Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera... (Benedetto XVI, 24 febbraio 2013)
mercoledì 16 gennaio 2013
Mons. Mamberti sulle sentenze della Corte europea dei diritti umani: minacciate libertà religiosa e di coscienza
Mons. Mamberti sulle sentenze della Corte europea dei diritti umani: minacciate libertà religiosa e di coscienza
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha reso pubbliche ieri le sentenze in quattro casi relativi alla libertà di coscienza e di religione che riguardano impiegati nel Regno Unito. Si tratta in due casi della possibilità di indossare una piccola croce al collo sul posto di lavoro, e negli altri due del diritto di fare obiezione di coscienza di fronte alla celebrazione di una unione civile tra persone dello stesso sesso e alla consulenza matrimoniale per coppie omosessuali. In un solo caso la Corte ha dato ragione al richiedente. A questo proposito, mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, ha rilasciato una intervista alla Radio Vaticana. Ascoltiamo il presule al microfono di Olivier Bonnel:
R. – Ces affaires montrent que les questions relatives à la liberté de conscience …
Questi casi dimostrano che le questioni relative alla libertà di coscienza e di religione sono complessi, in particolare in una società europea caratterizzata dall’aumento della diversità religiosa e dal relativo inasprimento del laicismo. E’ reale il rischio che il relativismo morale che si impone come nuova norma sociale venga a minare le fondamenta della libertà individuale di coscienza e di religione. La Chiesa desidera difendere le libertà individuali di coscienza e di religione in ogni circostanza, anche di fronte alla “dittatura del relativismo”. Per questo, è necessario illustrare la razionalità della coscienza umana in generale, e dell’agire morale dei cristiani in particolare. Quando si tratta di questioni moralmente controverse, come l’aborto o l’omosessualità, deve essere rispettata la libertà di coscienza. Piuttosto che un ostacolo allo stabilimento di una società tollerante nel suo pluralismo, il rispetto della libertà di coscienza e di religione ne è condizione. Rivolgendosi, la settimana scorsa, al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Benedetto XVI sottolinea che: per salvaguardare effettivamente l’esercizio della libertà religiosa, è quindi essenziale rispettare il diritto all’obiezione di coscienza. Questa “frontiera” della libertà sfiora principi di grande importanza, di carattere etico e religioso, radicati nella stessa dignità della persona umana. Sono come i “muri portanti” di qualsiasi società voglia definirsi veramente libera e democratica. Di conseguenza, vietare l’obiezione di coscienza individuale e istituzionale, in nome della libertà e del pluralismo, aprirebbe al contrario – paradossalmente – le porte all’intolleranza e ad un livellamento forzato. L’erosione della libertà di coscienza testimonia altresì una forma di pessimismo nei riguardi della capacità della coscienza umana a riconoscere quanto è bene e vero, a vantaggio della sola legge positiva che tende a monopolizzare la determinazione della moralità. E’ anche il ruolo della Chiesa ricordare che ogni uomo, qualsiasi sia il suo credo, è dotato dalla sua coscienza della facoltà naturale di distinguere il bene dal male e quindi di agire di conseguenza. In questo risiede la fonte della sua vera libertà.
D. – Recentemente, la missione della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa ha pubblicato una nota sulla libertà e l’autonomia istituzionale della Chiesa. Vuole illustrarcene il contesto?
R. – La question de la liberté de l’Eglise dan ses rapports avec les autorités …
Attualmente, la questione della libertà della Chiesa nei suoi rapporti con le autorità civili è all’esame della Corte europea dei diritti dell’uomo in due casi che riguardano la Chiesa ortodossa di Romania e la Chiesa cattolica. Si tratta dei casi Sidicatul ‘Pastorul cel Bun’ contro la Romania e Fernandez Martinez contro la Spagna. In questa occasione, la Rappresentanza permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa ha redatto una nota sintetica nella quale ha esporto il magistero sulla libertà e l’autonomia istituzionale della Chiesa cattolica.
D. – Qual è il problema in queste due cause?
R. – Dans ces causes, la Cour européenne doit décider si le pouvoir civil …
In queste due cause, la Corte europea deve stabilire se il potere civile abbia rispettato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, avendo rifiutato di riconoscere un sindacato professionale di sacerdoti (per quanto riguarda la Romania), e rifiutando di nominare un insegnante di religione che pubblicamente professava posizioni contrarie alla dottrina della Chiesa (nella questione spagnola). Nei due casi, i diritti alla libertà d’associazione e alla libertà d’espressione sono stati invocati per costringere delle comunità religiose ad agire contro il loro statuto canonico e contro il magistero. Inoltre, questi casi mettono in questione la libertà della Chiesa di operare secondo le proprie regole, di non doversi sottoporre ad altre norme civili se non quelle necessarie al rispetto del bene comune e del giusto ordine pubblico. La Chiesa ha sempre dovuto difendersi per tutelare la propria autonomia di fronte al potere civile e alle ideologie. Oggi nei Paesi occidentali diventa importante sapere come la cultura dominante, fortemente caratterizzata dall’individualismo materialista e dal relativismo, possa comprendere e rispettare la natura specifica della Chiesa, che è una comunità fondata sulla fede e sulla ragione.
D. – Come la Chiesa vive questa situazione?
R. – L’Eglise est consciente de la difficulté à déterminer, dans une société …
La Chiesa è consapevole della difficoltà di stabilire, in una società pluralista, i rapporti tra le autorità civili e le diverse comunità religiose rispetto alle esigenze della coesione sociale e del bene comune. In questo contesto, la Santa Sede richiama l’attenzione sulla necessità di conservare la libertà religiosa nella sua dimensione collettiva e sociale. Questa dimensione risponde alla natura essenzialmente sociale tanto della persona quanto del fenomeno religioso in generale. La Chiesa non chiede che le comunità religiose siano delle zone di non-diritto, quanto piuttosto che siano riconosciute come spazi di libertà in virtù del diritto alla libertà religiosa, nel rispetto del giusto ordine pubblico. Questa dottrina non è riservata alla Chiesa cattolica, i criteri che ne derivano sono fondati sulla giustizia e sono quindi di applicazione generale. Inoltre, il principio giuridico di autonomia istituzionale delle comunità religiose è largamente riconosciuto da quegli Stati che rispettino la libertà religiosa, nonché dal diritto internazionale. La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo l’ha eunciato regolarmente in diversi casi importanti. Anche altre istituzioni hanno affermato questo principio. E’ il caso dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) o ancora del Comitato dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite rispettivamente nel Documento finale del 19 gennaio 1989 della Conferenza di Vienna, e nell’Osservazione generale no. 22 sul diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione del 30 luglio 1993. E’ utile ricordare e difendere questo principio di autonomia della Chiesa e del potere civile.
D. – Come si presenta questa Nota?
R. – La liberté de l’Eglise sera d’autant mieux respectée qu’elle sera …
La libertà della Chiesa sarà rispettata tanto meglio, quanto sarà ben compresa dalle autorità civili, senza pregiudizio. Sarà quindi necessario spiegare come è concepita la libertà della Chiesa. La Rappresentanza permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa ha quindi redatto una note sintetica che spiega la posizione della Chiesa attorno a quattro principi: la distinzione tra Chiesa e comunità politica; la libertà nei riguardi dello Stato; la libertà in seno alla Chiesa e il rispetto del giusto ordine pubblico. Dopo aver illustrato questi principi, la Nota cita inoltre estratti importanti della Dichiarazione sulla libertà religiosa “Dignitatis Humanae” e della Costituzione pastorale “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano II.
Nella nota della Rappresentanza permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa
si sottolinea innanzitutto che “la Chiesa riconosce la distinzione tra la Chiesa e la comunità politica, ciascuna delle quali ha scopi distinti; la Chiesa non deve essere confuso in alcun modo con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico. La comunità politica deve guardare al bene comune e garantire che, nel mondo, le persone possano vivere una vita tranquilla e pacifica". La distinzione tra Chiesa e comunità politica – spiega la nota - si basa sulle parole di Cristo: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" (Mt 22, 21). “Nei loro rispettivi campi, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti l'uno dall'altro e autonomi”.
Tuttavia, “non possono ignorare l'un l'altro” perché “in vari modi, servono gli stessi uomini”. Pertanto, svolgeranno questo servizio in maniera ancora più efficace per il bene di tutti quando “cercheranno ulteriormente tra di loro una sana cooperazione”, secondo le parole del Concilio Vaticano II (cfr Gaudium et spes, n. 76).
In secondo luogo, prosegue la nota, “la Chiesa non rivendica privilegi, ma il pieno rispetto e la tutela della libertà di compiere la sua missione in una società pluralista. Questa missione e questa libertà, la Chiesa le ha ricevute entrambe da Gesù Cristo e non dallo Stato. Il potere civile deve sempre rispettare e proteggere la libertà e l'indipendenza della Chiesa”.
Inoltre, “la Chiesa è consapevole del fatto che alcune religioni e ideologie possono opprimere la libertà dei loro fedeli”. A questo proposito, però, “la Chiesa riconosce il valore fondamentale della libertà umana” e “vede in ogni uomo una creatura dotata di intelligenza e di libera volontà. La Chiesa vede se stessa come uno spazio di libertà e prescrive delle norme per garantire il rispetto di questa libertà. Pertanto, tutti gli atti religiosi, per essere validi, richiedono la libertà di chi lo compie”. “E’ vero – prosegue la nota - che ogni persona ha il diritto di contestare il Magistero o le prescrizioni e le norme della Chiesa. In caso di disaccordo, ogni persona può esercitare i ricorsi previsti dal diritto canonico e anche interrompere i rapporti con la Chiesa. Le relazioni all'interno della Chiesa, tuttavia, sono essenzialmente spirituali, non spetta allo Stato entrare in questa sfera e di risolvere tali controversie”.
Infine, per la Chiesa le comunità religiose non sono aree “in cui le leggi dello Stato non si applicano più. La Chiesa riconosce la legittima competenza dell’autorità e delle giurisdizioni civili per assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico”.
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