giovedì 24 gennaio 2013

Chi impedisce al pensiero di diventare dialogo. Galli della Loggia sul «Corriere della Sera» (Guidi)


Galli della Loggia sul «Corriere della Sera»

Chi impedisce al pensiero di diventare dialogo

di Silvia Guidi

«Il conformismo degli intellettuali non si misura su ciò che pensa la gente comune, bensì si misura su ciò che pensano gli altri intellettuali»; Ernesto Galli della Loggia ha citato George Orwell -- sul «Corriere della Sera» del 23 gennaio -- per rispondere all'articolo di Luigi Manconi (uscito su «Il Foglio» del 15 gennaio), che si inserisce nel dibattito innescato da Le religioni che sfidano il conformismo gay (sempre di Galli della Loggia, sul «Corriere della Sera» del 30 dicembre).
Matrimoni gay e questioni di genere. Se il conformismo cambia direzione è il titolo dell'ampio editoriale dedicato polemicamente dall'autore alle «vestali dell'illuminismo che non si sono accorte di essersi trasformate col tempo in devote sentinelle delle maggioranze silenziose». Il punto è proprio capire bene cos'è conformista e cosa non lo è nella nostra società. Per ritrovare il senso di un'espressione abusata e generica come “parlare fuori dal coro” bisogna prima individuare le caratteristiche del coro, risponde Galli della Loggia a Manconi, tenendo presente che «gli intellettuali non temono affatto il giudizio della gente comune (che anzi assai spesso si compiacciono di contrastare); temono molto, invece, quello del loro ambiente, degli altri intellettuali. Orwell per l'appunto l'aveva capito benissimo». E si può aggiungere che l'aveva capito bene, e spiegato ancora meglio, Clive S. Lewis analizzando quella che chiama “la tentazione della cerchia”, il desiderio di sentirsi parte di un'élite ristretta di “illuminati” più intelligenti e meno filistei degli altri, ostentando disprezzo verso tutto ciò che è suggerito dal senso comune, percepito come banale e superato: l'oraziano odi profanum vulgus, et arceo diventato una sottile ma pervasiva ideologia. Un complesso di superiorità sempre minacciato dal confronto con la realtà -- ostinata nella sua concretezza -- e mai conquistato una volta per tutte: per chi ha il terrore di essere estromesso dalla cerchia degli illuminati à la page gli esami non finiscono mai.
Per questo, rendendo tabù alcuni temi (come la famiglia -- ricorda Galli della Loggia -- composta da un uomo e una donna), il conformismo non ha neanche bisogno di ricorrere alla censura: la strategia più efficace è indurre e diffondere l'autocensura preventiva. È infatti più comodo prevenire la riflessione bloccandola alla radice, impedendo al pensiero di diventare dialogo, che confutare l'opinione di chi la pensa diversamente da noi. Il terrore di essere considerato un oscurantista, di suscitare sorrisi di sufficienza e destare attimi di gelo imbarazzato durante una conversazione in società basterà a neutralizzare sul nascere qualsiasi dibattito.
Forse bisognerebbe iniziare a leggere al contrario la celebre citazione di Wittgenstein -- esibita spesso come spia dell'appartenenza al “circolo dei colti” -- tratta dalla prefazione al Tractatus, «su ciò di cui non si può parlare si deve tacere»: sui temi più caldi e complessi dell'attualità e della cronaca la ragione può e deve, invece, esercitarsi, il più pubblicamente possibile, nei momenti più opportuni ma anche in quelli meno opportuni, non nascondendo una reazione umanissima come la paura dietro il più nobile paravento del rispetto umano.

(©L'Osservatore Romano 24 gennaio 2013)

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