuore pulsante. Benedetto XVI ha osato il salto assoluto di cui è capace solo chi non dubita delle braccia di Dio. E noi venuti qui stamani, partiti nel fondo di una notte invernale, ce ne usciamo dalla piazza commossi e un po’ sbalorditi: un grande testimone ci ha credibilmente detto che è vera, è tutta vera, la promessa antica.

© Copyright Avvenire, 28 febbraio 2013

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Secondo il mio semplice, periferico parere, la crisi che la chiesa attraversa – e che attraversa soprattutto il centro romano – è dovuta alla menzogna, non ad altri più scandalosi problemi. Occorre parresia, franchezza, lealtà l’uno verso l’altro; occorre dire ciò che si pensa in tutta sincerità, altrimenti ogni parola è inquinata e dove c’è menzogna trovano il loro habitat il ricatto e la paura."


Cioè : questo sarebbe il Fratel Bianchi che, spesso e volentieri, a seconda del pezzo di carta su cui scrive e committenza per cui scrive, cambia vistosamente stile e, soprattutto, posizione (e detti & non-detti) ?

(Un pò come il Melloni, insomma.)


http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/conclave-22829/


(Comunque, Raffa, ti consiglio di pubblicarlo. Chissà che ne dice -fra gli altri- Andrea..)



"Ormai Benedetto XVI non è più Papa, né sommo pontefice, né servo dei servi di Dio, né vescovo di Roma: è soltanto il vescovo emerito di Roma, come recita il linguaggio ecclesiastico, perché il Papa è uno e uno solo e lo è dall’accettazione dell’elezione fino alla morte o alla sua rinuncia. La situazione inedita che si è presentata alla Chiesa con la rinuncia aprirà a confusioni di linguaggio: si daranno al vescovo Joseph Ratzinger – che è vescovo della chiesa di Dio fino alla morte – attributi e titoli non adeguati o addirittura svianti. Colui che fu Papa ora è, come ha detto lui stesso, un «pellegrino» nel cammino verso il regno..."