sabato 5 gennaio 2013

Dallo studio dei documenti emerge la grande anima di Roncalli (O.R.)

Dallo studio dei documenti emerge la grande anima di Roncalli

In occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura del concilio Vaticano II (1962-2012), l'Archivio Segreto Vaticano ha realizzato e presentato in un numero speciale dei suoi «Exemplaria Praetiosa» il fac-simile della bolla di indizione Humanae salutis di Papa Giovanni XXIII. L'edizione di pregio, accompagnata da un commentario storico è stata curata dal vescovo Sergio Pagano, prefetto dell'Archivio (di questo testo riportiamo qui a lato alcuni stralci), mentre le spese sono state sostenute dalla società Scrinium di Mestre, incaricata di distribuire la tiratura di 10.000 esemplari in cinque lingue: italiano, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese.

«Potrebbe apparire poca cosa -- scrive l'arcivescovo Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, in apertura del commentario -- l'edizione della Bolla di indizione di un concilio che ha illuminato la Chiesa e il mondo con i propri frutti, i preziosi documenti conciliari a tutti noti, che tanta parte hanno avuto e hanno nella vita della Chiesa. Se però si guarda all'ottica in cui è posto il curatore dell'opera (...) si vedrà che lo scavo documentario sottostante alla confezione del testo finale della Bolla è in grado di mostrare, alla pari di altri documenti di Papa Giovanni, l'identico intento pastorale, la grande anima di Angelo Giuseppe Roncalli, che avrebbe voluto dilatare la ricchezza del messaggio cristiano, quasi una nuova evangelizzazione, fino agli angoli più reconditi delle coscienze e delle intelligenze degli uomini moderni, anzi a lui contemporanei, e alla loro mutevole civiltà».
Caratteristica del lavoro di monsignor Pagano, infatti, è proprio il preciso apparato critico che egli ha posto alla base dell'edizione della minuta preparatoria della Bolla. Un attento labor limae compiuto da Giovanni XXIII e dai suoi più stretti collaboratori. «In tale maniera -- continua l'arcivescovo Bruguès -- entriamo nei “retroscena” della Bolla di indizione e ne possiamo osservare le fasi di stesura, di crescita, di modificazione, di adattamento al pensiero giovanneo, fino alla resa finale pulita».

(©L'Osservatore Romano 5 gennaio 2013)


Nel retroscena del Vaticano II


di Sergio Pagano


Il 25 gennaio 1959, festa della Conversione di san Paolo, terminava come ogni anno la settimana di preghiere per l'unità dei cristiani presso la basilica di San Paolo fuori le Mura e Giovanni XXIII, benché fosse di domenica (e una giornata dal tempo inclemente), decideva di celebrare solennemente tale chiusura con una cappella papale e si recava per la prima volta alla basilica officiata dai monaci benedettini cassinesi in quella mattinata. L'omelia della messa fu ovviamente incentrata sulla necessità del bene dell'unità dei cristiani, sul bene sommo della pace, ma dopo la celebrazione, in una sala superiore del monastero annesso alla basilica, dove aveva convocato i cardinali presenti (...) tenne una breve allocuzione, nel corso della quale, mentre confidava le sue impressioni sui primi tre mesi di pontificato riguardo a Roma, appunto come vescovo dell'Urbe, palesava poi, come pastore della Chiesa universale, il suo proposito di celebrare un sinodo diocesano per la città e un Concilio ecumenico per tutta la Chiesa: «Pronunzio innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un sinodo diocesano per l'Urbe e di un Concilio generale per la Chiesa universale».

Quale Concilio aveva però in animo il Papa? Lo rivelò il Pontefice stesso in molte circostanze, in discorsi, udienze, messaggi, lettere apostoliche, durante quella che fu definita la “preparazione propedeutica” giovannea al concilio; ma lo manifestò soprattutto in tre momenti: nel discorso con il quale, il 14 novembre 1960, inaugurava il lavoro delle Commissioni preparatorie; nell'ampio discorso tenuto il 5 giugno 1960 in San Pietro dopo i vespri di Pentecoste; infine nella Bolla Humanae salutis con la quale convocava ufficialmente il concilio.
Il testo giovanneo di indizione del concilio Vaticano II viene designato, anche negli organi ufficiali della Santa Sede e perfino dalla stessa Cancelleria Apostolica che l'ha confezionato, il più delle volte come Constitutio Apostolica, mentre in altri casi come Bulla.
Quale il termine esatto? Dal punto di vista diplomatico (se di diplomatica possiamo ancora parlare nel XX secolo con i canoni della disciplina classica) la Costituzione Apostolica è un atto solenne del Romano Pontefice, promulgato da lui direttamente e con chiaro richiamo alla sua plena potestas, con il quale i Papi usarono trattare affari ecclesiastici rilevanti o rilevantissimi, come la riforma della Curia Romana (basterà qui pensare alla Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Pastor Bonus del 1988), l'erezione di diocesi o province ecclesiastiche, la loro soppressione, la disciplina liturgica, la creazione di nuove festività, aspetti della disciplina nella Chiesa ed altro ancora. Tale documento reca in apertura il nome del pontefice nella forma classica (per esempio Ioannes episcopus, servus servorum Dei), ha la formula di perpetuità espressa in vario modo (ad perpetuam rei memoriam, in perpetuum, ad sempiternam rei memoriam, ad memoriam futurorum), reca la sottoscrizione del Pontefice nella forma anch'essa classica (per esempio Ego Ioannes Catholicae Ecclesiae Episcopus, cui in alcuni casi si aggiunse con fondata logica subscripsi).
Quella che si definisce invece Bolla (termine venuto in uso dal XIV secolo) ha tutte le caratteristiche della Costituzione Apostolica, ma in più, nell'escatocollo del documento, reca la Rota, le sottoscrizioni dei cardinali, di alcuni officiali di cancelleria ed è sigillata con il sigillo di piombo appeso al filo serico.
Orbene l'indizione del concilio Vaticano II nel suo originale ha tutti i caratteri non della Costituzione Apostolica, ma della Bolla, e tale a mio parere bisogna ritenerla, nonostante il titolo di Constitutio Apostolica con cui è indicata negli atti ufficiali e nelle edizioni. Del resto l'archivista della Cancelleria Apostolica, quando assegnò una posizione al nostro documento, scrisse sulla camicia del testo B, molto correttamente, Bulla Apostolica qua Concilium Oecumenicum Vaticanum ii indicitur. Siamo d'accordo con lui.
Anche la prima bozza preparatoria del documento recava il titolo «Progetto di Bolla per la convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II».
La paternità della Bolla è senza dubbio giovannea, perché Papa Giovanni vi ha profuso il suo pensiero, i suoi sentimenti, le sue attese, molte volte manifestate con simili o addirittura identiche parole in tanti suoi discorsi e pronunciamenti, dal 25 gennaio 1959, giorno del celebre annuncio ai cardinali in San Paolo fuori le Mura, al 25 dicembre 1961, giorno della firma della Bolla di indizione. Assai probabile che il Papa abbia dettato ai suoi immediati collaboratori, a cominciare dal fidato cardinale Domenico Tardini, che aveva da poco eletto presidente della Commissione Centrale Preparatoria del concilio, e al segretario generale di questa monsignor Pericle Felici, la sua “mente”, ovvero uno schema secondo il quale avrebbe dovuto essere redatta la Bolla.
Possediamo la prima stesura del documento in lingua italiana composto negli uffici della Commissione e terminato certamente prima del 16 dicembre 1961. Questa prima stesura della Bolla venne rivista personalmente da Giovanni XXIII in molti punti, e alla fine fu da lui siglata sulla copertina. Vi intervenne, dopo il Papa, anche una mano non identificata, probabilmente di un officiale della Segreteria di Stato o della Commissione Preparatoria, che si limitò ad alcune correzioni di tipo stilistico e a volte contenutistico; anche monsignor Loris Capovilla, segretario particolare di Papa Giovanni, lesse il testo e suggerì a matita (com'era il suo stile molto discreto), in soli sette punti, alcune correzioni Il testo così modificato venne sottoposto, come di prassi, sia nella prima che nella seconda versione corretta, al Maestro del Sacro Palazzo Apostolico, il domenicano Luigi Ciappi (futuro cardinale), che propose le sue ultime osservazioni il 16 dicembre (le sue correzioni o aggiunte, si trovano in due fogli uniti oggi al fascicolo che contiene le minute). Fra il 16 e il 21 dicembre, mentre si traduceva il testo in latino, esso fu continuamente rivisto, anche per piccole correzioni, fino all'ultima versione che fu poi inviata a «L'Osservatore Romano» il giorno di Natale o al più tardi la mattina del 26 dicembre.
Mediante le correzioni apposte su questa prima stesura della Bolla si pervenne a una seconda redazione, e poi a una terza, che accoglieva gli ultimi suggerimenti del Maestro del Sacro Palazzo e della Segreteria della Commissione Centrale Preparatoria del Concilio. Il testo ufficiale italiano della Bolla, diffuso poco dopo l'editio typica latina, non solo recepiva tutte le correzioni e le integrazioni che sopra abbiamo evidenziato, ma ancora altre piccole aggiunte o mutamenti.
Al termine di questo lavoro il testo italiano della Bolla fu trasmesso ai latinisti della Segreteria di Stato perché fosse tradotto. La prima versione latina fu opera di monsignor Guglielmo Zannoni, aiutante di studio della Segreteria dei Brevi ai Principi, ed essa fu rivista da una mano che sembra essere quella di Amleto Tondini, segretario della medesima Segreteria e buon latinista. Il testo così sistemato fu inviato per le revisioni ulteriori ed eventuali a monsignor Pericle Felici e al Maestro del Sacro Palazzo Mario Luigi Ciappi, che fecero le loro osservazioni in fogli a parte il 21 dicembre.
Tutte le correzioni furono poi accolte in una nuova stesura, a sua volta ancora “limata” in alcun punto da un diverso officiale, probabilmente della Segreteria dei Brevi ai Principi e sottoposta all'approvazione del Papa il 21 dicembre 1961. Papa Roncalli fece riavere il testo a monsignor Pericle Felici, tramite il suo segretario monsignor Loris Capovilla, il 21 stesso, dopo averlo così siglato di propria mano, fissando la data di emanazione: Placet Ioanni Episcopo Ecclesiae Dei. In die Nativitatis Domini 1961.
La redazione finale del testo latino della Bolla, dattiloscritto in forma corretta, fu passata alla Cancelleria Apostolica e oggi si trova conservata nelle serie di scritture di quell'antichissimo ufficio, versate nel 2002 all'Archivio Segreto Vaticano. Da tale esemplare, che noi designeremo come b, sotto la vigilanza del reggente della Cancelleria monsignor Francesco Tinello, fu scritto dal calligrafo e miniaturista Arrigo Bravi l'originale su carta moderna pergamenata. È questa la Bolla ufficiale di indizione del concilio ecumenico Vaticano II, firmata da Papa Roncalli nella Sala Clementina il giorno di Natale del 1961, quindi, nei mesi seguenti da sessantuno cardinali, dai protonotari apostolici e dallo stesso monsignor Tinello; questo testo noi designeremo come a.
La Bolla fu pubblicata nella versione latina su «L'Osservatore Romano» del 26-27 dicembre 1961, evidentemente (come vuole la prassi) secondo un testo trasmesso al quotidiano dalla Segreteria di Stato; questo testo però ha lievissime varianti rispetto alle versioni a e b, quindi anche alla Bolla originale, e sembra pertanto derivare da una redazione “ultimissima”, ritoccata in pochi punti prima di giungere al giornale della Santa Sede, quando ormai in Cancelleria si era già scritta la Bolla solenne secondo una stesura di poco precedente, che differisce in qualche parola e in una sola aggiunta, come si avrà poi modo di vedere dalle note critiche al testo. La Bolla fu poi di lì a breve pubblicata anche in Acta Apostolicae Sedis del gennaio 1962 e il testo è identico a quello dell' «Osservatore Romano».
L'originale della Bolla fu scritto in bella grafia -- come si addice agli atti papali solenni che devono stagliarsi nella storia del pontificato romano -- dal calligrafo Arrigo Bravi, allora molto giovane (aveva 32 anni), impiegato presso la Segreteria dei Brevi ai Principi anche come miniaturista, di ferma e bella mano, come si può vedere. Il testo calligrafico della Bolla, nel suo impianto generale, fu elaborato assai per tempo, forse già da ottobre 1961, ben prima del 25 dicembre, quando venne sottoscritta e pubblicata.
La Segreteria di Stato chiese anche al Bravi di comporre una pagina miniata da far precedere al testo della Bolla. Fu lasciata poca libertà artistica a Bravi, perché gli fu chiesto espressamente (com'egli ancora ricorda) di inserirvi i simboli dei quattro evangelisti nella forma classica, ovviamente lo stemma di Giovanni XXIII, infine elementi decorativi con viticci e spighe di grano (vino e pane, materie eucaristiche) misti a ramoscelli d'ulivo, simboli di quella pace tanto auspicata e quasi incarnata dalla figura di Papa Giovanni.
La pagina con cui si apre la Bolla si presenta divisa in nove quadranti di varia ampiezza. Nel quadrante centrale è lo stemma di Giovanni XXIII e la scritta Concilium Oecumenicum Vaticanum Secundum. Nei quadranti angolari vi sono i simboli degli evangelisti (in alto a sinistra san Matteo in forma umana, a destra san Luca in forma di bue; in basso a sinistra san Marco in forma di leone, a destra san Giovanni in forma di aquila); per queste raffigurazioni Bravi si è liberamente ispirato all'altare maggiore della basilica di Sant'Antonio di Padova, opera ben nota di Donatello.
Nei quadranti laterali mediani vediamo viticci con grappoli intrecciati a rami di bacche. Nei due quadranti mediani alto e basso vi sono spighe di grano e rami d'ulivo. Fu una idea dell'artista Arrigo Bravi, approvata dalla Segreteria di Stato, quella di far circoscrivere la pagina da una cornice in cui venissero elencati i precedenti Concili ecumenici. L'artista ha sottoscritto la sua opera nel margine inferiore, sotto la cornice: Arrigus Bravi mdcccclxi. È da notare che la pagina miniata da Bravi, pur se preparata per tempo, non fu subito unita al testo rilegato della Bolla e quando questa fu recata a Papa Giovanni nella Sala Clementina per la firma, essa mancava (come mostrano chiaramente alcune fotografie). Si preferì probabilmente presentare al pontefice la Bolla nella forma semplice ed elegante della tradizione, che in effetti non contemplava che fosse miniata o decorata vistosamente la sua prima pagina (questa usanza si praticò solo dall'Ottocento).
La pagina miniata da Bravi fu aggiunta subito dopo, potendosi del resto inserire facilmente nel fascicolo già legato della Bolla, perché si trattava di una cucitura a impuntura (il filo di cucitura passa attraverso sette fori ricavati sullo spessore dei fogli in prossimità del dorso). Preparata da Bravi la Bolla “ufficiale”, sigillata con la bulla plumbea del pontefice dal bollatore Galligani qualche giorno prima di Natale del 1961, essa fu sottoscritta la mattina di Natale, poco dopo le ore 9, da Giovanni XXIII nella Sala Clementina, presenti i prelati dell'Anticamera pontificia, il maestro delle cerimonie monsignor Salvatore Capoferri, il segretario della Congregazione dei Riti monsignor Enrico Dante, i prelati della Cancelleria Apostolica con il cardinale Cancelliere Luigi Copello e il reggente monsignor Francesco Tinello, diversi protonotari apostolici, chierici di Camera con altri dignitari e lo stesso artista Arrigo Bravi.

(©L'Osservatore Romano 5 gennaio 2013)

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