La domanda che vorrei fare ai magi
di José G. Funes
Firmare è rendere fermo e stabile un atto. L'Epifania ci offre un'occasione stupenda per riflettere sulla “firma” che Dio ha lasciato impressa nella creazione, secondo l'espressione adoperata da Benedetto XVI nell'omelia della solennità del 6 gennaio 2011.
Dio rende fermo, sostiene il cosmo nel suo essere. Ma firmare è anche assumere un obbligo. E così Dio onora il suo impegno fino a dare il suo Figlio unigenito.
Abituati a scrutare il cielo -- e dunque a scorgere le tracce di quella firma -- i magi si mettono in marcia. Rischiano parecchio per scoprire l'autore-bambino della firma che essi vedono impressa non solo sulla stella cometa ma anche nei loro cuori. Oggi che si va a caccia di autografi di celebrità o si paga molto per capi “griffati”, ci dimentichiamo che la firma più preziosa sta scritta nel cielo stellato e nel più profondo del nostro cuore.
La Chiesa continua ancora a camminare con i magi del nostro tempo. Come astronomi vaticani, la nostra missione consiste nel camminare con i sapienti di ogni epoca. Con i nostri colleghi astronomi partecipiamo alla fatica della ricerca, e all'entusiasmo e alla gioia della scoperta scientifica.
Questo modo rigoroso di procedere non esclude la possibilità di andare oltre gli orizzonti della scienza; anzi, la incoraggia. Dunque l'astronomo che studia le stelle potrebbe legittimamente chiedersi perché esiste l'universo, con i suoi miliardi di galassie, e non il nulla. È esattamente questo il tipo di interrogativo che spinse i magi a incamminarsi sulla buona strada.
Il problema dell'origine ultima del cosmo e dell'uomo è una questione ineludibile. C'è un senso, una finalità nell'universo? Abitiamo in un universo ostile o friendly alla vita e all'uomo? La scienza si pone dei quesiti che da sola non può risolvere, perché vanno al di là della sua capacità interpretativa del mondo. Queste domande aperte sono un ottimo punto di partenza per un annuncio di fede e una rinnovata catechesi della creazione.
L'attuale esperienza della precarietà e della fragilità delle giovani generazioni -- ma anche di quelle non più tanto giovani -- può essere il punto di partenza per capire e approfondire la nostra creaturalità. Davanti a un futuro incerto, alla mancanza di motivazioni, alla sensazione di smarrimento, Dio dona significato e speranza: il mondo, la storia, l'umanità sono fondamentalmente buoni. La creazione è dono, è vita. E Dio è la sorgente di quella vita radicata nei nostri cuori. Ecco la “firma” del Creatore.
Nell'annuncio di fede ci sono due dimensioni che vale la pena rilevare. C'è un aspetto profetico, kerigmatico, che consola e incoraggia nei momenti di crisi e richiama alla conversione allorché si devia dalla giusta strada. E c'è un aspetto sapienziale, che scopre il significato della realtà realizzando una sintesi tra fede e ragione. La Chiesa offre la sua sapienza plurisecolare come «un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Matteo, 13, 52). La rilettura dei libri sapienziali della Bibbia può servire a trovare significato al non-senso di molti aspetti della cultura odierna e a operare una sintesi tra sapere religioso e sapere scientifico.
In un ambiente culturale in cui si fatica a trovare il significato della propria esistenza e a guardare con occhio critico la realtà quotidiana, ci viene richiesto di camminare con le persone del nostro tempo che si allontanano da “Gerusalemme” perché non trovano il significato della storia e delle loro storie. In compagnia del Signore, bisogna camminare con pazienza ascoltando le loro delusioni e frustrazioni. Perché solo dopo averle ascoltate, è possibile svelare il senso delle Scritture.
I magi hanno lasciato la loro terra, le loro sicurezze, per seguire la luce della stella che brillava sul firmamento ma soprattutto nei loro cuori. Se avessi la possibilità di fare una domanda a questi astronomi-sapienti, chiederei loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?» (Luca, 24, 17).
(©L'Osservatore Romano 5 gennaio 2013)
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