venerdì 8 marzo 2013

Dopo la rinuncia di Benedetto XVI i porporati devono dimostrare al mondo di aver recepito il suo monito contro le «divisioni che deturpano il volto della Chiesa» (Galeazzi)


Riceviamo e con gratitudine pubblichiamo:

La paura di Vatileaks entra in Conclave

Nella Cappella Sistina un sofisticato sistema anti microspie e cellulari: “Abbiamo bisogno di riservatezza”

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Nuova «fumata nera» per l’inizio del conclave. Anche negli interventi di ieri si sono ascoltate critiche alla gestione della Curia. Vatileaks, mancanza di coordinamento, difficoltà nei rapporti con gli episcopati sono stati al centro di alcuni interventi. 
A difendere la Curia è stato il sodaniano Lajolo, mentre un altro curiale (Rodè) ha condiviso le critiche. 
Slitta ancora l’avvio: non c’è accordo. Ma l’americano Mahony commenta: «Congregazioni verso la fine, la data è vicina». E il francese Barbarin conferma: «Non tarderemo a decidere». 
Dopo le dimissioni di Benedetto XVI i porporati devono dimostrare al mondo di aver recepito il suo monito contro le «divisioni che deturpano il volto della Chiesa». Dunque i nodi (Ior, scandali , governance) vanno sciolti prima dell’ingresso in conclave, altrimenti con ripetute votazioni a vuoto si darebbe al mondo un’immagine di scarsa unitarietà d’intenti e di visione. «I mass media abbondano di papabili dai nomi esotici, ma poi chi li vota?» sorride il curiale italiano davanti alla Basilica di San Pietro. Non si sa ancora quando comincerà il conclave ma il recinto dell’elezione pontificia (cappella Sistina e residence Santa Marta) è da giorni «sotto bonifica». 
Si vuole scongiurare il ripetersi dello «strappo» del 2005 quando un cardinale tedesco riuscì a comunicare all’esterno l’elezione di Joseph Ratzinger permettendo a una tv in Germania di dare l’annuncio prima dell’«Habemus Papam» del protodiacono. Per questo verrà attivata la «gabbia di Faraday», un sofisticato dispositivo in grado di disturbare le trasmissioni delle cimici. Contro il furto di documenti i Sacri Palazzi sono infestati di microspie. Il conclave ai tempi di Vatileaks è anche un gioco di specchi tra quelli che hanno messo le cimici e quelli che debbono rimuoverle. Occorre conciliare due esigenze: la sicurezza della Curia e la segretezza dell’elezione pontificia. In Segreteria di Stato spiegano che è «come per la conversione post-bellica». La caccia ai «corvi» ha legittimato misure eccezionali che in sede vacante si rivelano una minaccia alla riservatezza. Un apparato «pesante» da «tempi di guerra» che ora va riadattato alla delicatissima fase «pacifica» della scelta del Pontefice. Già adesso è schermata l’Aula del Sinodo dove si svolgono gli incontri pre-conclave per impedire l’utilizzo dei cellulari ed è stata disattivata la rete wireless al punto da provocare il black out comunicativo nelle vicine postazioni-stampa. 
Durante l’elezione pontificia sarà sorvegliato il percorso degli elettori tra Santa Marta e la Cappella Sistina e si sta pensando anche alla loro perquisizione. Il rischio è una fuga di notizia anche con mezzi informatici o tecnologici. A tutte le persone (laici ed ecclesiastici) che stanno allestendo il seggio elettorale più prestigioso del mondo viene richiesto il giuramento di segretezza. Intanto nelle congregazioni ci sono alcune eminenze interessate a capire il ruolo della Gendarmeria, che ha assunto un notevole rilievo rispetto al passato e che è per questo oggetto di accuse che i dirigenti del corpo definiscono calunnie. 
In risposta alla crisi Vatileaks, la polizia pontificia ha acquisito poteri di controllo, intercettazione e pedinamenti: alle dirette dipendenze del segretario di Stato e della segreteria particolare del Papa. Nel sacro collegio si riconosce alla Gendarmeria il merito di aver efficacemente condotto le indagini che hanno portato alla sbarra Gabriele e Sciarpelletti, però adesso si vogliono rassicurazioni. L’apparato di sicurezza non deve tramutarsi in un «grande occhio» che tolga «privacy» ai momenti (necessariamente discreti) precedenti l’elezione pontificia. Con l’arrivo del vietnamita Pham Minh Man tutti i 115 conclavisti attesi sono arrivati a Roma. Non ci sono più impedimenti all’anticipo del conclave autorizzato dal Motu proprio. Però la Curia non vuole più dare l’impressione di affrettare i tempi. Non si trovano le fila per produrre candidature «forti» con un serbatoio già consistente di voti. E si rinvia la decisione sulla data. A Santa Maria Maggiore è cominciato il triduo di messe «Pro Eligendo Pontifice».

© Copyright La Stampa, 8 marzo 2013

1 commento:

Anonimo ha detto...


Buongiorno Raffaella,
vabbe' che ai Vaticanisti non dovrebbe essere richiesta una laurea in fisica... ma chiamare la gabbia di faraday un "sofisticato dispositivo" fa solo ridere.
Link a Wikipedia sulla gabbia di faraday - che basicamente e' uno schermo metallico, fatto con lastre o fili distanziati e collegati a terra.

http://it.wikipedia.org/wiki/Gabbia_di_Faraday