giovedì 17 gennaio 2013

Quella terribile fame di Dio. A colloquio con il cardinale presidente Robert Sarah alla vigilia della plenaria di Cor Unum (Ponzi)

A colloquio con il cardinale presidente Robert Sarah alla vigilia della plenaria di Cor Unum

Quella terribile fame di Dio


di Mario Ponzi


Nel mondo c'è una terribile fame di Dio. Anzi la vera fame di cui soffre l'uomo, la sua sofferenza più terribile sono proprio causate dall'assenza di Dio. Ne è profondamente convinto il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum il quale, nell'intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della plenaria del dicastero, ripete che sarà «la mancanza di questo cibo che è Dio» a provocare «tante sofferenze nel mondo».


«Carità, nuova etica ed antropologia cristiana» è un tema molto impegnativo per la plenaria di Cor Unum, la prima che lei presiede. Cosa ha dettato la scelta?


Ogni dicastero raccoglie i suoi membri con un certo intervallo di tempo per riflettere su questioni di rilievo. Per me personalmente rappresenta un'occasione per conoscere molti organismi di carità e per apprezzare il loro grande lavoro. Per la verità, a motivo del tema, questa plenaria è stata allargata anche ad altri organismi, per dare a tutti la possibilità di approfondire alcune idee che sono determinanti per la promozione umana realizzata in tanti e diversi ambiti. Così abbiamo un'eco da tutto il mondo sul tema che affronteremo. È un argomento che io sento in maniera speciale perché, da africano, l'ho vissuto sulla mia pelle. Infatti, succede frequentemente che gli aiuti allo sviluppo siano dati a determinate condizioni, spesso legate al controllo delle nascite o alla promozione dei cosiddetti “nuovi diritti”. Così ci troviamo deboli due volte: sia per le condizioni economiche in cui ci troviamo, che per i modelli culturali che ci vengono imposti e che sono lontanissimi dalla nostra mentalità e dai nostri problemi reali. Questo ha una ricaduta terribile, soprattutto sui giovani, che sono divisi tra modelli di vita ereditati dal loro contesto culturale e modelli di vita consumistici occidentali. Ma in Africa emerge forse più chiaramente un problema ben più ampio, ed è l'idea di uomo che sta dietro a questi movimenti culturali, che hanno la loro radice e le loro prime vittime in Occidente.


Si riferisce alla nuova etica?


Sì, mi riferisco al fatto che da lungo tempo è in atto un processo ben studiato. Si usano concetti sui quali apparentemente trovare una larga condivisione: salute riproduttiva, diritti dell'uomo, empowerment of women, gender equality, per spianare in realtà la strada a una antropologia in base alla quale l'uomo può decidere di sé in totale autonomia. Nel mondo moderno tecnica che non conosce limiti e libertà che non ammette limiti, danno all'uomo un senso di onnipotenza, fino a sentirsi in grado non solo di decidere tra bene e male, ma anche della propria stessa natura. Qui sta la radice del problema che anche in questi giorni scuote l'opinione pubblica, per esempio in Francia, dove, con una volontà decostruzionista del matrimonio e della famiglia ci si vuole avviare a smantellare la differenza naturale tra uomo e donna, per giungere all'equiparazione del matrimonio naturale con la convivenza omosessuale. Tutto ciò sta portando l'Occidente alla decadenza morale. Mi sono sentito molto confortato in questa mia posizione dalle parole del Papa alla Curia Romana lo scorso 21 dicembre, quando il Papa ha denunciato l'ideologia del gender. Non è solo il problema di intendere la libertà umana, ma più radicalmente è messo in questione il “chi sono io”: sono dato a me stesso, o sono costruito da me stesso? Al di là dei finanziamenti e dei modelli dei comportamento è in gioco l'uomo. I nostri organismi di carità operano spesso a stretto contatto con agenzie internazionali che promuovono questa visione ed è importante studiare con loro come favorire uno sviluppo che sia in reale sintonia con la dignità della persona umana.


Dunque la prospettiva è quella di una strategia per il futuro?


Non arrivo a tanto, ma penso sia importante da una parte riconoscere il grande lavoro di sviluppo e di promozione che si sta realizzando, nonostante tanti indici negativi, anche nella collaborazione con agenzie internazionali. Ma si deve anche pensare a quale contributo specifico possiamo dare, anche in termini di idee e di proposte. Il cristianesimo ha una importante proposta positiva da fare, se pensiamo che tutta la riflessione sulla dignità della persona umana è sostanzialmente un frutto della rivelazione cristiana. Anche oggi possiamo ribadire questa nostra visione dell'uomo, un uomo aperto a Dio e all'altro, un uomo non ripiegato su se stesso e sui propri presunti diritti, ma aperto al dono dell'amore: questo può contribuire moltissimo alla nostra convivenza umana. Dunque non l'esclusione, ma la condivisione tra i popoli; non il conflitto tra uomo e donna, ma la complementarità; non la divisione tra corpo e anima, ma l'integrazione; non la concorrenza con Dio, ma la figliolanza: sono sollecitazioni utili al mondo di oggi. L'uomo, nella sua essenza, è sempre lo stesso, anche se cambiano i tempi e i luoghi: nel profondo di sé desidera l'amore. E il compimento di questa vocazione è la comunione con il Dio dell'amore, come ci ha insegnato Cristo. Penso che il nostro lavoro di promozione umana non possa prescindere da questa visione, dalla quale ogni uomo di buona volontà può profittare. Peraltro un più chiaro profilo identitario, anche nelle scelte culturali, è l'obiettivo del recente motu proprio sul servizio della carità Intima Ecclesiae natura.


Come incidono concretamente tali questioni sull'attività degli organismi di carità cattolici?


Quello che apparentemente sembra solo una teoria, in realtà tocca molti ambiti della vita concreta delle persone e del nostro lavoro. Per esempio, nella gestione delle emergenze, quando si deve intervenire nei campi profughi, ci si trova confrontati con agenzie la cui priorità è favorire la denatalità per una presunta semplificazione della gestione di un campo, senza considerare l'uomo e la donna quali sono e le famiglie con tutte le loro esigenze materiali, psicologiche, relazionali e spirituali. Oggi più che mai queste situazioni sono diffuse in tutti i continenti, visto il numero e l'entità dei disastri che colpiscono il pianeta. Inoltre ne va dell'approccio generale al problema del sottosviluppo, per cui i problemi economici sembra si riducano semplicemente alla quantità di bocche da sfamare, dunque a questioni demografiche. E, in positivo, è bene che ci richiamiamo il progetto di sviluppo umano, quindi di formazione, che vogliamo perseguire. Per finire vorrei sottolineare che oggi la vera povertà, la vera fame di cui soffre l'uomo, la sua sofferenza più terribile è l'assenza di Dio. C'è una terribile fame di Dio. La mancanza di questo cibo che è Dio provocherà tante sofferenze nel mondo. E la Chiesa deve sfamare il mondo offrendo Dio e la sua Parola di vita a ogni uomo. Questo è lo scopo della nuova evangelizzazione di cui tanto parla il Pontefice.


(©L'Osservatore Romano 17 gennaio 2013)

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