venerdì 1 marzo 2013

Gli ultimi 18 giorni del pontificato di Benedetto XVI (Radio Vaticana)


Gli ultimi 18 giorni del pontificato di Benedetto XVI

Ripercorriamo gli ultimi intensi 18 giorni del pontificato di Benedetto XVI in questo servizio di Sergio Centofanti.   

“Plena liberate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri…renuntiare …”

Benedetto XVI annuncia ai cardinali riuniti in Concistoro la sua decisione: la rinuncia al ministero petrino. E’ il giorno della memoria della Vergine di Lourdes: il prossimo 16 aprile, memoria di Santa Bernadette, compirà 86 anni. Le forze che diminuiscono non gli consentono di proseguire adeguatamente nel ministero. Affida la Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Cristo. Anche questi ultimi 18 giorni ci mostrano la sua grande fede. Queste le sue parole nell’udienza generale del 13 febbraio

“Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. … Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà”.

Nella catechesi ricorda che “non è il potere mondano che salva, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore”. Invita a “dare a Dio il primo posto”. 
Durante la Messa per il Mercoledì delle Ceneri parla della necessità della conversione, che è opera della misericordia di Dio, in un mondo che spesso vuole solo condannare:

“In effetti, anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio ‘cuore’, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta”.

Invita i credenti a non deturpare il volto della Chiesa con divisioni e individualismi. La testimonianza “sarà sempre più incisiva – afferma – quanto meno cercheremo la nostra gloria”. 

Il 14 febbraio incontra i sacerdoti di Roma parlando a braccio per 45 minuti sul Concilio, senza nemmeno una esitazione. Ricorda le speranze per una nuova Pentecoste della Chiesa, che – dice – è una “realtà vitale” che entra nella nostra anima:

“Noi siamo la Chiesa, la Chiesa non è una struttura; noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti il Corpo vivo della Chiesa. E, naturalmente, questo vale nel senso che noi, il vero ‘noi’ dei credenti, insieme con l’Io di Cristo, è la Chiesa; ognuno di noi, non ‘un noi’, un gruppo che si dichiara Chiesa. No: questo ‘noi siamo Chiesa’ esige proprio il mio inserimento nel grande ‘noi’ dei credenti di tutti i tempi e luoghi”.

All’Angelus del 17 febbraio, sottolinea che la conversione comporta un vero “combattimento spirituale”:

“In ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l’io o Dio? L’interesse individuale oppure il vero Bene, ciò che realmente è bene?”.

Al termine degli Esercizi spirituali, il 23 febbraio, spiega che la “verità è bella” perché Dio è bellezza. Ma il maligno vuole sporcare questa bellezza per rendere irriconoscibile il Creatore: così il Figlio di Dio è coronato di spine e crocifisso:

“E tuttavia proprio così, in questa figura sofferente del Figlio di Dio, cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore; possiamo, nel silenzio della ‘notte oscura’, ascoltare tuttavia la Parola. Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’Amore”.

Oltre 100mila persone partecipano all’ultimo Angelus, il 24 febbraio. Benedetto XVI torna a spiegare il suo gesto di “salire sul monte” della preghiera:

“Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze”.

Nell’ultima udienza generale, il 27 febbraio, davanti a oltre 150mila fedeli, Benedetto XVI ricorda i momenti di gioia del suo pontificato, ma anche quelli in cui le acque sono erano agitate e il Signore sembrava dormire: 

“Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare”.

Ha voluto l’Anno della fede proprio per rafforzare la nostra fiducia in Dio:

“Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano”.

Poi, ancora una volta, spiega la sua rinuncia:

“Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi… Non abbandono al croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso”.

Incontrando ieri per l’ultima volta i cardinali, ha una parola per il Conclave:

“Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza”.

L’ultimo abbraccio è per i fedeli di Castel Gandolfo: Benedetto XVI non è più Pontefice della Chiesa cattolica, ma un semplice pellegrino che inizia “l’ultima tappa del suo pellegrinaggio sulla terra”.

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1 commento:

laura ha detto...

E noi continuiamo ad abbracciarlo con l'affetto e la preghiera