giovedì 3 gennaio 2013

Con uno sguardo lieve in cerca dell'essenziale. Il Papa incontra i giovani della comunità di Taizé (Grimaldi)

Tra i quarantacinquemila pellegrini presenti in piazza San Pietro

Con uno sguardo lieve in cerca dell'essenziale


di Cristian Martini Grimaldi


In piazza San Pietro migliaia di pellegrini invitati dalla comunità di Taizé attendono con impazienza di ascoltare il discorso del Papa.

Lidia, 17 anni, fa parte del gruppo di diecimila giovani provenienti dalla Polonia. Con lei una cinquantina i coetanei di Bydgoszcz, che sono a Roma per la prima volta su suggerimento dell'insegnante di religione. «Mi piace l'atmosfera, ci capiamo. Pregando a casa a volte ci si sente soli. Qui la cosa si fa molto più interessante. Non si è soli, si è parte di qualcosa che è più grande: ma non bisogna immaginarlo come di solito capita per darsi forza; qui basta guardarsi attorno e si realizza che questa è una dimensione importante e condivisa della vita. Se vieni qui con altra gente questo fortifica la tua fede, ti fa pensare di essere sulla strada giusta».
Hanna ha la stessa età di Lidia e anche se per lei questo è il primo incontro di Taizé, ha già una visione molto chiara sulla ricchezza dell'esperienza che sta vivendo: «Tra noi ci confessiamo cose personali che non faremmo in altre situazioni. I nostri amici non ci capiscono quando preghiamo da soli, ma qui è un'altra cosa. I momenti di meditazione personale sono condivisi, è una preghiera solitaria e collettiva al tempo stesso. A volte da sola mi dico: cosa sto facendo? Sarò nel giusto? Insomma posso inciampare nel dubbio. Ma qui ci si fortifica a vicenda. Ognuno è la spalla del prossimo».
Héctor, 19 anni, viene da Saragoza. Cattolico. Fa volontariato per i bambini disabili. Con lui una ventina di ragazzi spagnoli. «L'ho saputo da amici. Dopo questo incontro di Roma ho voglia di andare a vedere con i miei occhi a Taizé. Qui sono tutti giovani. Ti trovi subito a tuo agio. Come fossero tutti amici. La preghiera è una cosa personale; per questo, farla insieme significa già condividere qualcosa di intimo, e viene naturale poi essere aperti nei confronti degli altri: si è vissuta la stessa intensa esperienza. Si ha la forte sensazione che quello che si legge e si dice a proposito del calo della fede nei giovani non sia del tutto vero. La prima volta che mi sono trovato insieme a centinaia di ragazzi a pregare sono rimasto sbalordito. Ho pensato letteralmente: da dove vengono tutti questi giovani? Dov'erano prima? Ma la fede non era fuori moda?».
A quanto pare, no. E infatti qui in piazza San Pietro i ragazzi sono tutti “alla moda”. O meglio, non c'è nulla nelle apparenze che li distingua da qualsiasi altro gruppo di coetanei.
«Per me la vita è un dono, ogni giorno. Mi sento riconoscente per tutto quello che ho -- dice a sua volta Camilo, che ha la stessa età di Héctor, lo sguardo intenso di uno cresciuto in fretta -- e questo vale anche per i valori in cui uno crede. Se la vita è un dono di Dio, allora i principi che ci aiutano a orientarci nell'esistenza devono essere forti e sicuri. Dobbiamo poterci affidare a una sapienza dalle basi solide, perché non possiamo sprecare il tempo che abbiamo correndo dietro a ideologie effimere. E quale migliore sapienza di quella che ha sorretto un'istituzione come la Chiesa per quasi venti secoli?».
Sara è di Arezzo. Studentessa venticinquenne, è con altri otto amici. Frequenta Taizé già da sei anni. Ha partecipato agli incontri di Rotterdam e Berlino. «Qui si è meno legati a cerimonie esteriori, per cui ci si dedica maggiormente alla dimensione interiore. Vedo tanta felicità. L'atteggiamento nei confronti della vita è diverso. Chi non crede si ferma meno a riflettere. Quello che mi colpisce di queste persone invece è la semplicità, capisci che non hanno bisogno di molto per vivere. La preghiera così semplice è come un invito a tarare la propria esistenza su quello che veramente conta, sull'essenziale. Io qui trovo un rapporto intimo con Dio, nonostante, anzi, grazie alla presenza di tutta questa gente. In Chiesa ho più difficoltà a sintonizzarmi con la parte profonda che è in me. Qui ognuno si costruisce un proprio percorso personale, ognuno si sofferma a interpretare a proprio modo le parole pronunciate nei canti e nelle preghiere; non c'è una strada unica già segnata per tutti, si guadagna un certo senso di libertà, che non guasta. Il messaggio è che non importa quello che possiedi. Chi non crede non di rado guarda al futuro con timore, è costretto a fermarsi al presente. Dunque anche le difficoltà della vita sono affrontate con soluzioni effimere. Se dovessi convincere qualcuno a venire a Taizé, gli direi che non è una realtà prettamente religiosa, serve all'uomo in sé. La riflessione è più ampia, pur partendo sempre dal Vangelo».
Sembra una generazione pacificata questa. Anche i giovani di Taizé usano le nuove tecnologie, ma trovarne uno con uno smartphone intento a compulsare aggiornamenti in tempo reale è come cercare l'ago nel pagliaio. Non hanno l'ansia di vivere ora e subito, perché mostrano una tranquillità interiore che li dispone alla vita con uno sguardo sereno e lieve. Hanno capito che la bussola nella vita è importante quanto la meta. I loro coetanei che non credono, schiacciati sulla sola dimensione orizzontale e materiale, pensano invece che inseguendo tutte le mete possibili prima o poi ci si imbatterà anche in quella preziosa. Salvo ritrovarsi in un ciclo che non porta a nulla.
Mentre Sara si allontana verso il centro della piazza le parole del Papa che conclude il suo discorso ai giovani di Taizé sembrano farle eco: «Oggi, Cristo vi pone la domanda che rivolse ai suoi discepoli: chi sono io per voi? Cristo desidera ricevere anche da ciascuno di voi una risposta».

(©L'Osservatore Romano 2-3 gennaio 2013) 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho visto migliaia di giovani in piazza S. Pietro e nelle Basiliche romane. I giornali parlano d'altro.
Auguri
Francesco