venerdì 11 gennaio 2013

Una manifestazione a tutela di tutti i francesi. Non confessionale il corteo di domenica contro la legge sulle unioni omosessuali


Non confessionale il corteo di domenica contro la legge sulle unioni omosessuali

Una manifestazione a tutela di tutti i francesi

Parigi, 10. Una manifestazione davvero per tutti, per dare più voce alla famiglia. Monsignor Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont e vicepresidente della Conferenza episcopale francese, conferma il carattere veramente popolare, e soprattutto «apolitico e aconfessionale», della marcia -- le previsioni parlano di 500.000 persone -- in programma domenica 13 per le strade della capitale. Ma al di là dei numeri, saranno sicuramente in tanti a manifestare contro il progetto di legge, che dal 29 gennaio sarà dibattuto e votato dall'Assemblea nazionale, volto a introdurre nel Paese il matrimonio fra persone dello stesso sesso con conseguente diritto all'adozione di minori. A promuovere la manifestazione -- conosciuta con lo slogan «La manif pour tous» (La manifestazione per tutti) -- è un cartello di ben trentaquattro associazioni, tra cui la Confederazione nazionale delle associazioni familiari cattoliche, la Federazione nazionale delle associazioni familiari protestanti, l'Unione delle organizzazioni islamiche di Francia, il Concistoro ebraico di Francia, ma anche medici e pediatri, nonché associazioni di giuristi. I vescovi, dal canto loro, pur avendo inequivocabilmente espresso la loro netta contarietà al progetto di legge, hanno più volte precisato di non essere all'origine della manifestazione. Il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale francese, ha annunciato che non parteciperà al corteo riservandosi di andare forse a salutare i manifestanti. «Il cardinale considera, infatti -- spiega il vicepresidente dell'episcopato transalpino in un'intervista rilasciata a Maria Chiara Biagioni dell'agenzia Sir -- che questa manifestazione solleva una questione che riguarda innanzitutto i genitori, i cittadini e le associazioni familiari. Non è una manifestazione, dunque, confessionale. Può essere, comunque sia, che qualche vescovo, a titolo personale, accompagnerà i manifestanti della sua diocesi. Alcuni hanno già manifestato il 17 novembre nelle loro province. Da parte mia posso dire che io non andrò». Infatti, «se si dà a questa manifestazione un carattere confessionale, si rischia d'indebolirla. Darebbe argomentazioni a coloro che vogliono rinchiuderla in una particolarità religiosa, per squalificarla ulteriormente. È, cioè, una questione che chiama in causa l'insieme dei cittadini, perché il progetto modifica profondamente il Codice civile e, dunque, la concezione stessa del matrimonio civile».
Quella della Chiesa non è dunque affatto una posizione confessionale. «Noi abbiamo chiesto a tutti i cittadini d'informarsi con attenzione sul progetto di legge. Lo si può consultare su internet. Se lo leggete, vedrete che questo progetto di legge rimette in discussione molti articoli del Codice civile. In effetti, per accordare un'uguaglianza formale a tutte le coppie, il progetto propone di cambiare tutti i termini come padre, madre, marito e moglie con termini neutri come genitori, sposi. Noi riteniamo, invece, che non è ragionevole indebolire la paternità, la maternità e, soprattutto, il legame di filiazione della maggioranza dei bambini. Bisogna, cioè, rispettare il diritto dei bambini di conoscere le loro origini familiari. È importante che questo diritto sia garantito dal Codice civile. Deve essere possibile garantire i diritti dei bambini che sono nelle famiglie monoparentali senza toccare i diritti dell'immensa maggioranza dei bambini». Non solo, per monsignor Simon, «occorre un discernimento più profondo sulla realtà». Infatti, «cinquant'anni fa, per esempio, all'epoca di Paul Sartre e Simone de Beauvoir, si diceva che il matrimonio era un'istituzione vecchia e conservatrice. E vedete, invece, che cosa succede oggi: tutti reclamano il matrimonio considerando questa richiesta un progresso. È segno che le mode e le ideologie possono cambiare».
Il ruolo giocato dall'episcopato francese è sottolineato anche dall'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. In un'intervista concessa ad Antoine-Marie Izoard per l'agenzia I.Media, il presule afferma di aver potuto constatare di persona durante la loro recente visita ad limina «l'unità dell'episcopato nell'affrontare questioni assai delicate», come appunto quella del progetto di riforma della legge sul matrimonio. Il presule parla addirittura di voie française dell'episcopato che «ha dovuto evitare due eccessi». Da una parte il «silenzio» e dall'altra la tentazione «di usare la verità come un randello». D'altronde per la Chiesa francese era indispensabile seguire un'unica via con due prospettive: «in primo luogo la preghiera nel rispetto della pluralità dei carismi -- cosa che ha fatto chiamando a pregare per la Francia il 15 agosto -- e in secondo luogo la “cultura” , perché la famiglia e il matrimonio non sono temi che appartengono alla Chiesa, ma sono parte del patrimonio dell'umanità». Quanto alle richieste delle coppie omosessuali, relative all'«eredità» e a «diritti indivividuali supplementari», che «si diano», senza però confondere questi diritti con la famiglia che è «costituita da un uomo, una donna e i loro figli».

(©L'Osservatore Romano 11 gennaio 2013)

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