giovedì 10 gennaio 2013

Il Papa e la critica all’egoismo sociale (Giuseppe Vacca)

Su segnalazione di Alessia leggiamo:

Il Papa e la critica all’egoismo sociale

di Giuseppe Vacca

Nel volgere di una settimana Papa Benedetto XVI ha pronunciato due discorsi di grande valore per la promozione della cultura della pace: il messaggio Beati gli operatori di pace del 1° gennaio e il discorso all’udienza del Corpo diplomatico del 7 gennaio scorso.
Fra i molti temi da lui toccati mi limito a isolare quelli riguardanti la crisi finanziaria, le antinomie della globalizzazione e il futuro dell’Unione europea, che mi pare contengano significativi approfondimenti della Caritas in veritate.
«L’odierna crisi economica e finanziaria ha affermato avantieri il Papa si è sviluppata perché troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro, e ci si è avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale». 

Nel messaggio del 1° gennaio aveva trattato più ampiamente il tema, evocando la necessità di un nuovo modello di sviluppo globale. Il modello di sviluppo degli ultimi decenni, aveva detto, si è fondato su «un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività», e perciò è stato generatore di diseguaglianze insopportabili, moltiplicatore di guerre ed era destinato prima o poi ad implodere.
Fatto ancora più importante, il Papa aveva invocato la necessità di un nuovo ordine internazionale in termini quanto mai assertivi. «Nell’ambito economico sono richieste, specialmente da parte degli Stati, politiche di sviluppo industriale ed agricolo che abbiano cura del progresso sociale e dell’universalizzazione di uno Stato di diritto e democratico», mentre i «mercati monetari, finanziari e commerciali (...) vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri».
In altre parole, una Bretton Woods globale che, per quanto riguarda l’Unione europea, esige di mutare la rotta dell’integrazione competitiva e asimmetrica seguita al Trattato di Maastricht: «Da soli alcuni Paesi andranno forse più veloci, ma insieme, tutti andranno certamente più lontano! Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri. Si tratta insomma di non rassegnarsi allo “spread del benessere sociale”, mentre si combatte quello della finanza».
Naturalmente, anche quando parla di economia il Papa non decampa dalla missione di predicare il Vangelo e invocare la conversione. Ma le fondamenta di un umanesimo condiviso, ch’egli tratteggia concretamente, interpellano anche i non credenti. «L’etica della pace scrive il Papa è etica della comunione e della condivisione. É indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere e di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza».
La diagnosi muove da una posizione antropologica fondata non su «verità di fede», ma sulla visione di diritti «riconoscibili con la ragione, e quindi (...) comuni a tutta l’umanità». 

Il Papa, dunque, evoca un principio di trascendenza condivisibile anche dai non credenti in quanto, come criterio gnoseologico, è fondativo della critica, cioè della possibilità d’indagare l’ordine di cose esistente pensando al suo superamento.
Anche in questi trent’anni di feroce globalizzazione asimmetrica l’unità del genere umano è diventata molto più palpabile sotto il profilo materiale. Sono rimaste bloccate, invece, le risorse intellettuali e morali necessarie al suo perfezionamento spirituale. La prospettiva antropologica che il Papa propone costituisce forse il punto di partenza più solido per sbloccarle.


© Copyright L'Unità, 10 gennaio 2013

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