domenica 24 marzo 2013

L’abbraccio dei due Papi: “Noi siamo fratelli” (Galeazzi)


L’abbraccio dei due Papi “Noi siamo fratelli”

Il Pontefice visita il suo predecessore: per la prima volta Francesco evita la folla

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Il momento più commovente: Benedetto ferma con un gesto della mano Francesco che nella cappella vorrebbe prendere posto tra i banchi, lasciando l’inginocchiatoio centrale a Ratzinger. 
A sua volta Francesco lo prende per un braccio e così insieme si inginocchiano sullo stesso banco. In piazza i fedeli lo reclamano ma stavolta Bergoglio li delude. Arriva e parte in elicottero: per un giorno resta nascosto al mondo come il predecessore cui fa visita. Due uomini, seduti uno di fronte all’altro, tra loro soltanto un basso tavolino su cui erano ben evidenti un pacco e sopra due grandi buste come quelle di solito utilizzate in Vaticano per l’invio dei documenti. È durato 45 minuti l’incontro riservato tra Francesco e Benedetto nel salottino del Palazzo Apostolico. Un passaggio di consegne, un colloquio a due, senza neanche i segretari Gaenswein e Xuereb. Un dialogo sul futuro della Chiesa a partire dai dossier rimasti aperti e che Ratzinger ha deciso di lasciare al successore: lefebvriani, Vatileaks, riforma della Curia. 
Una «consultazione» sulle questioni urgenti per la Chiesa: dalla nuova evangelizzazione alla piaga della pedofilia. Al termine dell’incontro, Francesco e Benedetto pranzano insieme e passeggiano nei giardini di Castel Gandolfo. Al solo sentir parlare di due papi molti si preoccupavano, memori dei secoli passati, dei papi antagonisti: che abdicano per minaccia o vengono deposti. Il timore successivo era di vederli vicini, quasi che le immagini potessero sancire distanza, sudditanza o ingerenza dell’uno sull’altro. Ma dopo l’incontro, i due uomini vestiti di bianco e in preghiera, gomito a gomito (l’uno affettuoso e cordiale, l’altro più fragile di quanto non apparisse nell’ultimo giorno del suo regno) hanno sgombrato il campo da qualsiasi preoccupazione. Benedetto ha rinnovato il suo atto di obbedienza al nuovo Pontefice, e questi gli ha ribadito gratitudine e ammirazione. Francesco spiega che l’icona della Madonna dell’umiltà gli ha ricordato il pontificato ratzingeriano. 
Poi quel «siamo fratelli» del Papa regnante, all’emerito (apparso fragilissimo) che gli indica l’inginocchiatoio d’onore, e i due vicini, in preghiera. Si conoscono da molti anni, si sono incontrati diverse volte: a Roma e in America Latina. 
L’essere prima di tutto fratelli è un concetto che non solo tranquillizza i cattolici preoccupati dalla rinuncia di Benedetto, ma è una garanzia anche per le altre chiese cristiane, che possono guardare al ministero petrino in modo più vicino alla propria sensibilità.
È durata 23 giorni la «clausura», anche mediatica, di Ratzinger. Dal 28 febbraio nessuno aveva più visto il Papa emerito, se non le persone che si occupano della sua vita quotidiana. «Clausura» interrotta dalla visita del suo successore. Un evento che ha restituito, almeno per qualche minuto, Ratzinger al mondo. Benedetto ha mantenuto il suo impegno al silenzio e alla preghiera. È rimasto «nascosto al mondo» anche durante le congregazioni, i riti del conclave e l’elezione di Bergoglio. Ha seguito tutto in tv. Marcello Semeraro, vescovo di Albano e testimone diretto dell’incontro, racconta che Benedetto ha voluto riaccompagnare Francesco all’eliporto e con grande delicatezza ha chiesto all’autista che stava per partire alla volta del Palazzo Apostolico di non muovere la macchina prima che l’elicottero papale si fosse levato in volo e allontanato. 
«Siamo fratelli». Per l’Osservatore Romano bastano queste due parole rivolte da Francesco a Benedetto XVI per descrivere l’atmosfera nelle Ville Pontificie. 
Ai piedi Bergoglio ha un paio di vecchie scarpe fatte riparare dal suo ausiliare.«In primo piano non ci sono le personalità dei due pontefici ma il papato come istituzione e presidio delle altre Chiese nella carità- commenta l’arcivescovo Ignazio Sanna-.
Ogni Papa ha la sua personalità, ma ciò che è alla base del nostro credo è la fede nella Chiesa ed è l’umiltà il più forte elemento di continuità fra i due pontificati». Francesco, prima o dopo la messa a Santa Marta, si siede tra i banchi con gli atri fedeli, nelle file in fondo, per un momento di preghiera personale, sottolinea padre Federico Lombardi. 
Anche ieri ha invitato alla celebrazione maestranze del Vaticano e ha proposto una riflessione: «Gesù è morto per tutti, ma questo non va inteso nel senso della globalità, vuol dire che Gesù è morto per ciascun uomo singolarmente». 
Nell’udienza il patriarca di Baghdad Sako vede «lacrime scendere sul volto di Francesco mentre ascolta dei 950 martiri e delle 57 chiese attaccate in Iraq». Scola richiama la lezione di Francesco: «Condividiamo il bisogno a partire dagli ultimi, non siamo un partito o un’azienda ma una famiglia».

© Copyright La Stampa, 24 marzo 2013 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno Raffaella,
link errato: il riferimento dell'articolo di Casotto invece linka quello di Galeazzi.

Correzioni a parte, c'e' tantissimo da dire su questo incontro, cerchero' di sintetizzarlo piu' avanti. Ma quelle mani intrecciate, quello sguardo occhi negli occhi, quel "noi siamo fratelli" fa piazza pulita di tutti i protocolli ammuffiti e rimette in centro l'umanita' vera illuminata dalla fede in Gesu' Cristo, su cui sia Benedetto XVI che Francesco sono in pienissima sintonia.

Raffaella ha detto...

Grazie :-)
R.