venerdì 18 gennaio 2013

Ripartiamo dall'indice. Per rileggere la «Lumen gentium» (Guidi)

Per rileggere la «Lumen gentium»

Ripartiamo dall'indice


L'incontro «Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium», in programma il 17 gennaio presso il Vicariato di Roma, inaugura un ciclo di letture teologiche dedicato a «I documenti del concilio Vaticano II». «Molto è stato giustamente detto circa l'inedito carattere pastorale di questo concilio -- si legge nel testo di apertura dedicato alla Lumen gentium, pronunciato dal segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Mariano Crociata -- ma sarebbe un fraintendimento contrapporlo a quelli del passato sommariamente definendoli dottrinali e disciplinari, poiché come la condanna dell'errore costituiva in altre epoche la forma adeguata per l'esercizio della responsabilità pastorale, così l'assenza di eresie da condannare non ha precluso né limitato, ma ha semmai potenziato, la portata e la fecondità dottrinale e disciplinare del Vaticano II». E continua: «L'assise di cinquant'anni fa ha voluto innanzitutto ribadire che fede e Chiesa si implicano e presuppongono a vicenda. 

Non solo non c'è Chiesa senza credenti, ma non si dà nemmeno fede formata che possa essere accolta e vissuta fuori della Chiesa». Quale modello di Chiesa presenta la Lumen gentium? si domanda il presule. Un quesito che «solleva molte più questioni di quante risposte lasci intravedere. Il dibattito post-conciliare sta lì a segnalare le animate controversie che sono state suscitate e, se possibile, acuisce l'esigenza di trovare un punto fermo che, senza disperdere i molteplici utili esiti della ricerca, consenta di pervenire a una visione unitaria e coerente».
Il criterio suggerito è non sottovalutare la struttura e la sequenza dei temi trattati e rispettare l'integrità dei contenuti «per ritrovare le fila di un tessuto che si tiene insieme e perciò chiede di integrare, e non contrapporre, le categorie di volta in volta messe in evidenza e talora perfino assolutizzate».
La Chiesa ci appare come mistero (capitolo i), cioè realtà divino-umana dall'apertura popolare, cioè inclusiva e universale (ii), la cui articolazione interna conferisce, sulla base della comune dignità battesimale, una responsabilità sacramentale specifica ai portatori del ministero ordinato (III), ma ugualmente una dignità propria ai laici (iv) e ai religiosi (vi) nell'adempimento di una missione che ha il suo cuore nella chiamata alla santità (v) e nella destinazione escatologica (VII); così comprendendosi e vivendo, essa guarda a Maria (VIII) come alla sintesi personale singolare della sua identità e del suo compito.
Lo sviluppo di tale autocomprensione fa perno sulla categoria di mistero, termine che evoca la radice di tutto nella vita e nell'iniziativa di Dio stesso, che ultimamente consiste nella volontà di portare all'essere dal nulla la realtà creata. La Chiesa non viene compresa se non si trova connessa con questo fondamento nella creazione e nel suo rapporto con essa. La volontà divina di creare l'uomo quale vertice della creazione si spiega con l'intenzione di renderlo partecipe della sua stessa vita; una tale partecipazione si compie attraverso il luogo storico della Chiesa, pensata e voluta nell'atto stesso di creare l'uomo.
Tale disegno rimane inadeguatamente inteso se non viene colto simultaneamente nella sua configurazione trinitaria. Le categorie fondamentali di popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito stanno in reciproca e circolare relazione perché l'iniziativa divina vede all'opera unitariamente e distintamente le persone divine. Essere Chiesa e stare nella Chiesa equivale a entrare e intrattenere una relazione vitale con le persone di Dio, singolarmente e insieme, attraverso le forme di cui si alimenta l'identità e l'appartenenza ecclesiale, e cioè la parola, il sacramento, la comunione.
«A proposito di quest'ultimo riferimento -- continua il presule -- non può essere sottaciuto che il sinodo dei vescovi del 1985, dedicato al Vaticano II, ha centrato la comprensione della sua ecclesiologia attorno alla categoria di comunione. Il dato curioso è rappresentato dalla ricorrenza relativamente irrisoria del termine nei testi conciliari e dalla sua marginalità come concetto esplicito; è importante tuttavia cogliere, proprio in quella operazione ermeneutica, la possibilità di ripensare il modello proposto dal testo conciliare senza legarsi a un letteralismo rigido ma anche senza mai tradirne la lettera e il senso».
Il ciclo di letture teologiche dedicato ai documenti del Vaticano II continuerà il 24 gennaio, con «Piacque a Dio... rivelare se stesso», un incontro sulla Dei Verbum, e il 31 gennaio con «Cristo è l'uomo nuovo», dedicato alla Gaudium et spes. (silvia guidi)

(©L'Osservatore Romano 18 gennaio 2013)

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