giovedì 10 gennaio 2013

Il vocabolario della nuova evangelizzazione. Conferenza dell'arcivescovo Fisichella a Lione (O.R.)

Conferenza dell'arcivescovo Fisichella a Lione

Il vocabolario della nuova evangelizzazione

La nuova evangelizzazione diventa «una positiva provocazione a ogni credente per rinnovare la sua vita e dare spazio alla fede». Lo ha detto a Lione l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, durante la conferenza tenuta mercoledì pomeriggio, 9 gennaio, in occasione della conclusione dell'anno giubilare in onore di Pauline Jaricot.
Ricordando la fondatrice della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, il presule ha sottolineato che «il suo scopo era far conoscere il Vangelo a tutti, consapevole che solo in quella Parola di vita poteva trovare riscontro la vera dignità della persona; alla stessa stregua, la fede in Gesù non doveva conoscere nessun confine geografico».
Attualizzandone il messaggio, l'arcivescovo ha sottolineato che la nuova evangelizzazione, prima ancora di occuparsi del destinatario lontano dalla fede, è un'autentica opportunità per i credenti «per compiere un serio esame di coscienza. Presto o tardi -- ha precisato -- dovremo prendere coscienza che in questo tipo di società a noi credenti rimarrà solo la forza della profezia. Dovremo far leva sulla testimonianza di una vita vissuta con coerenza, senza cedere alle lusinghe di modelli di vita personale e sociale contrasto con la nostra fede». Infatti, il problema non è «essere moderni e al passo con i tempi. Il problema è se i modelli di vita che la cultura di oggi impone, e che stridono con la fede e la tradizione culturale che da essa ne è derivata, possiedono la verità sull'esistenza personale e sulla responsabilità sociale». In proposito, è determinante che «prima di pensare a come rivolgerci agli altri, riflettiamo su come viviamo la nostra fede».
Del resto, certi segnali di crisi della fede invitano a riflettere e a considerare i segni «di una cultura che vive della frammentarietà, dove tutto cambia velocemente e dove i messaggi sono ridotti al minimo di intelligenza». Tutto ciò crea problemi all'annuncio del Vangelo che «propone un impegno di vita tale da coinvolgere tutta la persona in una scelta di amore pieno e duraturo. Un compito simile nella cultura di oggi che, purtroppo, ha perso il senso religioso della vita, appare uno sforzo sovrumano». Tuttavia non serve, ha commentato monsignor Fisichella, lasciarsi prendere dalla nostalgia e «abbandonare il posto in cui Dio ci ha collocati». I cristiani sono «portatori di un messaggio che tocca l'uomo nell'intimo e che sa rispondere in maniera definitiva alla domanda di senso che alberga nel cuore di ognuno». Perciò, «privare il nostro contemporaneo di questa presenza e di questo contributo sarebbe ignavia e a noi non è concesso. Essere “sale della terra, luce del mondo” o una “città posta in cima alla montagna”, non ci rende migliori degli altri, ma impone certamente maggior responsabilità e senso di servizio».
L'arcivescovo ha poi indicato l'opportunità di riscoprire un nuovo vocabolario di termini che appartengono alla fede. A cominciare dalla prima parola: conversione. «L'esigenza di cambiare vita -- ha detto -- è legata all'annuncio del Vangelo». Gli altri termini sono: salvezza, parola che sembra scomparsa dal nostro vocabolario, «perché indica il riconoscimento di uno stato di bisogno da parte dell'uomo»; e gioia, per riscoprire «il senso dell'esistenza liberata». Quarta parola è comunione, che ha un peso ponderante nella ecclesiologia del Vaticano II. Ultimo termine è grazia, in quanto «L'opera di evangelizzazione non è primariamente opera dei credenti, piuttosto frutto dello Spirito».

(©L'Osservatore Romano 9 gennaio 2013)

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