Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
domenica 6 gennaio 2013
Il Papa incontra il Corpo diplomatico. Giovagnoli: diplomazia vaticana al servizio dell’uomo
Il Papa incontra il Corpo diplomatico. Giovagnoli: diplomazia vaticana al servizio dell’uomo
C’è grande attesa per l’udienza del Papa, domani mattina, al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Attualmente, la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene con 179 Stati ed è presente in numerose Organizzazioni internazionali a partire dall’Onu, dove è “Stato osservatore”. Sull’importanza della diplomazia vaticana, innanzitutto al servizio della pace, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento dello storico dell’Università Cattolica di Milano, Agostino Giovagnoli:
R. – Certamente, questo alto numero di Stati che vogliono avere rapporti con il più piccolo Stato del mondo è molto significativo del prestigio morale di cui gode la Santa Sede e naturalmente il Papa, in particolare. Mi pare che sia il punto di arrivo di una lunga storia. Una storia che è iniziata in età moderna quando la figura del Papa è stata definita sempre più frequentemente la figura del “padre comune”: padre comune perché interessato alle sorti di tutti i popoli e non a quelli di qualcuno contro altri. E proprio sulla figura del padre comune si è cominciato a sviluppare quella diplomazia della Santa Sede che è stata fin dalle origini, questo è interessante, una diplomazia di pace. Il Papa cioè interveniva nelle lotte fra gli Stati per cercare di favorire la pace. Questo ruolo si è poi ampliato quando il Papa ha perso il potere temporale e da questo punto di vista è stato un grande vantaggio, perché paradossalmente la perdita del potere temporale ha accresciuto di molto il prestigio morale del Papa. Quindi, anche questa diplomazia è del tutto singolare perché non è a difesa di interessi politici ed economici di uno Stato ma in realtà è nell’interesse del mondo intero e questa è la sua originalità.
D. – Chiaramente c’è poi una forte richiesta di intrecciare rapporti diplomatici anche come riconoscimento dell’attività della Chiesa nelle diverse aree del mondo…
R. - Certamente le rappresentanze diplomatiche della Santa Sede sono anche presenze che sostengono la realtà della Chiesa cattolica nei vari Paesi. Direi che la loro funzione è anche più ampia. Non a caso si estende su terreni che sono quelli della sanità, delle iniziative sociali, della pace. Questo in armonia con questa convinzione che ci sia un legame molto forte tra la Chiesa cattolica, che di per sé è appunto "cattolica", cioè universale, e quella che il Magistero dei Papi nel ’900, ma non solo, ha definito più volte la “famiglia umana”, come se fosse impegno diretto della Santa Sede sostenere la famiglia umana nelle sue varie articolazioni. Questo è ben avvertito dai popoli, i quali hanno in questo senso un particolare apprezzamento per questa diplomazia.
D. - E questo lo si vede soprattutto nelle organizzazioni internazionali... Lo Stato Vaticano non ha ovviamente un esercito, non è certo una super potenza economica, però poi nei consessi internazionali, dove la Santa Sede è "Stato osservatore" in realtà riesce a dare un contributo specifico altissimo rispetto alla sua piccolezza come Stato…
R. – La qualifica di osservatore è sembrata inizialmente una qualifica riduttiva. In realtà, oggi, anche dal punto di vista della Santa Sede, la qualifica di osservatore è estremamente vantaggiosa perché permette alla Santa Sede di intervenire su molte questioni importanti negli organismi internazionali senza doversi assumere responsabilità improprie come potrebbero essere e come sono a volte anche le responsabilità, per esempio, delle Nazioni Unite riguardo a interventi militari o simili. In questo si evidenzia ancora di più il ruolo di pace che svolge questa diplomazia.
D. - Sono 179 i Paesi con cui la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici. Manca ancora la Repubblica popolare cinese; al riguardo pochi giorni fa nel messaggio Urbi et orbi di Natale il Papa ha rivolto un messaggio augurale alla nuova leadership cinese. Un inedito, se vogliamo, e anche un auspicio particolare…
R. – Certamente si tratta di una novità di grande interesse. Generalmente i Pontefici negli ultimi decenni si sono ovviamente rivolti ai cattolici in Cina, molto spesso si sono rivolti al popolo cinese, ma non si registrano messaggi diretti alla dirigenza, all’autorità della Repubblica popolare cinese, tanto più in un momento così importante come il messaggio Urbi et orbi di Natale. E non è un fatto isolato. Qualche mese fa, infatti, il cardinale Filoni ha scritto un articolo sulla opportunità di rapporti diretti tra la Santa Sede e il governo cinese, quantomeno in via preliminare. Anche in questo campo si assiste a un’offensiva diplomatica della Santa Sede e del Papa stesso, offensiva naturalmente in senso buono, per sviluppare anche in questa direzione i rapporti di reciproco rispetto e di collaborazione.
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