venerdì 25 gennaio 2013

Uno sguardo all'essenziale. La Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (José María Gil Tamayo)

La Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Uno sguardo all'essenziale

di José María Gil Tamayo

In contrasto con le considerazioni più comuni e ripetute degli aspetti tecnici, sociologici e politici del mondo moderno delle comunicazioni sociali, soprattutto quelle relative alle nuove tecnologie, ancora una volta Papa Benedetto XVI, il 24 gennaio, festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, ha reso pubblico l'autorevole apporto dell'illuminante messaggio che dedica ogni anno alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dedicato in questa occasione al tema «Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione».
Lo sguardo del Papa va al di là dei fenomeni comunicativi e si concentra sull'aspetto più importante: in questo caso, oltre a invitare a un maggior impegno evangelizzatore nel mondo della comunicazione, come ha sottolineato anche la recente assemblea del Sinodo dei vescovi, considerandolo uno degli scenari della nuova evangelizzazione, Benedetto XVI fa soprattutto una lucida riflessione sulla nuova modalità di relazione che implica l'uso delle reti sociali su internet.
Sin dall'inizio del suo pontificato, il Papa ha sempre sollecitato, ogni volta che si parla delle comunicazioni sociali, una nuova messa a fuoco da parte della Chiesa sulla questione antropologica, che supera e integra le precedenti considerazioni magisteriali in questo ambito, più incentrate sugli aspetti culturali.
«La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione -- osserva il Papa -- pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori. Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il significato e l'efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e vitalità. A volte la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni e non riesce a destare l'attenzione che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente. I social media hanno bisogno, quindi, dell'impegno di tutti coloro che sono consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell'argomentazione logica».
Queste disfunzioni, che occorre superare, mostrano che nella comunicazione moderna a essere in gioco è il destino stesso dell'uomo, poiché ogni grande innovazione tecnologica nel corso della storia ha comportato allo stesso tempo un cambiamento di valori, di cultura e di modello antropologico. Proprio per questo motivo, Benedetto XVI esorta a recuperare, a partire dalla fede, l'humanitas stessa della comunicazione sociale, dal momento che anche la Chiesa opera in questo campo come paladina della causa dell'uomo, della salvaguardia della sua piena dignità e della pienezza che è solo in Dio.
Come afferma il concilio Vaticano II, «la fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane» (Gaudium et spes, n. 11). Così, mediante una rivitalizzazione dell'autenticità della testimonianza della fede nel mondo digitale, il Papa esorta i cristiani a ottenere un effetto umanizzante anche nella comunicazione delle reti sociali, poiché queste «sono alimentate da aspirazioni radicate nel cuore dell'uomo», alle quali i cristiani hanno il dovere di dare risposte cristiane, poiché «per coloro che hanno accolto con cuore aperto il dono della fede, la risposta più radicale alle domande dell'uomo circa l'amore, la verità e il significato della vita, questioni che non sono affatto assenti nei social network, si trova nella persona di Gesù Cristo».
In definitiva, il Papa, in questo Anno della fede, invita a professarla e a testimoniarla mediante la nuova evangelizzazione, anche in questo nuovo scenario delle reti sociali, dove «non ci dovrebbe essere mancanza di coerenza o di unità nell'espressione della nostra fede e nella nostra testimonianza del Vangelo nella realtà in cui siamo chiamati a vivere, sia essa fisica, sia essa digitale. Quando siamo presenti agli altri, noi siamo chiamati a far conoscere l'amore di Dio sino agli estremi confini della terra».
Con ciò, e facendo attenzione, come il profeta Elia, al passaggio di Dio nel «sussurro di una brezza leggera» (1 Re, 19, 11-12), che porta la «luce gentile della fede», le comunicazioni diventeranno più umane e capovolgeranno il lamento di T. S. Eliot nei suoi famosi versi: «Dov'è la saggezza che abbiamo perduto nella conoscenza? Dov'è la conoscenza che abbiamo perduto nelle informazioni?». Solo a partire dalla realtà di Dio è possibile riordinare l'intero ambito umano, anche la comunicazione, e relazionarci veramente con esso, comprenderci e amarci.

(©L'Osservatore Romano 25 gennaio 2013)

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