mercoledì 16 gennaio 2013

Non c'è ecumenismo senza impegno per la giustizia sociale (Donatella Maria Coalova)

La situazione dei dalit al centro della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Non c'è ecumenismo senza impegno per la giustizia sociale


di Donatella Maria Coalova


Un cupo bagliore di fiamme si eleva crepitando verso il cielo. Nel clima afoso, l'aria si fa ancora più pesante e irrespirabile. Arde il fuoco dell'odio, l'incendio divampa e la misera abitazione è ben presto distrutta. Ridotti in cenere i ricordi di una vita, i pochi abiti, i mobili semplicissimi. La vecchia Bibbia dalle pagine consunte è bruciata, carbonizzata l'umile immagine di Cristo, davanti a cui la famiglia ogni sera si riuniva in preghiera. Ma quando la padrona di casa, Sara Digal, scorge questa devastazione, non si lascia sopraffare dal dolore. Ritta in piedi, come un giorno la Vergine sul Calvario, si rivolge a Colui che sempre ascolta le voci dei poveri, ripetendo: «O Signore, perdona i nostri peccati. Liberaci, Signore». La raggiungono i suoi cinque bambini, e pregano con lei. Si accostano anche i vicini, usciti dalle abitazioni in cui, terrorizzati, si erano rinchiusi. Mentre le lacrime scendono lente sul suo viso, segnato da tante privazioni e sofferenze, Sara dice con forza: «Preferisco morire piuttosto che cessare di essere cristiana».

Questa testimonianza, che racconta un episodio successo nel 2008 a Kandhamal, nello Stato indiano dell'Orissa, è il punto culminante del sussidio per l'annuale Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che prenderà il via venerdì 18. Il testo è stato preparato in India e grida al mondo l'angoscia dei cristiani perseguitati e l'ansia di giustizia dei dalit, i fuori casta, gli ultimi della terra. Il passo biblico proposto è Michea, 6, 6-8 col forte interrogativo su cui s'incentra tutto l'ottavario: «Che cosa esige Dio da noi?».
Attraverso la Settimana di preghiera, è scritto nel sussidio, «i cristiani di tutto il mondo si chiedono in fraternità ecumenica che cosa significa praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio. Questo tema è sviluppato attraverso gli otto giorni con la metafora del cammino. Per le comunità dei dalit, il cammino verso la liberazione è inseparabile dal cammino verso l'unità. E così in questa settimana il nostro cammino con i dalit, e con tutti quelli che spasimano per la giustizia, è parte integrante della preghiera per l'unità dei cristiani».
Il sussidio afferma con decisione che la koinonìa è distrutta dalla rigida suddivisione in caste, così come dall'apartheid, dal razzismo, dai nazionalismi. Un obiettivo dichiarato del testo è sensibilizzare circa la situazione dei dalit, i cosiddetti “intoccabili” (che Gandhi però chiamava Harijan, cioè “figli di Dio”), 180 milioni di persone che in India vivono in terribili condizioni di totale miseria, di precarietà igienico-sanitaria, di analfabetismo ed emarginazione a livello sociale. Disprezzati, sfruttati, sono utilizzati per svolgere lavori malsani e dannosi per la salute, come la pulizia delle latrine e delle strade e le più pesanti fatiche nelle campagne. Il 90 per cento delle donne vittime di stupro sono dalit, e fra queste l'85 per cento sono minorenni. Gli uomini, impossibilitati a ripagare i debiti a causa degli alti interessi e dei bassissimi salari, spesso si trovano di fatto ridotti in una schiavitù che poi si tramanda di padre in figlio.
Ma tutte queste sofferenze non possono spezzare la fiducia in Dio di questi fratelli e sorelle. Il sussidio si propone appunto di fare ascoltare le loro voci, di fare giungere al resto del mondo la loro cultura e la loro appassionata testimonianza di fede. La liturgia ecumenica inizia appunto col suono deciso dei tamburi: un suono che «celebra l'amore per la vita e simboleggia la resistenza all'oppressione, la resistenza dei dalit e di tutti coloro che s'impegnano per la giustizia in tutto il mondo». È anche proposto un bhajan, cioè una preghiera cantata dapprima da un solista e poi ripetuta in un clima contemplativo da tutta l'assemblea. Infine, si suggerisce di concludere con un gesto di condivisione, con il dono reciproco di una piantina che sta sbocciando, come invito alla speranza.
La prima stesura del sussidio è stata affidata al Movimento studentesco cristiano dell'India (Student Christian Movement of India), in collaborazione con la Federazione degli universitari cattolici di tutta l'India (All India Catholic University Federation) e il Consiglio nazionale delle Chiese in India (National Council of Churches in India). Nel settembre 2011, a Bangalore, è stata redatta la versione definitiva, con l'intervento della Commissione internazionale nominata dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.
In India ci sono 24 milioni di cristiani, di cui almeno l'80 per cento ha come background le comunità dalit. I cattolici costituiscono il gruppo più numeroso. Il Consiglio nazionale delle Chiese è espressione delle Chiese ortodosse e delle comunità ecclesiali protestanti e rappresenta 13 milioni di persone. La tempesta della persecuzione negli ultimi tempi in India si è abbattuta indistintamente su cattolici, protestanti, ortodossi. «Con le persone ferite di ogni tempo e luogo, Cristo chiede al Padre perché l'ha abbandonato», è scritto nel sussidio, che poi ribadisce quanto sia potente l'amore di Cristo, l'amore che Gesù dona ai suoi discepoli. E solo l'amore può far brillare la luce della risurrezione sui tanti calvari della storia.

(©L'Osservatore Romano 16 gennaio 2013)

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